Osteoporosi: romosozumab rinforza colonna lombare


Osteoporosi postmenopausale: da romosozumab risultati migliori in termini di densità e robustezza ossea a livello della colonna lombare

Le donne in post menopausa con diabete di tipo 2 hanno un maggiore contenuto minerale osseo e marcatori di turnover osseo inferiori

Le donne in postmenopausa affette da osteoporosi e trattate con romosozumab per 12 mesi mostrano miglioramenti di entità maggiore della densità minerale e della robustezza ossea a livello della colonna lombare rispetto a quelle trattate in monoterapia con alendronato. Queste le conclusioni di una sottonalisi dello studio ARCH, recentemente pubblicata su JBMR.

Razionale e disegno dello studio
I risultati principali dello studio ARCH avevano dimostrato che un anno di trattamento con romosozumab , seguito da un anno di trattamento con alendronato, era associato ad un guadagno di densità minerale ossea (DMO) bidimensionale (o areale) di maggiore entità rispetto a quello osservato con 2 anni di trattamento con il bisfosfonato da solo.

La DMO areale, notoriamente, correla con la robustezza ossea ma non ne intercetta tutte le determinanti che potrebbero essere influenzate in modo differenziale dai diversi farmaci utilizzati per l’osteoporosi.

Di qui il nuovo sottostudio ARCH che è ricorso alla Tac quantitativa ossea (QCT) e all’analisi degli elementi finiti per valutare le variazioni della DMO volumetrica della colonna lombare, il volume osseo, il contenuto minerale ossea (BMC) e la robustezza ossea in pazienti trattati con romosozumab vs. alendronato in un sottogruppo di pazienti del trial originario.

Lo studio ARCH è uno studio di fase 3, multicentrico, randomizzato e in doppio cieco, nel corso del quale donne in postmenopausa affette da osteoporosi a con frattura pregressa di fragilità erano state randomizzate a trattamento mensile con romosozumab 210 mg o trattamento settimanale con alendronato 70 mg per os per 12 mesi.

A 12 mesi, tutti le partecipanti allo studio erano trattate in aperto con alendronato 70 mg per os a cadenza settimanale per un altro anno.

Nell’ambito di questo trial, i ricercatori hanno condotto un sottostudio di imaging su 167 partecipanti al trial, delle quali erano disponibili i dati tomografici. All’interno di questo sottostudio, 90 partecipanti sono state sottoposte a QCT e ad analisi degli elementi finiti.

La DMO areale a livello della colonna lombare veniva misurata allo screening e al basale per tutte le partecipanti al trial ARCH, nonché a 6 e a 18 mesi nel sottostudio.
Sono state eseguite se scansioni mediante QCT della colonna lombare al basale e, successivamente, a 6, 12 e a 24 mesi.

Tra gli outcome considerati vi erano la variazione, rispetto al basale, della DMO areale a livello della colonna lombare, la variazione rispetto al basale della DMO volumetrica a livello della colonna lombare, nonché la variazione percentuale della robustezza ossea a livello della colonna lombare mediante QCT e analisi degli elementi finiti.

Risultati principali
Su 90 partecipanti allo sottostudio, 49 donne erano state randomizzate a trattamento con romosozumab e 41 ad alendronato durante lo studio ARCH.
Le partecipanti del gruppo romosozumab hanno sperimentato un guadagno di DMO bidimensionale del 7,8% maggiore a 6 mesi e del 10,3% maggiore a 12 rispetto ad alendronato (p<0,001 per entrambi).

La differenza si è mantenuta anche durante la fase in aperto dello studio che prevedeva il trattamento con alendronato: il gruppo romosozumab (alla randomizzazione) ha mostrato, a 18 e a 24 mesi, guadagni di DMO bidimensionale del 9,6% maggiori rispetto ad alendronato (p<0,01 per entrambi).

Romosozumab è risultato associato ad un guadagno del 12% maggiore di BMD volumetrica a 6 mesi e del 14,6% maggiore a 12 mesi rispetto ad alendronato.

A 24 mesi, il gruppo romosozumab ha sperimentato un guadagno del 13,5% maggiore della BMD volumetrica integrale rispetto ad alendronato (p<0,001 per tutti).

Le donne che avevano assunto romosozumab hanno mostrato un guadagno superiore dell’8,9% della DMO volumetrica corticale e un guadagno superiore del 16,9% della DMO volumetrica trabecolare a 6 mesi rispetto ad alendronato.

I guadagni densitometrici si sono mantenuti sia a 12 che a 24 mesi (<0,001 per tutti).

Le partecipanti che erano state trattate con romosozumab hanno mostrato anche un guadagno di contenuto minerale osseo assoluto di entità maggiore rispetto a quanto osservato con aledronato.

La maggior parte di osso neoformato si era depositata nella zona corticale rispetto all’osso trabecolare.

Da ultimo, dopo valutazione della robustezza ossea a livello della colonna lombare mediante analisi degli elementi finiti, è emerso che il gruppo romosozumab mostrati gli incrementi di entità maggiore di robustezza ossea integrale, corticale e trabecolare in tutti i timepoint previsti dal protocollo del trial, rispetto ad alendronato.

A 24 e a 36 mesi, nessuna partecipante del gruppo romosozumab presentava conferma di frattura vertebrale, mentre due partecipanti del gruppo alendronato hanno avuto conferma di frattura vertebrale a 24 mesi e altre due a 36 mesi.

In conclusione, romosozumab è in grado di migliorare rapidamente la densità minerale ossea, il contenuto minerale osseo e la robustezza vertebrale, suggerendo un possibile impiego nelle pazienti a rischio molto elevato di frattura.

Inoltre, i risultati di questo sottostudio suffragano alcune linee guida recenti che raccomandano l’impiego di romosozumab come terapia di prima linea nelle pazienti a rischio di frattura molto elevato. Degna di nota è anche l’osservazione secondo la quale la terapia con romosozumab, somministrata per un anno, andrebbe fatta seguire comunque da trattamento anti-riassorbitivo al fine di preservare i guadagni di DMO ottenuti in terapia con romosozumab; è stato osservato, inoltre, che la sospensione del trattamento con romosozumab, in assenza di trattamento con follow-up, comporta la perdita dei benefici acquisiti sulla DMO.

A questo punto, concludono, i ricercatori, sarà opportuno che i risultati ottenuti siano confermati in popolazioni di pazienti meglio dimensionate, utilizzando l’incidenza di fratture come endpoint.

Bibliografia
Brown JP et al. Romosozumab Improves Lumbar Spine Bone Mass and Bone Strength Parameters Relative to Alendronate in Postmenopausal Women: Results From the ARCH Trial. JBME 2021. Leggi