Lombalgia: i consigli IASP contro le riacutizzazioni


Per evitare le riacutizzazioni della lombalgia si possono seguire i consigli della IASP, società internazionale per lo studio del dolore

Lombalgia acuta: gli antinfiammatori non steroidei (FANS) si sono dimostrati più efficaci del placebo nel trattamento dei pazienti secondo nuovi studi

Una delle schede stilate dalla IASP, società internazionale per lo studio del dolore e tradotta dall’associazione AISD, mette in evidenza i comportamenti e le attività che andrebbero evitate per non riacutizzare la lombalgia. Riportiamo sinteticamente quanto contenuto nella scheda e rimandiamo al sito di AISD per una lettura completa.

Gli esperti evidenziano che gli operatori sanitari dovrebbero essere a conoscenza di almeno 10 punti sul comportamento del dolore nei pazienti con mal di schiena. Questi punti possono essere riassunti come segue.

1. Il comportamento correlato al dolore causato da attività è molto variabile nei pazienti con lombalgia. Gli approcci dei pazienti alle attività fisiche, quando hanno dolore, variano notevolmente.

Gli approcci comuni sono: 1) procrastinazione e/o evitamento di un’attività, anche a bassi livelli di dolore, 2) tentativo di “resistere al dolore” durante una determinata attività, tollerandone livelli da bassi a moderati, 3) prosecuzione di un’attività fino al punto in cui il dolore peggiora significativamente (p. es., riacutizzazioni severe del dolore) e 4) persistenza in un’attività fino a quando una grave riacutizzazione del dolore costringe a interrompere l’attività stessa, nota anche come iperattività.

La sopportazione fisica del dolore potrebbe far sì che alcune attività lavorative possano comunque proseguire, con – però – rischio di ulteriore aumento della sofferenza, ed altre risultare impossibili da portare a termine.
Quindi, i pazienti possono evitare determinate attività o movimenti, ma persistere con altre attività fino al punto di una grave riacutizzazione

2. I pazienti che mostrano un comportamento di evitamento elevato si sentono fortemente disabilitati a causa del loro dolore. La letteratura fornisce una solida evidenza che nei pazienti con lombalgia l’evitamento delle attività che si ritiene aumentino il livello di dolore provato, produce una serie di conseguenze dannose, cioè comporta il rischio di aumentare la paura di certe attività o il rischio di disabilità nella vita quotidiana a causa del dolore.

3. Le riacutizzazioni del dolore sono comuni tra i pazienti con lombalgia cronica. Il mal di schiena cronico non è di intensità costante e stabile, ma può variare nel tempo con segni di “riacutizzazione”.
Le attività fisiche associate a un carico biomeccanico elevato o sostenuto sono percepite come comuni fattori scatenanti di riacutizzazioni.

Alcune posture statiche nella vita quotidiana, indagate oggettivamente (con valutazione posturale), sono correlate in modo positivo all’intensità del dolore e all’affaticamento correlato al dolore nei pazienti con mal di schiena cronico.

5. La ricerca suggerisce la comparsa in differita della riacutizzazione del dolore dopo l’attività fisica. La percezione/riacutizzazione del dolore può essere tardiva rispetto a uno sforzo biomeccanico.

6. La persistenza del dolore e l’iperattività sono risposte comportamentali comuni al LBP. Oltre all’evitamento, il persistere in un’attività, nonostante i forti livelli di dolore è una risposta comportamentale comune al dolore muscoloscheletrico e di schiena.

Al contrario, i termini iperattività, o persistenza eccessiva, si riferiscono a un processo di persistenza del dolore che è stato interrotto solo da un’intollerabile intensità del dolore e da una successiva fase di incapacità funzionale. L’iperattività nella valutazione del dolore persistente (OPPA) è una misura di autovalutazione per valutare non solo la persistenza nonostante il dolore, ma anche la successiva fase di inattività fisica.

7. Sono state mostrate associazioni negative, con impatto da basso a moderato, per la persistenza del dolore e il disagio psicologico, come depressione, ansia, dolore catastrofico o paura del movimento. Al contrario, rilevazioni che includono aspetti del processo di iperattività, che è seguito da un’interruzione di un’attività a causa di un dolore intollerabile, correlano positivamente con senso di disabilità o disagio psicologico.

8. La ricerca ha rivelato preziose informazioni sui complessi pattern di risposte cognitivo-affettive e comportamentali al dolore. Per esempio, i pazienti che mostravano un pattern di risposte di angoscia e persistenza nel dolore (DER) con umore negativo, elevata soppressione del pensiero e comportamento di persistenza, hanno riportato un’intensità del dolore significativamente più elevata, disabilità e una funzionalità psicologica peggiore rispetto a quei pazienti con un pattern di risposta adattativa (AR), cioè con bassa persistenza, bassa soppressione del pensiero e umore meno negativo).

Le conseguenze neurocomportamentali dei diversi approcci all’attività fisica richiedono ulteriori ricerche

9. Le conseguenze neurocomportamentali dei diversi approcci all’attività fisica richiedono ulteriori ricerche. La ricerca che affronta gli adattamenti nel sistema di controllo motorio dovuti alla persistenza del dolore e all’iperattività è attualmente allo stadio di ipotesi, tuttavia sono stati delineati numerosi meccanismi fisiologici che suggeriscono prospettive promettenti per studi futuri.

10. Un comportamento di stimolazione flessibile e auto-determinato potrebbe essere una risposta adattativa al dolore, ma sono necessarie ulteriori ricerche. Il ritmo delle attività è una strategia chiave di autogestione che viene in tutto il mondo insegnata nei programmi di gestione del dolore nel corso dei quali si insegna ai pazienti a interrompere e riprogrammare le attività che provocano dolore prendendo brevi pause di riposo o alternando attività / posture.

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