Mieloma multiplo: nuovi dati su daratumumab


Mieloma multiplo di nuova diagnosi: il mantenimento con daratumumab prolunga le risposte dopo trapianto e induzione/consolidamento standard

Mieloma multiplo: bene belantamab con bortezomib

Nei pazienti con mieloma multiplo di nuova diagnosi la terapia di mantenimento con daratumumab ha prodotto un aumento della risposta dopo il trapianto autologo di cellule staminali (ASCT) più la terapia di induzione e consolidamento con bortezomib, talidomide e desametasone (regime VTd). Sono i risultati della seconda parte dello studio randomizzato in aperto di fase 3 CASSIOPEIA (NCT02541383), presentati al recente congresso della European Hematology Association (EHA).

Nella prima parte della ricerca, nei pazienti con mieloma multiplo idonei al trapianto (1085 pazienti) erano state confrontate la combinazione di daratumumab più VTd (dara-VTd) rispetto alla sola tripletta VTd come consolidamento/induzione in questa popolazione di pazienti. Tali risultati hanno portato all’approvazione della combinazione dara-VTd per questa indicazione.

Nell’analisi attuale, gli autori hanno valutato l’aggiunta di daratumumab come trattamento di mantenimento rispetto all’osservazione nei pazienti che avevano ottenuto una risposta parziale (PR) o migliore alla terapia ricevuta nella prima parte dello studio, indipendentemente dal braccio di terapia.

«La seconda parte dello studio CASSIOPEIA, che prevedeva di valutare la terapia di mantenimento con daratumumab rispetto all’osservazione, ha raggiunto il suo endpoint primario, mostrando una riduzione del 47% del rischio di progressione della malattia o di morte», ha dichiarato Philip Moreau, responsabile del Dipartimento di ematologia e dell’Unità studi di fase 1/2 in ematologia clinica presso l’Ospedale universitario di Nantes, durante la presentazione dei dati.

«Nei pazienti che hanno ricevuto VTd nella prima parte dello studio, daratumumab ha anche migliorato la sopravvivenza libera da progressione e la profondità della risposta» ha riferito il Professore.

Moreau ha sottolineato che quando CASSIOPEIA è partito non c’erano uno standard di cura approvato o consolidato per la terapia di mantenimento. Tuttavia, le attuali linee guida di trattamento raccomandano l’uso del mantenimento al fine di prolungare la risposta alla terapia iniziale.

Lo studio CASSIOPEIA
Dopo il raggiungimento della PR, i pazienti sono stati assegnati alla terapia di mantenimento con daratumumab 16 mg/kg ogni 8 settimane fino alla progressione per un massimo di 2 anni oppure al proseguimento dei controlli senza assunzione di ulteriori terapie (osservazione). I fattori di stratificazione includevano il trattamento di induzione con VTd o dara-VTd e la profondità della risposta.

L’endpoint primario della ricerca era la sopravvivenza libera da progressione (PFS) dopo la seconda randomizzazione, con 281 eventi valutati nell’analisi ad interim con un limite di efficacia di P < 0,0166. Sono state valutate anche le interazioni tra la terapia iniziale e quella di mantenimento.

Gli endpoint secondari chiave includevano il tempo alla progressione (TTP) dopo la seconda randomizzazione, il tasso di risposta completa (CR) o migliore, il tasso di negatività della malattia minima residua (MRD) e la sopravvivenza globale (OS).

Inoltre, sono stati eseguiti gli aggiornamenti di PFS, OS e il tempo alla PFS durante la terapia di seconda linea (PFS2).

Maggioranza dei pazienti con citogenetica ad alto rsichio
In totale, 886 pazienti sono stati sottoposti a randomizzazione: 442 sono stati assegnati al braccio trattato con daratumumab e 444 al braccio sottoposto alla sola osservazione. Le caratteristiche dei pazienti erano ben bilanciate nei due bracci. L’età mediana dei pazienti era di 59 anni, con una maggioranza di uomini (59,0% nel braccio assegnato al trattamento con daratumumab contro 57,2% nel braccio di controllo).

La maggior parte dei pazienti aveva un performance status ECOG pari a 0 (57,0% e 58,6%, rispettivamente) o 1 (39,4% contro 38,7%) e uno stadio della malattia secondo l’International Staging System pari a I (42,8% contro 38,5%) o II (41,0% contro 48,2%).

Inoltre, la maggior parte dei pazienti in entrambi i bracci aveva una citogenetica ad alto rischio (87,0% nel braccio trattato con daratumumab e 84,2% nel braccio di controllo).

Circa tre quarti dei pazienti di entrambi i bracci (76,2% e 75,9%, rispettivamente) avevano ottenuto almeno una PR molto buona (VGPR) e raggiunto la negatività dell’MRD.

Mediana di PFS non ancora raggiunta con daratumumab
A un follow-up mediano di 35,4 mesi, la PFS mediana è risultata non ancora raggiunta nei pazienti che hanno ricevuto il mantenimento con daratumumab, mentre è risultata di 46,7 mesi per quelli sottoposti alla sola osservazione (HR 0,53; IC al 95% 0,42-0,69; P < 0,0001).

«Il beneficio in termini di PFS [offerto dal mantenimento con daratumumab, ndr] rispetto alla sola osservazione è stato riscontrato anche in tutti i sottogruppi prespecificati, tranne quelli che nella prima parte erano stati sottoposti al consolidamento con dara-VTd nella prima parte», ha riferito l’autore. «Per valutare il beneficio che i pazienti possono ottenere dopo il trattamento iniziale con dara-VTd è necessario un follow-up più lungo».

Daratumumab è risultato anche associato a benefici significativi in termini di TTP (HR 0,49; IC al 95% 0,38-0,62; P < 0,0001) e a una tendenza a miglioramento della PFS2 (HR 0,62; IC al 95% 0,40-0,96; P = 0,0298).

Inoltre, rispetto al gruppo di controllo, nel gruppo trattato con daratumumab si sono registrati tassi più alti di CR o migliore (72,9% contro 60,8%; OR 2,17; IC al 95% 1,54-3,07; P < 0,0001) e di negatività della MRD (58,6% contro 47,1%; P = 0,0001).

Infine, i dati relativi all’OS non erano maturi al momento dell’analisi.

Profilo di sicurezza di daratumumab gestibile
Quanto al profilo di sicurezza di daratumumab, è risultato gestibile e solo il 3% dei pazienti ha interrotto il trattamento a causa di eventi avversi.

Circa la metà dei pazienti (54,5%) ha sviluppato una reazione legata all’infusione, per lo più di grado 1 o 2.

Inoltre, nel 5,5% dei pazienti trattati con daratumumab e nel 2,7% in quelli in osservazione si sono sviluppati secondi tumori maligni primari.

Pazienti trattati inzialmente con dara-VTd o VTd
Mentre nei pazienti che erano stati inizialmente trattati con dara-VTd la PFS non sia risultata significativamente diversa nei due bracci, nei pazienti trattati prima con VTd si è osservato un beneficio significativo con il mantenimento attivo rispetto alla sola osservazione (HR 0,32; IC al 95% 0,23-0,46; P < 0,0001).

«Allo stesso modo, daratumumab ha migliorato i tassi di CR o migliore e di MRD-negatività rispetto all’osservazione nei pazienti che hanno ricevuto VTd per il trattamento di induzione, mentre questi outcome sono simili nei due bracci nel caso dei pazienti sottoposti all’induzione e al consolidamento con dara-VTd, dunque indipendentemente dalla terapia di mantenimento» ha spiegato Moreau. «I tassi di risposta profonda più alti sono stati osservati nei pazienti che hanno ricevuto l’induzione/consolidamento con dara-VTd nella prima parte dello studio seguita dal mantenimento con daratumumab nella seconda parte».

Dati aggiornati della prima parte dello studio
I dati aggiornati della prima parte dello studio hanno mostrato che nei pazienti che trattati con dara-VTd la PFS mediana non è stata ancora raggiunta dopo 44,5 mesi di follow-up, mentre è risultata di 51,5 mesi nei pazienti trattati con VTd (HR 0,58; IC al 95% 0,47-0,72; P < 0,0001).

Anche se la OS mediana non è ancora stata raggiunta in entrambi i bracci, le analisi hanno evidenziato con dara-VTd una riduzione del il rischio di morte del 42% rispetto alla sola tripletta VTd, confermando il suo valore come regime di induzione e consolidamento in questo setting (HR 0,54; IC al 95% 0,37-0,79).

Nei pazienti che non sono stati sottoposti a una seconda randomizzazione, i risultati di PFS mediana sono stati scadenti in entrambi i bracci (30,7 mesi con dara-VTd contro 25,4 mesi con la tripletta VTd).

Tra i pazienti che non sono stati ri-randomizzati si è osservato un andamento simile anche per la PFS2, sebbene i dati fossero ancora immaturi al momento dell’analisi.

«Resta ancora da definire quale sia regime di mantenimento contenente daratumumab ottimale», ha detto, infine, Moreau. «Siamo in attesa dei risultati di studi in corso quali GRIFFIN, PERSUES e AURIGA, che forniranno ulteriori informazioni sul ruolo di daratumumab nel setting di mantenimento».

Bibliografia
P. Moreau P, et al. Daratumumab maintenance vs observation in patients with newly diagnosed multiple myeloma treated with bortezomib, thalidomide, and dexamethasone ± daratumumab and asct: CASSIOPEIA part 2 results. EHA; abstract S180. Link