Long Covid: recupare ricordi felici aiuta gusto e olfatto


Contro la perdita di gusto e olfatto legata alla Sindrome da Long Covid una possibile soluzione è quella di recuperare ricordi felici legati al cibo

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Ricordare momenti felici di vita vissuta, legati a odori e sapori, per recuperare olfatto e gusto dopo essersi ammalati di Covid.

E’ una delle intuizioni della professoressa Arianna Di Stadio, ricercatore onorario presso il Laboratorio di Neuroinfiammazione del UCL Queen Square Neurology di Londra, docente di Neuroscienze all’Università di Perugia che ha coordinato uno studio sulla connessione tra perdita di memoria e anosmia e ageusia nella sindrome del long Covid: quando si perde la memoria si dimenticano anche gli odori e i sapori. Se, infatti, in primo luogo, la ricerca riconduce lo stato di nebbia cerebrale e la perdita di olfatto e gusto ad una neuroinfiammazione causata dall’impatto del virus sul sistema nervoso centrale, i sapori e gli odori possono essere ritrovati lavorando anche sull’aspetto emotivo: “Sono molti i ricordi legati a forti emozioni e molti di questi ci riportano alla mente certi odori e sapori, la lavanda, il vino, il gelsomino sono solo alcuni dei più classici. Recuperando i ricordi positivi collegati, si possono ritrovare quegli odori e quei sapori”, afferma l’esperta.

Lo studio che si è basato sui dati raccolti dall’Ospedale San Giovanni di Roma, dall’Università di Tor Vergata e dall’ Ospedale di Fano) ha incluso 151 pazienti (102 donne e 49 uomini) non ospedalizzati con disturbi dell’olfatto persistenti (almeno 5 mesi) correlati al Covid-19. La nebbia cerebrale o ‘brain fog’ era presente nel 60% dei pazienti con anosmia, la cefalea nel 61,8%. In entrambi i casi parliamo di popolazione Long Covid.

“Il nostro studio è stato il primo a identificare una correlazione tra nebbia cerebrale, brain fog, e anosmia e a supporre che l’alterazione della memoria possa avere un impatto negativo sulla capacità olfattiva – spiega Di Stadio – Il Covid presenta un’ampia gamma di manifestazioni cliniche e durata dei sintomi. Il virus attraverso il naso può diffondersi sia all’encefalo che al resto del corpo determinando appunto una patologia multiorgano. In particolare l’infezione dell’encefalo è responsabile di sintomi come anosmia, problemi di memoria e nebbia cerebrale ed altri sintomi neurologici che, se persistenti, sono annoverati nella cosiddetta sindrome long Covid. Nello studio abbiamo analizzato la prevalenza del deficit di memoria in una coorte di pazienti con disturbi olfattivi e abbiamo osservato come per il 60% erano affetti da nebbia cerebrale e per il 61,8% da mal di testa. Da un lato il bulbo olfattivo, area di ingresso del virus nel cervello, potrebbe aver aumentato la suscettibilità all’infiammazione, mentre un’infiammazione più diffusa del cervello provoca la nebbia cerebrale. Dall’altro i pazienti con nebbia cerebrale hanno maggiori difficoltà a ricordare correttamente gli odori. Dunque, sia la nebbia cerebrale sia la perdita di olfatto possono derivare dalla diffusione del virus nelle aree della memoria dove risiede la funzione cognitiva ed essere manifestazioni di neuroinfiammazione diffusa”.

“La neuroinfiammazione Sars-Cov-2 è potenzialmente un percorso comune, che potrebbe spiegare il mal di testa persistente e la nebbia cerebrale in associazione con l’anosmia – afferma ancora l’esperta – I trattamenti farmacologici per ridurre la neuroinfiammazione potrebbero, dunque, avere un ruolo nel ridurre la sofferenza del mal di testa e della nebbia cerebrale e nel promuovere il recupero della funzione olfattiva. In particolare, PEALut (palmitoiletanolamide co-ultramicronizzata con Luteolina), un ultramicrocomposito antineurofiammatorio e insieme antiossidante, in grado di riparare il danno neuronale, è promettente per alleviare i sintomi neurocognitivi e promuovere il recupero olfattivo come dimostrato dallo studio pubblicato su European Review of Medical and Pharmacological Science. La molecola è, infatti, in grado di intervenire sul processo neuroinfiammatorio modulando l’azione delle cellule non-neuronali e l’effetto dello stress ossidativo grazie all’azione antiossidante della luteolina”.