Nuove tracce di vulcanismo recente su Venere


Due ricercatrici del Planetary Science Institute hanno trovato le prove di vulcanismo recente su Venere nei vecchi dati della sonda Magellano della Nasa

vulcani venere

Nuove tecniche di analisi dati hanno permesso di trovare le prove di un vulcanismo recente nei vecchi dati della sonda spaziale Magellano della Nasa, lanciata nel 1989. Non è ancora chiaro se questa attività si stia tuttora verificando o se risalga a decine di milioni di anni fa ma, geologicamente parlando, entrambi i casi si riferiscono a tempi recenti. Ciò si aggiunge al crescente numero di prove che indicano come i vulcani su Venere non si siano estinti tanto tempo fa, come molti pensavano.

Nei 31 anni da quando la sonda Magellano è entrata in orbita attorno a Venere, i ricercatori hanno utilizzato le immagini radar, le mappe topografiche e della gravità della missione per comprendere la storia della superficie di questo mondo coperto da una spessa coltre di nubi. I primi risultati hanno chiarito che il pianeta presenta un numero significativamente inferiore di crateri da impatto rispetto a Marte e Mercurio, e che i pochi presenti sono sparsi casualmente sulla sua superficie.

Il numero di crateri aumenta nel tempo e il basso numero di crateri di Venere significa che la sua superficie è stata in qualche modo “ripulita” in un periodo che va da circa 300 milioni a 1 miliardo di anni fa. Non è chiaro se sia stato a opera di un evento catastrofico che ha coinvolto contemporaneamente l’intero pianeta, oppure sia dovuto a una serie di eventi distribuiti casualmente nel tempo e nello spazio, oppure a una combinazione di entrambe le opzioni. Per capire cosa sia successo, è necessario capire quando erano attivi i vulcani. «La questione se Venere abbia avuto un vulcanismo geologicamente recente oppure se sia ancora in corso è sempre stata un enigma, dai tempi della missione Magellano: non abbiamo ancora prove al riguardo, ma sempre più testimonianze suggeriscono un pianeta attivo di recente, e potenzialmente ancora attivo», spiega Catherine Johnson, del Planetary Science Institute (Psi), che insieme a Megan Russell è autrice dello studio “Evidence for a Locally Thinned Lithosphere Associated With Recent Volcanism at Aramaiti Corona, Venus”, pubblicato sulla rivista Journal of Geophysical Research Planets.

Con il miglioramento della capacità computazionali, è diventato possibile ottenere sempre di più dal set di dati di Magellano. In particolare, Russell e Johnson hanno utilizzato un set di dati di topografia stereo ad alta risoluzione generato da altri ricercatori per osservare Narina Tholus, una cupola vulcanica ai margini dei 350 chilometri della Aramaiti Corona, una struttura geologica della superficie di Venere.

Le corone sono caratteristiche approssimativamente circolari, circondate da un anello di crepe che appaiono approssimativamente come una corona, e si pensa che siano grandi faglie. In alcune corone, come Aramaiti, si osservano vulcani e/o colate laviche in prossimità o sopra queste fratture. Il vulcano studiato dalle ricercatrici del Psi fa parte del fortunato 20 per cento della superficie di Venere che è stata ripresa in stereo con il radar ad apertura sintetica (Sar), che ha mappato le elevazioni in una struttura 3D, fornendo una visione molto migliore di una semplice immagine bidimensionale.

«Invece di guardare la superficie del vulcano o i flussi, osserviamo come il vulcano deforma il terreno attorno a esso. In risposta al peso del vulcano, il terreno circostante si piega, come quando si flette un righello di plastica», spiega Megan Russell. «Lo stesso tipo di deformazione si osserva nella flessione del fondale marino attorno alle isole hawaiane. Da questa deformazione, possiamo dedurre alcune proprietà come il flusso di calore in prossimità del vulcano».

Nel tempo, questo tipo di strutture può evolversi, e il grado di deformazione osservato suggerisce quanto vecchia o giovane potrebbe essere una caratteristica e quanto calore potrebbe fluire sotto la superficie. «Gli studi di modellazione suggeriscono come la forma e la topografia di questa corona indichino che sia geologicamente giovane e che abbia un vulcanismo altrettanto giovane associato», conclude Russell.

Questa particolare struttura sembra essere unica nel limitato set di dati di Magellano. Solo altre sette corone, nel 20 per cento del pianeta studiato da Magellano con il Sar, presentano vulcani dai fianchi ripidi sopra o vicino al loro anello, come quello studiato da Russell e Johnson. Inoltre, i dati della topografia stereo di questo studio erano di qualità particolarmente elevata. Con ben tre missioni pianificate dedicate allo studio di Venere, i ricercatori non vedono l’ora di approfondire la questione nel prossimo futuro.

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