La TMS per l’Alzheimer è personalizzata


Le misure ottenute con la TMS (stimolazione magnetica transcranica) in combinazione con l’elettroencefalogramma distinguono diversi stadi della malattia

Le misure ottenute con la TMS (stimolazione magnetica transcranica) in combinazione con l’elettroencefalogramma distinguono diversi stadi della malattia

Alla base di numerose patologie neurologiche, come la malattia di Alzheimer (AD), c’è un’alterazione delle reti neurali ( o circuiti neuronali), responsabili di specifiche funzioni cognitive. Sfruttando le proprietà dei campi magnetici e attraverso la registrazione delle variazioni emodinamiche cerebrali, è possibile ricostruire una mappa delle reti neuronali e indagarne il livello di compromissione. Queste osservazioni hanno aperto la strada a nuovi promettenti approcci, di cui l’IRCCS Centro S. Giovanni di Dio-Fatebenefratelli di Brescia è capofila che, mediante la stimolazione non-invasiva delle reti colpite dall’AD, puntano a prevenire l’insorgenza dei sintomi o a rallentarne il decorso. Infatti, le misure ottenute con la TMS (stimolazione magnetica transcranica) in combinazione con l’elettroencefalogramma consentirebbero di distinguere diversi stadi della malattia con un’accuratezza vicina all’ 80%.

Perciò, per aumentare l’efficacia della TMS personalizzando l’intervento sulla base delle caratteristiche individuali dei pazienti, sono stati avviati 3 progetti finanziati dal Ministero della Salute, nell’ambito del Programma nazionale della ricerca sanitaria, e che vedono coinvolti il Laboratorio di Neurofisiologia e l’Unità di Neuroimmagine ed Epidemiologia Alzheimer, in collaborazione con altri centri di ricerca italiani.

Il comune denominatore di questi studi è un approccio di medicina personalizzata in cui la TMS viene guidata dallo studio del cervello del singolo paziente attraverso le neuroimmagini. In questa ottica, i ricercatori hanno sviluppato un protocollo per stimolare con la TMS circuiti cognitivi come il default mode network ed il circuito esecutivo, a livello individuale” -spiega la dottoressa Marta Bortoletto,  responsabile del Laboratorio di Neurofisiologia, IRCCS Centro San Giovanni di Dio- Fatebenefratelli.

E-come precisa la dottoressa Michela Pievani, responsabile del Laboratorio di Epidemiologia e Neuroimaging LENITEM del Fatebenefratelli di Brescia, “questo nuovo modello è attualmente in fase di sperimentazione in persone con malattia AD e in persone cognitivamente sane ma a rischio di sviluppare demenza”.

L’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio FATEBENEFRATELLI (www.fatebenefratelli.it) è presente in 50 paesi dei 5 continenti, con circa 400 opere apostoliche. La Provincia Lombardo Veneta, essendo parte di questa grande comunità ospedaliera, realizza la propria vocazione religiosa dedicandosi al servizio della Chiesa prestando, senza scopo di lucro, attività sanitarie ed assistenziali in particolare nei confronti di malati e bisognosi. La mission della PLV è in primo luogo l’ospitalità realizzata attraverso interventi appropriati di prevenzione, promozione della salute, cura e riabilitazione, che garantiscano ad ogni utente la cura più adeguata al proprio bisogno di salute, in una logica di corretto ed economico uso delle risorse. La PLV esplica la propria attività assistenziale in 4 contesti regionali differenti (Piemonte, Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia), attraverso 9 strutture sanitarie/socio-sanitarie accreditate presso il SSN per 2192 posti letto complessivi. I Fatebenefratelli, sulle orme del loro fondatore San Giovanni di Dio, si impegnano a garantire un’assistenza integrale, che pertanto consideri e abbracci tutte le dimensioni della persona umana: fisica, psichica, sociale e spirituale. Tale assistenza umanizzata viene agita ogni giorno grazie alla compartecipazione alla missione da parte dei Fatebenefratelli e dei circa 2200 collaboratori assunti a vario titolo all’interno della Provincia Lombardo Veneta.