Tumore al seno: il sangue fa vedere l’avanzamento


Studio dell’Università di Bari: il sangue permette di scovare l’avanzamento del tumore al seno e individuare le metastasi che attaccano le ossa

Studio dell'Università di Bari: il sangue permette di scovare l’avanzamento del tumore al seno e individuare le metastasi che attaccano le ossa

Un semplice esame del sangue è in grado di stabilire l’avanzamento del tumore al seno e individuare le metastasi che attaccano le ossa. È il risultato straordinario di uno studio condotto all’università di Bari e che, nei giorni scorsi, è stato pubblicato sul British Journal of Cancer, prestigiosa rivista scientifica del gruppo Nature.

Nonostante l’osso sia il sito più frequente di metastasi da neoplasie della mammella, ad oggi non esistono biomarcatori prognostici in grado di prevedere la disseminazione scheletrica nelle fasi precoci della malattia. Nel Centro di Ricerche Oncogenomiche all’interno dell’UO dell’Oncologia Medica Universitaria barese è stata sviluppata una metodica molecolare basata sul principio di RNAseq e applicata alle cellule tumorali circolanti (CTCs) della mammella, il cui obiettivo finale è stato l’identificazione e la validazione di un set di geni espressi in maniera specifica da neoplasie che avessero metastatizzato allo scheletro.

I ricercatori baresi da alcuni anni sono impegnati nello studio delle potenziali applicazioni cliniche della biopsia liquidaprocedura che prevede la caratterizzazione molecolare di un tumore partendo da un campione di sangue periferico. Infatti, i tumori solidi notoriamente rilasciano cellule vitali nel circolo sistemico attraverso la rete vascolare che li circonda. Queste cellule, una volta entrate nel torrente circolatorio, potranno allocarsi in sedi distanti dal tumore per generare metastasi. Le CTC assumono quindi un ruolo fondamentale come marcatori per valutazioni prognostiche e monitoraggio del trattamento in numerose neoplasie solide. In particolare, il gruppo di ricerca barese ha applicato la metodica RNAseq a CTC isolate da pazienti affette da carcinoma mammario la cui analisi molecolare e le successive elaborazioni computazionali hanno permesso di identificare un totale di 31 geni che, nel loro insieme, costituiscono un’impronta genomica di “osteotropismo”, cioè la tendenza delle cellule tumorali a localizzarsi a livello osseo.

Tali dati forniscono quindi un importante contributo alla comprensione dei meccanismi che regolano il movimento delle neoplasie mammarie verso il tessuto osseo e potrebbero aprire la strada a ulteriori ricerche, finalizzate all’identificazione di biomarcatori predittivi di metastasi scheletriche anche in stadi precoci di malattia. La speranza è quella di consentire strategie terapeutiche mirate e potenzialmente in grado di evitare le note complicanze delle metastasi ossee quali fratture patologiche, dolore resistente a terapia medica, ricorso a procedure chirurgiche e trattamenti radioterapici.

Lo studio ha riguardato il cancro mammario, ma potrà essere applicato ad altre neoplasie solide note per essere associate alla formazione di metastasi scheletriche.