Alzheimer: passi avanti per lo sviluppo di un vaccino


Alzheimer: dopo anni passati a trovare e correggere le origini della malattia, primi passi incoraggianti verso lo sviluppo di un vaccino

alzheimer vaccino

Per decenni gli scienziati hanno testato diverse ipotesi per trovare e correggere le origini della malattia di Alzheimer (AD). Molti stanno lavorando su terapie anti-amiloide (di recente è stato approvato aducanumab, un anticorpo monoclonale – prodotto da Biogen – che colpisce parte di questa proteina anormale che si accumula nel cervello dei pazienti con AD). Altri si concentrano sull’inibizione dell’aggregazione tau, mentre un’ulteriore strategia è quella di combattere l’AD con terapie anti-neuroinfiammatorie. Ora si punta allo sviluppo di un vaccino.

È il caso di una startup biotech, Nuravax, società che è stata incubata dall’Institute for Molecular Medicine (IMM) di Huntington Beach (California, USA), e che sta sviluppando un vaccino per indurre concentrazioni terapeuticamente potenti di anticorpi contro proteine patologiche associate sia all’AD che alla malattia di Parkinson (PD), tra cui amiloide e tau.

Piattaforma vaccinale universale rivolta contro placca amiloide e grovigli tau 
Il 29 settembre scorso, l’IMM ha annunciato di avere concesso a Nuravax in licenza MultiTEP, la tecnologia di piattaforma vaccinale universale messa a punto dallo stesso IMM.

Come con i vaccini contro l’influenza o il coronavirus, questa tecnologia ha lo scopo di suscitare una risposta estremamente elevata del sistema immunitario a un elemento invasore – in questo caso, la placca amiloide e i grovigli tau. Si basa sulla teoria ampiamente adottata che l’amiloide-beta e la tau sono i principali driver patogenetici dell’AD.

Il sistema immunitario anziano è caratterizzato da una carenza di cellule T helper naïve, ma è ricco di cellule T helper di memoria. Pertanto, Nuravax sta progettando un vaccino per stimolare queste cellule T helper a interagire con le cellule B al fine di produrre un gran numero di anticorpi. Questi anticorpi, quindi, prevenendo la formazione di placche amiloidi e grovigli tau potrebbero ritardare la comparsa della malattia o arrestarne l’evoluzione.

Il progetto del vaccino prevede l’utilizzo di 12 segmenti proteici (epitopi) da vaccini che sono stati somministrati alla popolazione generale durante la loro vita, come da infezioni precedenti. Questo dovrebbe generare titoli di anticorpi abbastanza alti da eliminare la barriera emato-encefalica.

Michael Agadjanyan, professore e capo del dipartimento di Immunologia Molecolare presso l’IMM, ha dichiarato che questo «consente di attivare le risposte immunitarie con flessibilità praticamente in tutti gli individui». In studi preclinici, il vaccino ha dimostrato di avere le potenzialità di indurre concentrazioni terapeuticamente potenti di anticorpi alle suddette proteine patologiche.

Perché un vaccino è il giusto approccio al morbo di Alzheimer? Perché la patogenesi dell’AD inizia molto prima degli ultimi anni di vita, sostiene Agadjanyan.

«Ora sappiamo che l’amiloide appare molti anni prima che si possa vedere la comparsa di demenza. Normalmente, possiamo rilevare l’amiloide quando le persone hanno 35-40 anni» ha precisato Agadjanyan.

«Quindi, se occorre intervenire, ciò va fatto in persone sane per inibire l’aggregazione di beta-amiloide o tau: questo almeno ritarderà la malattia» ha aggiunto.

L’importanza dei biomarcatori plasmatici
Ci si potrebbe chiedere come IMM e Nuravax possano testare l’efficacia di un vaccino quando l’AD richiede in genere anni per svilupparsi.

«I biomarcatori – in particolare quelli del sangue, che non sono invasivi –permettono di vedere una certa efficacia, che si può rilevare molto rapidamente» ha spiegato Agadjanyan. Mentre alcuni biomarcatori, come liquorali, sono così invasivi che molti pazienti non acconsentono al prelievo così come le scansioni PET richiedono molto tempo.

I biomarcatori plasmatici non sono invasivi, ha ribadito, e «ci aiuteranno a capire negli studi clinici come funziona il vaccino». Ha aggiunto che sono all’orizzonte anche biomarcatori predittivi.

Le aziende stanno lavorando per sviluppare un protocollo in cui vari biomarcatori cerebrali e fluidi (incluso il plasma) saranno misurati durante gli studi clinici e alla fine degli studi. Agadjanyan ha comunicato che la strategia clinica sarà quella di rivolgersi a volontari sani o a quelli nelle prime fasi di AD, quando c’è la migliore possibilità di intervento con il vaccino.

«Questi individui sono completamente sani o hanno l’amiloide che non è ancora progredita verso la patologia tau» ha spiegato.

Altri metodi in studio per suscitare una risposta anticorpale protettiva
Mentre la tecnologia IMM-Nuravax MultiTEP è nuova, il concetto di un vaccino mirato alle proteine nocive coinvolte nell’AD e in altre malattie neurodegenerative non lo è.
Con sede a Cipro,  AXON Neuroscience è in fase di sviluppo clinico II con AADvac1, che istruisce il sistema immunitario del paziente a generare anticorpi specifici mirati alla proteina tau.

A giugno, AXON ha segnalato che il vaccino è risultato sicuro e ha prodotto risposte anticorpali con immunoglobuline G (IgG). Ciò non si è tuttavia tradotto in benefici significativi nel pensiero, nel ragionamento e nella memoria, anche se ciò potrebbe essere dovuto al fatto che un terzo dei partecipanti allo studio aveva bassi livelli di proteina tau anormale in fase iniziale.

Il leader dello studio, Petr Novak, ricercatore clinico senior presso AXON, ha fatto notare che il team ha visto qualche miglioramento nei test di funzionalità cerebrale standard tra i partecipanti ai quali era stata diagnosticata l’AD.

Un altro vaccino, UB-311, è stato sviluppato da Vaxxinity (precedentemente United Neuroscience). Nel 2019, United Neuroscience aveva annunciato i risultati positivi nell’AD lieve-moderata di uno studio clinico di fase IIa riguardanti un nuovo vaccino peptidico sintetico.

Questo aveva dimostrato che gli obiettivi primari di sicurezza e immunogenicità erano stati raggiunti, con un tasso di risposta del 96%. UB-311 è un vaccino che stimola il sistema immunitario a produrre anticorpi specifici – come avviene naturalmente in alcune persone – contro le proteine tossiche che portano alle placche amiloidi.

In prospettiva, la strategia di un approccio combinato
L’AD – come molte malattie del cervello – è «una patologia molto complessa e multifattoriale» ha sottolineao Agadjanyan, e Nuravax e IMM si concentrano solo sulla prevenzione. In termini di una strategia di trattamento totale, si immagina un futuro in cui i vaccini vengono utilizzati in combinazione con terapie che potrebbero ridurre l’infiammazione.

(Fonte: Biospace)