Malattia renale cronica: Dapagliflozin approvato in Europa


Il farmaco Dapagliflozin approvato in Europa per la malattia renale cronica in pazienti con e senza diabete di tipo 2

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Dapagliflozin, un inibitore del co-trasportatore di sodio e glucosio (SGLT2i), è stato approvato nell’Unione europea (EU) per il trattamento della malattia renale cronica (Chronic Kidney Disease – CKD) in pazienti adulti indipendentemente dalla presenza di diabete di tipo 2 (DT2).

L’approvazione della Commissione Europea è basata sui risultati positivi dello Studio di Fase III DAPA-CKD e la decisione segue la raccomandazione  del Comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) dell’Agenzia Europea del Farmaco.

La malattia renale cronica è una condizione grave e progressiva, definita da un peggioramento della funzionalità renale ed è spesso associata a un aumento del rischio di malattia cardiovascolare o ictus. La malattia renale cronica colpisce 840 milioni di persone nel mondo e circa 47 milioni di persone in Europa. Nonostante ciò, la percentuale di diagnosi rimane bassa e fino al 90% dei pazienti non è consapevole di essere affetto da tale patologia.

“Questa nuova indicazione rappresenta una svolta epocale nel trattamento dei pazienti affetti da malattia renale cronica, definendo dapagliflozin come primo inibitore degli SGLT2 approvato nell’Unione Europea per il trattamento della malattia renale cronica indipendentemente dalla presenza di diabete di tipo 2” – ha commentato Loreto Gesualdo Ordinario di Nefrologia presso l’Università Aldo Moro di Bari. “L’approvazione di dapagliflozin per il trattamento della malattia renale cronica in pazienti con e senza diabete di tipo 2 rappresenta una grande opportunità per la gestione dei pazienti affetti da questa patologia che ci auguriamo possa diventare presto una realtà concreta anche in Italia”.

Lo Studio di Fase III DAPA-CKD ha dimostrato che dapagliflozin, in aggiunta allo standard di cura con un inibitore dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE inibitore) o un antagonista del recettore dell’angiotensina, ha ridotto, rispetto al placebo, del 39% il rischio relativo di peggioramento della funzione renale, l’insorgenza di malattia renale allo stadio terminale (ESKD), o il rischio di morte cardiovascolare e renale (l’endpoint composito primario) in pazienti affetti da malattia renale cronica di stadio 2-4 con elevata escrezione urinaria di albumina5 (riduzione del rischio assoluto [ARR]=5.3%, p<0.0001).

Dapagliflozin ha anche mostrato una riduzione significativa rispetto al placebo del 31% del rischio relativo di morte da tutte le cause5 (ARR=2.1%, p=0.0035). La sicurezza e la tollerabilità di dapagliflozin si sono dimostrate coerenti con il già noto profilo di sicurezza del farmaco.

Dapagliflozin è stato recentemente approvato negli Stati Uniti per il trattamento della Malattia renale cronica in pazienti adulti con o senza diabete di tipo 2 ed è al momento sotto revisione normativa in diversi altri paesi nel Mondo. Dapagliflozin è anche indicato, in aggiunta a dieta ed esercizio fisico, per migliorare il controllo glicemico in pazienti adulti affetti da diabete di tipo 2 e per il trattamento dello scompenso cardiaco (HF) cronico sintomatico con ridotta frazione di eiezione (HFrEF) negli adulti, indipendentemente dalla presenza di diabete.

Informazioni sullo studio DAPA-CKD
DAPA-CKD è uno studio internazionale, multicentrico, randomizzato e in doppio cieco che include 4.304 pazienti, disegnato per valutare l’efficacia di dapagliflozin 10mg, rispetto al placebo, in pazienti affetti da malattia renale cronica in stadio da 2 a 4 e con escrezione urinaria di albumina elevata e con o senza diabete di tipo 2. Dapagliflozin è somministrato una volta al giorno in aggiunta allo standard di cura. L’endpoint composito primario è determinato dal peggioramento della funzione renale o rischio di morte (definito come un endpoint composito di un declino dell’eGFR ≥50%, insorgenza di malattia renale allo stadio terminale e morte per cause cardiovascolari o renali).
L’endpoint secondario ha incluso il tempo dal primo episodio del composito renale (declino sostenuto dell’eGFR ≥50%, ESKD e morte renale), il composito di morte per causa cardiovascolare o ospedalizzazione per HF (hHF), e la morte per tutte le cause. Lo studio è stato condotto in 21 Paesi e i risultati dettagliati sono stati pubblicati sul The New England Journal of Medicine.