Reumatologia infantile: APMARR lancia nuovo progetto


Malattie reumatologiche infantili: a Bari nasce il progetto “Per non perdere la bussola” di APMARR che offre un supporto psicologico integrato

antonella celano apmarr

Accettare la malattia o il percorso terapeutico non è mai facile, soprattutto se sei un bambino. “Per non perdere la bussola. Supporto psicologico integrato nelle malattie reumatologiche infantili” è il progetto fortemente voluto da APMARR, Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare, approvato e sottoscritto dal direttore generale dell’Azienda Ospedaliera Policlinico Giovanni XXIII di Bari, Giovanni Migliore, per garantire un aiuto concreto alle famiglie.

Dopo un primo periodo di studio, il servizio è attivo presso il Centro Regionale di Reumatologia Pediatrica – UOC Pediatria Ospedaliera e la UOSD Psicologia del Policlinico di Bari-Ospedale Giovanni XXIII.

L’obiettivo, infatti, è quello di dare continuità al lavoro psicologico avviato nel corso degli ultimi due anni, realizzato da Teresa Antonicelli, Psicologa e Psicoterapeuta, nel corso del suo tirocinio di specializzazione, in collaborazione con Francesco La Torre, responsabile del Centro di riferimento regionale di Reumatologia Pediatrica, e con Maria Grazia Foschino Barbaro, responsabile della UOSD Psicologia dell’Ospedale Pediatrico Giovanni XXIII di Bari.

Siamo davvero soddisfatti di aver fatto ‘atterrare’ un progetto tanto ambizioso”, commenta Antonella Celano, presidente di APMARR. “Sappiamo quanto possa essere delicato il momento della diagnosi per i bambini e le loro famiglie e poter contare su un supporto psicologico è fondamentale. I momenti di crisi possono anche emergere lungo il percorso, succede a noi adulti, e per un bambino le emozioni sono triplicate e per i genitori sapere di avere una guida sulla quale fare affidamento è senz’altro di aiuto”.

Un perfetto lavoro di squadra tra l’equipe medica del Centro regionale di Reumatologia Pediatrica del Giovanni XXIII di Bari: il dottor La Torre individua le persone che hanno necessità di accedere al servizio e le affida alle mani esperte della dottoressa Antonicelli, che potrà così avviare un percorso psicologico e educazionale finalizzato a promuovere una maggiore elaborazione della patologia e dell’aderenza terapeutica, includendo anche l’affiancamento nelle procedure medico assistenziali e la valutazione della qualità di vita del minore e della famiglia.

In linea generale, le attività psicologiche previste comprenderanno: l’affiancamento psicologico all’equipe medica nelle procedure medico assistenziali; la valutazione della qualità di vita del minore e della famiglia, dell’adattamento alla malattia e dell’aderenza terapeutica; il sostegno psicologico e la psicoeducazione finalizzati a promuovere una maggiore elaborazione della patologia e l’aderenza terapeutica. In casi di particolare sofferenza psicologica, legata alla presenza di comorbilità psicologiche, verrà effettuato un approfondimento diagnostico al fine di individuare il piano di intervento più adeguato e l’eventuale avvio di un percorso psicoterapeutico con la supervisione dei responsabili di progetto.

“Per non perdere la bussola – sottolinea il dottor Francesco La Torre – nasce dall’idea di una bussola che possa favorire un orientamento costante nel tempo, che possa superare il disorientamento che spesso può generarsi dalla diagnosi di malattia cronica, e promuovere una direzione di senso e progettualità comune per il benessere dei bambini e ragazzi con malattie reumatologiche”.

Le aree principali di intervento hanno riguardato aspetti peculiari legati alle malattie reumatologiche pediatriche riconducibili alla presenza di dolore cronico e/o acuto, legato ad esempio alle procedure medico assistenziali, che può comportare implicazioni sullo stato emotivo del bambino e/o ragazzo e sulla qualità di vita percepita dell’intero nucleo familiare. In tal caso, il lavoro psicologico è consistito sia nell’affiancamento durante le procedure medico-assistenziali ambulatoriali, in particolare riferimento alla gestione dolore acuto, sia nel sostegno psicologico per promuovere una più efficace gestione del dolore cronico ed un’ottimale qualità di vita.

Un altro aspetto importante, oggetto di approfondimento e di intervento psicologico, è consistito nella promozione dell’aderenza terapeutica, spesso inficiata dalla complessità del trattamento farmacologico, dalla sua persistenza nel tempo e dalla manifestazione di effetti collaterali fisici e psicologici. In tal caso, dopo una prima fase di assessment, si è impostato un percorso di psicoeducazione e psicoterapia finalizzato alla comprensione degli aspetti psicologici sottesi alla sintomatologia collaterale e allo sviluppo di efficaci strategie di coping. Al riguardo, è stato ritenuto essenziale il coinvolgimento delle famiglie nel lavoro psicologico, considerando il ruolo attivo nelle procedure mediche domiciliari e il conseguente maggiore senso di responsabilità percepito rispetto al buon andamento della terapia e/o, di contro, i possibili vissuti di impotenza a fronte di fallimenti percepiti e della manifestazione di sintomi collaterali da parte del figlio.

“L’obiettivo cardine di questo progetto – spiega la dottoressa Teresa Antonicelli – è quello di promuovere un senso di coinvolgimento attivo e di empowerment nell’intero nucleo familiare che può avere effetti considerevoli sulla qualità di vita percepita e sulla sintonizzazione genitoriale rispetto alle esigenze evolutive del figlio nelle diverse fasi evolutive. Queste considerazioni sono ben espresse dalle parole di una mamma a conclusione del percorso terapeutico: ‘Dottoressa ora so finalmente che c’è qualcosa che posso fare per il bene di mia figlia’”.

“Un aspetto imprescindibile per la promozione del senso di empowerment del nucleo familiare – prosegue Antonicelli – consiste nella promozione di una chiara condivisione delle rappresentazioni della malattia e della terapia con l’intera equipe medica e nella costruzione di una salda alleanza terapeutica. Si tratta di creare uno spazio condiviso e sicuro in cui sia i genitori che i minori possano dedicarsi tempo e spazio per esplorare il ‘non detto’, condividere le difficoltà e soprattutto dar luce e vita alle risorse individuali e familiari”.