Per le cozze italiane è stata un’estate da dimenticare


Da Nord a Sud, brutta estate per le cozze: a Taranto il caldo ha provocato una grave morìa, mentre a Rovigo ritirato un lotto a causa di biotossine

cozze

Il persistere di alte temperature e l’assenza di piogge stanno danneggiando in Puglia anche le colture marine: il caso più drammatico è rappresentato dalla strage delle cozze che si sta registrando nelle acque di Taranto. A causa del caldo, le perdite di prodotto vanno dal 40 fino al 70%, hanno denunciato gli operatori. L’afa, la tropicalizzazione del clima, e l’assenza assoluta di piogge hanno portato le acque del mare a una temperatura di 35°.

La moria delle cozze è strettamente legata quindi alla mancanza di plancton, ma su questo fattore esterno, si innestano anche la mancanza di una politica di promozione e valorizzazione delle cozze di Taranto e la perdita di prodotto senza poterlo vendere a causa del calo dei consumi e dell’aumento delle importazioni dall’estero.

Infatti il mercato è invaso da cozze proveniente dalla Spagna e dalla Grecia, con una concorrenza sleale del prodotto che viene spesso spacciato come italiano, specie nel campo della ristorazione, a causa della mancanza dell’etichetta dell’origine, che in realtà sarebbe obbligatoria.

Cozze ritirate dal mercato per la presenza di biotossine al loro interno tale da risultare pericolose per salute umana. La comunicazione è stata fatta dal Ministero della salute e riguarda un particolare lotto di mitili prodotto dalla Società Agricola Angelo Mancin di Scardovari di Porto Tolle, in provincia di Rovigo.

Dopo le analisi a campione effettuate sul prodotto dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale è emersa la presenza di biotossine che ha portato alla decisione di sospendere immediatamente la vendita del lotto interessato per rischio chimico.

Le cozze, anche se cotte, risultano contaminate da questa sostanza che causa seri danni alla salute dell’uomo. I sintomi dell’intossicazione alimentare compaiono già mezz’ora dopo aver ingerito i molluschi. L’intossicazione dura per circa un giorno e comporta diarrea, vomito, febbre, nausea e dolori addominali intensi.