Tumore dell’ovaio: olaparib alleato contro la progressione


Tumore dell’ovaio recidivato: il trattamento con olaparib riduce il rischio di progressione secondo i risultati di un nuovo studio

Tumore dell'ovaio: olaparib alleato contro la progressione

Nelle donne con tumore dell’ovaio recidivato e trattate in precedenza con un inibitore di PARP, una nuova terapia di mantenimento con olaparib dopo una risposta alla chemioterapia a base di platino, riduce il rischio di progressione indipendentemente dallo stato dei geni BRCA. Sono i risultati, molto attesi, dello studio di fase 3 OReO/ENGOT Ov-38 (NCT03106987), presentati all’ultimo congresso della European Society for Medical Oncology (ESMO).

Primi dati a mostrare beneficio del rechallenge con PARP-inibitore
Questi sono i primi dati a dimostrare un beneficio del ritrattamento con un inibitore di PARP nelle pazienti con carcinoma ovarico recidivato sensibile al platino, ha dichiarato il primo autore dello studio, Eric Pujade-Lauraine, dell’ARCAGY-GINECO di Parigi, durante la presentazione dei risultati.

«In entrambe le coorti – pazienti BRCA-mutate e pazienti BRCA wild type –, con il rechallenge con olaparib una quota di donne ha ottenuto un beneficio a lungo termine clinicamente rilevante», ha dichiarato lo sperimentatore.

Inoltre, in questo setting di pazienti con carcinoma ovarico recidivato e sensibile al platino il beneficio significativo di sopravvivenza libera da progressione (PFS) osservato con il rechallenge con olaparib è risultato indipendente dallo stato mutazionale di BRCA.

Riduzione del rischio di progressione o morte del 43-57%
Infatti, il rechallenge con olaparib ha ridotto il rischio di progressione o decesso del 43% nelle pazienti con carcinoma ovarico BRCA-mutato e del 57% in quelle con tumore non mutato.

Inoltre, nella coorte di pazienti BRCA-mutate la PFS mediana è passata da 2,8 mesi nelle donne che hanno ricevuto il placebo a 4,3 mesi in quelle randomizzate al rechallenge con olaparib (HR 0,57; IC al 95% 0,37-0,87; P = 0,022).

Analogamente, nella coorte di pazienti non BRCA-mutate la PFS mediana è quasi raddoppiata con il rechallenge con olaparib, passando da 2,8 mesi nel braccio placebo a 5,3 mesi (HR 0,43; IC al 95% 0,26-0,71; P = 0,0023).

Molte pazienti recidivano
Sebbene la maggior parte delle donne con cancro ovarico di nuova diagnosi o in recidiva platino-sensibile ottengano risposte a lungo termine con una terapia di mantenimento con inibitori di PARP, sfortunatamente molte di loro vanno incontro a una ricaduta.

Gli sperimentatori hanno quindi valutato la possibilità che le donne con tumore ovarico recidivate dopo un trattamento con un PARP-inibitore ottengano un beneficio dal ritrattamento con il PARP-inibitore, nel caso specifico olaparib, dopo aver risposto alla chemioterapia a base di platino.

Lo studio OReO/ENGOT Ov-38
Lo studio OReO/ENGOT Ov-38 è un trial multicentrico internazionale, randomizzato, in doppio cieco che ha coinvolto 220 pazienti con carcinoma ovarico epiteliale non mucinoso in recidiva platino-sensibile, già sottoposte a una linea di mantenimento con un PARP-inibitore e che erano in risposta all’ultima chemioterapia a base di platino.

Le partecipanti sono state assegnate a due coorti in funzione della presenza (112 casi) o assenza (108 casi) di mutazioni dei geni BRCA, entrambe assegnate, secondo un rapporto di randomizzazione 2:1, al trattamento con olaparib 300 mg (o 250 mg se il dosaggio pieno non era stato tollerato in precedenza) o un placebo, fino alla progressione della malattia o al decesso.

Le pazienti eleggibili dovevano aver raggiunto una risposta completa o parziale alla chemioterapia a base di platino più recente oppure non dovevano presentare alcuna evidenza di malattia dopo l’intervento chirurgico né aumenti del livello del marcatore CA-125.

La donne BRCA-positive dovevano essere state esposte precedentemente a un inibitore di PARP per almeno 18 mesi dopo la chemioterapia di prima linea o 12 mesi dopo la chemioterapia di seconda linea o di una linea successiva.

Per la coorte con BRCA wild type era richiesto una precedente trattamento con un inibitore di PARP di almeno 12 mesi dopo la chemioterapia di prima linea o almeno 6 mesi dopo la chemioterapia di seconda linea o di una linea successiva.

Le pazienti sono state stratificate in base al precedente trattamento con bevacizumab (si/no) e sulla base del numero delle precedenti linee di chemioterapia con platino (non più di tre contro almeno quattro).

L’endpoint primario era la PFS valutata dallo sperimentatore, mentre gli end point secondari erano il tempo alla progressione (sulla base dei criteri RECIST/livelli di CA-125) o alla morte, il tempo alla prima e alla seconda terapia successiva o alla morte, il tempo alla sospensione del trattamento o alla morte, la sopravvivenza globale, la qualità della vita e la sicurezza.

Le caratteristiche delle pazienti BRCA-mutate
Nella coorte delle donne BRCA-mutate, l’età mediana era di 58,5 anni (range: 37-80) nel braccio olaparib e 61,5 anni (range: 44-87) nel braccio placebo.

Il 42% delle pazienti in ciascun braccio aveva effettuato tre linee di una qualsiasi chemioterapia, mentre poco più del 20% quattro o più. Inoltre, il 35% delle pazienti nel braccio olaparib e il 42% nel braccio di controllo erano già state sottoposte a più di quattro linee precedenti a base di platino.

Prima di entrare nello studio, la migliore risposta alla chemioterapia a base di platino era stata del 20% nel braccio olaparib e 34% nel braccio placebo.

Le caratteristiche delle pazienti BRCA wild type
Nella coorte di pazienti con BRCA wild type, l’età mediana era di 66,5 anni (range: 29-81) nel braccio olaparib e 62,5 anni (range: 43-77) nel braccio con placebo.

Il 28% e il 22%, rispettivamente, avevano già effettuato più di quattro linee di chemioterapia, mentre poco più del 30% in entrambi i bracci era stato già trattato con almeno quattro linee precedenti di chemioterapia a base di platino.

La migliore risposta alla chemioterapia con platino, prima dell’ingresso nello studio, era stata una risposta completa nel 26% dei casi nel gruppo olaparib e nel 31% nel gruppo di controllo.

La terapia precedente con PARP-inibitore
La durata mediana della precedente terapia con inibitori di PARP era compresa tra 18,3 e 21,2 mesi nella coorte delle pazienti BRCA-mutate e tra 12,4 e 12,6 mesi nella coorte di quelle non mutate.

Il 61% delle pazienti con BRCA mutato era stato esposto precedentemente all’inibitore di PARP per almeno 18 mesi, mentre dal 53% al 57% della coorte di pazienti non BRCA-mutate per almeno 12 mesi.

Gli inibitori di PARP somministrati in precedenza erano olaparib (93% e 21%, rispettivamente, nella coorte BRCA-mutata e in quella BRCA wild type), niraparib (4% e 64%), rucaparib (1% e 10%), veliparib (0% e 4%), terapia in cieco (0% e 4%) e placebo (3% e 0%).

Il deficit del meccanismo di riparazione del DNA mediante ricombinazione omologa (Homologous Recombination Deficiency, HRD) era presente in circa il 40% delle pazienti non BRCA-mutate mentre lo status dell’HRD era sconosciuto in un quarto delle pazienti di questa coorte.

Nella coorte di pazienti BRCA-mutate, il 9% nel braccio olaparib e il 3% nel braccio di controllo era ancora in trattamento al momento dell’analisi dei dati, mentre nella coorte con BRCA wild type, le percentuali corrispondenti sono risultate rispettivamente del 29% e 17%.

Nella coorte BRCA-mutata, circa il 60% delle pazienti era uscito dallo studio, il 90% delle quali a causa del decesso, mentre nella coorte con BRCA non mutato quelle uscite dallo studio sono risultate il 28%, di cui a causa del decesso il 67% nel braccio olaparib e il 73% nel braccio placebo.

Beneficio a lungo termine con olaparib in alcune pazienti
«Un certo numero di donne ha ottenuto un beneficio a lungo termine nel braccio olaparib», ha dichiarato Pujade-Lauraine. Infatti a 12 mesi dalla randomizzazione il tasso di PFS nella coorte BRCA-mutata è risultato del 19% nel braccio olaparib, a fronte dello 0% nel braccio placebo, mentre nella coorte con BRCA non mutato, secondo un’analisi esplorativa, i tassi corrispondenti sono risultati del 14% contro 0% e il beneficio di olaparib è risultato consistente indipendentemente dallo stato dell’HRD.

In entrambe le coorti, il beneficio di PFS associato a olaparib è stato osservato in tutti i sottogruppi ed è risultato indipendente dallo stato dell’HRD.

Profilo di sicurezza senza sorprese
Per quanto riguarda la sicurezza, non sono stati osservati nuovi segnali e il tasso di interruzioni a causa di eventi avversi è stato basso, ha riferito l’autore.

Clare L. Scott, direttrice del Gynecological Cancer dell’Università di Melbourne, intervenuta in qualità di discussant, ha dichiarato che i risultati dello studio OReO/ENGOT Ov-38 forniscono alcuni criteri in base ai quali identificare le pazienti che potrebbero trarre beneficio in funzione della precedente esposizione agli inibitori di PARP.

«Tutti i gruppi sembrano aver ottenuto un beneficio, tranne le pazienti che prima di entrare nello studio erano state trattate con il PARP-inibitore per un periodo breve, anche se in realtà occorre ancora definire i gruppi molecolari che possono beneficiare di trattamenti alternativi o di combinazioni con inibitori di PARP», ha concluso l’esperta.

Fonte
E. Pujade-Lauraine, et al. Maintenance olaparib rechallenge in patients (pts) with ovarian carcinoma (OC) previously treated with a PARP inhibitor (PARPi): phase IIIb OReO/ENGOT Ov-38 trial. Annals of Oncology (2021) 32 (suppl_5): S1283-S1346. 10.1016/annonc/annonc741. LinK