Linfoma non-Hodgkin: long Covid un problema in più


Linfoma non-Hodgkin, alta incidenza di long Covid tra i pazienti ricoverati per l’infezione secondo i risultati di un nuovo studio

Linfoma di Hodgkin: il beneficio di sopravvivenza libera da progressione di brentuximab-vedotin in prima linea confermato anche a 5 anni

I pazienti con linfoma non-Hodgkin a cellule B che vengono ospedalizzati per Covid-19 sono ad alto rischio di andare incontro a un decorso clinico prolungato. Lo evidenziano i risultati di un nuovo studio multicentrico osservazionale retrospettivo, presentati al meeting annuale della European Hematology Association (EHA).

Infatti, quasi un terzo degli 111 pazienti arruolati nello studio ha sviluppato una malattia con un decorso più lungo e un maggior rischio di mortalità.

«Si è visto che nei pazienti con linfoma non-Hodgkin a cellule B e Covid-19 si è avuta un’alta incidenza di ospedalizzazione prolungata a causa dell’infezione da SARS-CoV-2», ha affermato Caroline Besson, del Centre Hospitalier de Versailles, Le Chesnay, Université Versailles Saint-Quentin en Yvelines, presentando i risultati.

«C’è bisogno di linee guida per gestire i pazienti con linfoma durante la pandemia di Covid-19, soprattutto riguardo alla deplezione delle cellule B e alla terapia di mantenimento con farmaci anti-CD20», ha detto l’autrice.

L’infezione persistente di SARS-CoV-2, a volte indicata come long Covid, sta emergendo come una condizione clinica preoccupante tra alcuni gruppi di pazienti, tra cui quelli immunocompromessi.

I pazienti con linfoma che vengono sottoposti a un trattamento immunoterapico che determina una deplezione delle cellule B possono essere particolarmente vulnerabili all’infezione da SARS-CoV-2, per via della compromissione della risposta immunitaria e del possibile sviluppo di aplasia delle cellule B, ha osservato Besson.

I risultati dello studio evidenziano in modo importante la questione della Covid-19 prolungata, ha aggiunto John Charles Riches, del Center for Haemato-Oncology del Barts Cancer Institute di Londra, commentando i dati. «Penso che questi risultati siano significativi. Ci sono state alcune segnalazioni di casi di trattamento con farmaci anti-CD20 associati a Covid prolungata, ma finora non c’era stato nessuno studio grande come questo», ha dichiarato l’esperto.

Ricoveri di oltre un mese
Al fine di valutare l’incidenza e gli esiti della sindrome da Covid-19 prolungata tra i pazienti con linfoma, gli sperimentatori hanno valutato i dati di pazienti adulti con diagnosi di linfoma che nel marzo e nell’aprile 2020 erano stati ospedalizzati per Covid-19 in 16 ospedali francesi.

Ai fini dello studio, è stata definita come Covid-19 persistente la presenza di sintomi continui e gravi di Covid-19 che hanno richiesto una degenza ospedaliera maggiore di 30 giorni o che, dopo un miglioramento iniziale, hanno richiesto ricoveri ripetuti, con una durata complessiva della degenza ospedaliera di oltre 30 giorni.

Dei 111 pazienti inclusi nella ricerca, 24 sono deceduti entro 30 giorni dal ricovero, mentre 55 sono guariti dal Covid-19 e sono stati dimessi dall’ospedale.

L’incidenza di Covid-19 persistente è risultata del 29% (32 pazienti su 111) con 31 pazienti rimasti in ospedale oltre 30 giorni e un paziente ri-ospedalizzato a causa di una recidiva di Covid-19.

«A livello mondiale, la durata mediana della permanenza in ospedale per Covid-19 è indicata da 5 a 20 giorni, a seconda della necessità o meno di cure intensive», ha detto la Besson commentando i risultati. «Globalmente, per i pazienti ospedalizzati tra l’1 marzo e il 15 giugno 2020, la degenza media è stata di 11 giorni».

Con un follow-up mediano di 191 giorni (range: 3-260), il tasso di sopravvivenza globale a 6 mesi per l’intera coorte è stato del 69%, mentre 9 pazienti (il 27%) sono morti dopo la Covid-19 persistente.

Tra i pazienti che hanno sviluppato una long Covid-19, la durata mediana della permanenza in ospedale è stata di 58 giorni (range: 31-235) e la durata mediana dei sintomi attribuiti alla Covid-19 di 83 giorni. L’età mediana di questo gruppo era di 64 anni (range: 43-87) e la maggioranza dei pazienti (63%) erano uomini.

Tra i pazienti andati incontro a una Covid-19 prolungata, il 69% aveva almeno una comorbilità significativa, rispetto al 58% di quelli che non hanno sviluppato una malattia prolungata.

Inoltre, in un’ analisi multivariata, i fattori associati all’ospedalizzazione prolungata sono risultati l’età avanzata (70 anni o più; HR 2,34; P = 0,004), un linfoma recidivato o refrattario (HR 3,12; P = 0,028), una terapia con anticorpi monoclonali anti-CD20 nei 12 mesi precedenti (HR 2,26; P < 0,001) e una o più comorbilità (HR 1,50; P = 0,109).

Gli stessi fattori sono risultati anche significativamente associati a una minore probabilità di sopravvivenza globale, con un rischio di morte eccezionalmente più alto per i pazienti di età pari a 70 anni o superiore (HR 4,73; P < 0,001). Il rischio è risultato maggiore anche per i pazienti con linfoma recidivato/refrattario (HR 3,34; P=0,002), quelli sottoposti a una terapia anti-CD20 (HR 2,17; P=0,039), e quelli con una o più comorbilità (HR, 2,50; P trend = 0,064).

Sebbene il 57% di tutti i pazienti dello studio avesse ricevuto una terapia che causa deplezione delle cellule B nell’anno precedente, tra coloro andati incontro a Covid-19 prolungata il tasso è risultato dell’81% contro il 40% nel gruppo con Covid-19 non così prolungata.

È importante notare che nessuno dei pazienti con linfoma a cellule T (8) o linfoma di Hodgkin classico (8) ha sviluppato long Covid-19.

«Effettivamente, questo è un altro argomento forte a favore del fatto che la deplezione delle cellule B è un fattore di rischio importante per l’ospedalizzazione prolungata nei pazienti con Covid-19», ha detto la Besson.

Un meccanismo chiave alla base del rischio di Covid-19 prolungata in quei pazienti potrebbe essere una «memoria immunologica disfunzionale che può compromettere la protezione contro la reinfezione e la risposta vaccinale anti-SARS-CoV-2», ha detto la Besson, aggiungendo che questo aspetto dovrebbe essere ulteriormente esplorato».

Nessun ruolo per l’obesità
Una scoperta sorprendente della ricerca ha riguardato l’obesità. Infatti, mentre è stato visto che l’obesità rappresenta un fattore di rischio importante nell’evoluzione della gravità del Covid-19 ed è stato recentemente segnalato che aumenta anche il rischio di Covid-19 prolungato, in questo studio, al contrario, l’obesità non è sembrata aumentarne il rischio.

«L’obesità, l’ipogammaglobulinemia o la linfopenia non sono risultate significativamente associate a un esito peggiore» ha affermato l’autrice.

«Per quanto riguarda l’obesità, questo è probabilmente dovuto al fatto che i pazienti con linfoma recidivato/refrattario spesso perdono peso», ha detto la Besson, aggiungendo che, invece, per quanto riguarda l’ipogammaglobulinemia o la linfopenia, la ricerca potrebbe non aver avuto la potenza statistica sufficiente per mostrare associazioni significative con questi fattori.

Bilanciare i benefici del trattamento con il rischio Covid
L’aspetto più difficile è affrontare, ha sottolineato l’ematologa, è quello di far fronte al maggior rischio di ammalarsi di Covid-19 associato alle terapie anti-CD20 senza compromettere il trattamento del linfoma.

«Nel contesto di un’ondata di casi di Covid-19, potrebbe essere più sicuro proseguire con il mantenimento con la deplezione delle cellule B nei pazienti in remissione completa dal linfoma», ha detto l’ematologa.

«In ogni caso, i pazienti che ricevono queste terapie dovrebbero ricevere informazioni supplementari su come prevenire l’infezione e tutti i loro congiunti oltre al team medico dovrebbero essere vaccinati», ha concluso la Besson.

Il rovescio della medaglia
Riches ha anche sottolineato che «è ragionevole che la deplezione del sistema immunitario umorale abbia un effetto sui pazienti con Covid-19 che hanno alcuni tipi di linfoma a cellule B, e anche un deficit del sistema immunitario legato al linfoma».

Inoltre, ha aggiunto l’esperto, «Il rovescio della medaglia è che diversi studi hanno mostrato qualche beneficio del plasma dei pazienti convalescenti dalla Covid-19, suggerendo che anche gli anticorpi sono importanti».

Riches ha convenuto che di fronte alle preoccupazioni legate al rischio correlato ai trattamenti anti-CD20, non è facile fare la scelta giusta.

«Sarebbe ragionevole evitare una terapia anti-CD20 quando i tassi di Covid-19 sono alti e il beneficio della terapia anti-CD20 è minimo, per esempio con rituximab come mantenimento per il linfoma follicolare», ha concluso lo specialista.

Bibliografia 
R. Duléry, et al. High incidence of prolonged Covid-19 among patients with lymphoma treated with B-cell depleting immunotherapy. EHA 2021; abstract S215. Link