Integratori per curare il dolore: un nuovo studio italiano


Gli integratori possono avere un ruolo nel trattamento del dolore? Alla domanda ha provato a rispondere un nuovo studio italiano

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In una quota significativa di pazienti i farmaci antalgici tradizionali non rappresentano una soluzione soddisfacente per controllare il dolore, oppure comportano effetti collaterali che ne sfavoriscono l’utilizzo. Le evidenze a supporto di sostanze non farmacologiche, disponibili per lo più sotto forma di supplementi dietetici, sono state analizzate in una review italiana, pubblicata sulla rivista Pain Practice.

Il dolore acuto e cronico dopo episodi acuti continua a essere un problema rilevante, con importanti preoccupazioni cliniche e sociali. Il dolore cronico colpisce fino al 27% della popolazione adulta e diversi farmaci, anche se dichiarati efficaci, hanno un punteggio NNT (number needed to treat, uno strumento di valutazione della quantità di efficacia di un intervento) relativamente alto. Infatti, se per il dolore acuto sia i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) che gli oppioidi si sono dimostrati molto efficaci (basso NNT), l’efficacia diminuisce quando il dolore diventa cronico.

Identificare il trattamento del dolore ottimale per i pazienti con dolore cronico rappresenta una forte necessità. Inoltre, con la crisi degli oppioidi negli Stati Uniti e in Canada, nonostante siano state pubblicate diverse linee guida, il timore di prescrivere questi farmaci per il trattamento del dolore cronico postoperatorio rende decisamente urgente l’identificazione di soluzioni terapeutiche alternative.

Trovare antalgici alternativi
L’intento della revisione era riassumere l’effetto antidolorifico delle sostanze non farmacologiche, per lo più prescritte sotto forma di integratori, per il trattamento del dolore, in particolare quello postoperatorio cronico e il mal di schiena cronico conseguente a episodi acuti.

«Nell’articolo viene riportata e valutata la letteratura scientifica prodotta su diversi integratori utilizzati in via sperimentale nel trattamento di dolori di varia natura, tra cui quelli osteoartrosici e i dolori cronici postoperatori» hanno spiegato gli autori Massimo Allegri, Responsabile del Servizio di Terapia del Dolore del Policlinico di Monza e Stefano Govoni, professore emerito di Farmacologia, Università di Pavia. «Il quadro che ne emerge illustra come molte delle sostanze utilizzate mostrino nella sperimentazione clinica effetti antidolorifici di interesse che meritano un approfondimento».

Il loro utilizzo riflette il fatto che gli attuali trattamenti per queste sindromi continuano a porre problemi di risposte insoddisfacenti in una quota significativa di pazienti e/o di un eccesso di effetti collaterali come quelli osservati nell’attuale crisi degli oppiacei.

Dal momento che gli integratori vengono spesso introdotti nel mercato senza adeguati test clinici, questa recensione ha lo scopo di raccogliere le attuali evidenze scientifiche sia precliniche che cliniche in merito alla loro efficacia, hanno premesso gli autori.

Diverse sostanze hanno potenzialità, specie in combinazione 
Basandosi sul loro largo impiego in Italia e in Europa, sono stati presi in esame: vitamine del gruppo B, vitamina C, vitamina D, acido alfa lipoico, N-acetilcisteina, L-acetil carnitina, curcumina, boswellia serrata, magnesio, coenzima Q10 e palmitoiletanolamide.

La combinazione dei risultati preclinici e delle osservazioni cliniche indica chiaramente che questi composti, alcuni dei quali hanno interessanti potenzialità cliniche anche nella prevenzione del dolore cronico dopo un episodio acuto, meritano un’attenzione più attenta.

«Il fatto che gli effetti di questi composti non siano mediati da un’azione sui recettori degli oppioidi o su alcuni dei mediatori più noti del dolore apre alla possibilità di cercare nuove associazioni che siano sinergiche nel ridurre il dolore, ma permettano di diminuire, per esempio, la dose o la durata del trattamento con un oppioide» hanno aggiunto gli autori. «Queste osservazioni stimolano anche a ricercare nuovi mediatori e vie di segnalazione cellulare coinvolte nella genesi e trasmissione del segnale algico».

Spesso utili in combinazione con i farmaci
In particolare, esaminando i loro presunti meccanismi d’azione, emerge che alcune combinazioni di queste sostanze possono esercitare uno straordinario spettro di attività su una grande varietà di vie associate al dolore e possono essere eventualmente utilizzate in combinazione con antidolorifici più tradizionali allo scopo di estendere la durata dell’effetto e ridurne i dosaggi.

Esempi convincenti di combinazioni efficaci contro il dolore sono il complesso vitaminico B più gabapentin nel dolore postoperatorio cronico, compreso il dolore neuropatico, il complesso vitaminico B più diclofenac contro la lombalgia e l’associazione tra gabapentin e acido alfa lipoico per la sindrome della bocca urente (BMS, Burning Mouth Syndrome), detta anche glossodinia, una condizione clinica caratterizzata da un forte bruciore orale diffuso anche in assenza di evidenti lesioni locali o di altre patologie.

Gli esempi citati, così come altri, necessitano tuttavia di essere valutati tramite attente sperimentazioni cliniche indipendenti e controllate che confermino il loro ruolo nella terapia. «Dal punto di vista clinico questo articolo suggerisce che, nonostante la necessità di maggiore letteratura, gli integratori possano essere considerati nella gestione del dolore sfruttando le loro azioni sinergiche sulla fisiopatologia del dolore, anche attraverso meccanismi assolutamente innovativi e non disponibili con i farmaci tradizionali» ha concluso Allegri.

Bibliografia

Marchesi N et al. Non-drug pain relievers active on non-opioid pain mechanisms. Pain Pract. 2021 Sep 9.

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