Linfoma di Hodgkin: brentuximab-vedotin efficace a 5 anni


Linfoma di Hodgkin: il beneficio di sopravvivenza libera da progressione di brentuximab-vedotin in prima linea confermato anche a 5 anni

Linfoma di Hodgkin: il beneficio di sopravvivenza libera da progressione di brentuximab-vedotin in prima linea confermato anche a 5 anni

Nei pazienti con linfoma di Hodgkin classico in stadio avanzato (III/IV) al primo trattamento, la combinazione del coniugato anticorpo-farmaco (ADC) brentuximab vedotin con la tripletta chemioterapica standard AVD (adriamicina, vinblastina, dacarbazina) (regime A + AVD) conferma di offrire un beneficio robusto e duraturo di sopravvivenza libera da progressione (PFS), che si mantiene fino a 5 anni, indipendentemente da stadio della malattia, punteggio dei fattori di rischio e risultato della PET ad interim (PET2), che viene effettuata dopo il secondo ciclo di terapia, ed età del paziente.

Lo evidenzia un aggiornamento dei dati dello studio di fase 3 ECHELON-1, con un follow-up mediano di 60,9 mesi, presentati al congresso della European Hematology Association (EHA) da Martin Hutchings, del Dipartimento di Ematologia del Rigshospitalet dell’Università di Copenhagen.

Sebbene la maggior parte dei pazienti con linfoma di Hodgkin classico di nuova diagnosi in stadio avanzato risponda al trattamento di prima linea con la chemioterapia standard, circa il 30% successivamente diventerà refrattario o ricadrà. «Tipicamente, quasi tutte le recidive in questi pazienti si verificano entro i primi 5 anni» ha ricordato Hutchings .

«Dal momento che la maggior parte delle recidive nel linfoma di Hodgkin classico si verifica entro i primi 5 anni dal trattamento di prima linea, questi dati a lungo termine di PFS suggeriscono che nel braccio trattato con il regime A + AVD un maggior numero di pazienti potrebbe aver raggiunto una remissione a lungo termine della malattia rispetto al braccio ABVD. Pertanto il regime A + AVD dovrebbe essere considerato un’opzione terapeutica di scelta per tutti i pazienti con linfoma di Hodgkin classico in stadio III/IV non trattati in precedenza» ha affermato Hutchings.

Lo studio ECHELON-1
Lo studio ECHELON-1 (NCT01712490), pubblicato nel 2018 sul New England Journal of Medicine, è un trial multicentrico internazionale, randomizzato, in aperto, che ha coinvolto 1334 pazienti con linfoma di Hodgkin classico di nuova diagnosi, assegnati in rapporto 1:1 a un trattamento con un massimo di 6 cicli di 28 giorni ciascuno con il regime A + AVD (664 pazienti) oppure con il regime chemioterapico standard ABVD (adriamicina, bleomicina, vinblastina, dacarbazina) (670 pazienti) somministrati per via endovenosa nei giorni 1 e 15 di ogni ciclo.

«Dopo due cicli i pazienti venivano sottoposti a una PET e in caso di non risposta al trattamento potevano lasciare lo studio, cosa che fortunatamente si è verificata di rado» ha detto l’autore.

L’analisi primaria dello studio ha dimostrato che il trattamento con brentuximab vedotin più la tripletta AVD ha migliorato in modo significativo la PFS (l’endpoint primario del trial) rispetto al regime standard ABVD nella popolazione analizzata. Il tasso di PFS a 2 anni è risultato, infatti, dell’82,1% nel braccio trattato con brentuximab vedotin e 77,2% nel braccio di confronto, con una riduzione del 23% del rischio di progressione della malattia o decesso nei pazienti trattati con l’ADC più la tripletta chemioterapica (HR 0,77; IC al 95% 0,60-0,98; P = 0,03).

Il beneficio del regime A + AVD osservato nell’analisi primaria nella popolazione Intention-To-Treat (ITT) si è mantenuto anche nell’analisi dei dati a 3 anni, con una PFS dell’83,1% nel braccio sperimentale contro 76% nel braccio trattato con la chemioterapia ABVD (HR 0,70; IC al 95% 0,55-0,90; P = 0,005); inoltre, il vantaggio del regime contenente brentuximab vedotin è apparso indipendente dal risultato della PET2, dallo stadio della malattia e dall’International Prognostic Index al basale.

Una successiva analisi a 4 anni, presentata al congresso EHA dello scorso anno, ha evidenziato una PFS dell’84,5% con il regime A + AVD contro 78,9% con il regime standard nel sottogruppo dei pazienti con PET2 negativa e, rispettivamente, del 59,8% contro 44,5% in quello dei pazienti con PET2 positiva.

Tasso di PFS superiore con brentuximab anche dopo 5 anni
Al congresso europeo Hutchings e i colleghi hanno riportato i dati aggiornati a 5 anni di PFS e quelli relativi alla sicurezza, questi ultimi incentrati in particolare sulla neuropatia periferica, sulle neoplasie secondarie e sulla fertilità.

Nel braccio trattato con brentuximab vedotin, ha riferito Hutchings, la PFS stimata a 5 anni significativamente superiore rispetto al braccio trattato con il regime ABVD: 82,2%, contro 75,3%; inoltre, nei pazienti trattati con l’ADC più la tripletta chemioterapica si è registrata una riduzione del 32% del rischio di progressione o decesso rispetto ai pazienti assegnati alla chemioterapia standard (HR 0,681; IC al 95%; 0,543-0,867; P = 0,002).

La sopravvivenza globale (OS) è un endpoint secondario del trial, ma finora, ha detto l’autore, non è ancora stato raggiunto il numero di decessi sufficiente per eseguire l’analisi di questo dato.

Beneficio di brentuximab indipendente stato della PET2, stadio della malattia e fattori di rischio
Le analisi esplorative dei sottogruppi hanno evidenziato che il beneficio di PFS del regime contenente brentuximab si osserva a prescindere dal risultato della PET2. Infatti, la PFS stimata a 5 anni nella popolazione ITT è risultata dell’84,9% con il regime A + AVD contro 78,9% con il regime ABVD nei pazienti con PET2 negativa (HR 0,663; IC al 95% 0,502-0,876; P = 0,004) e, rispettivamente, 60,6% contro 45,9% nei pazienti con PET2 positiva (HR 0,702; IC al 95% 0,393-1,255; P = 0,229).

Il vantaggio di PFS associato alla combinazione A + AVD rispetto al regime ABVD si è dimostrato indipendente anche dallo stadio della malattia al momento dell’arruolamento. «Un vantaggio statisticamente significativo di PFS del regime A + AVD rispetto al regime ABVD si è visto sia nei pazienti con malattia in stadio III sia nei pazienti con malattia in stadio IV al momento dell’arruolamento e questo dato è in contrasto con quanto osservato nell’analisi precedente della PFS dopo 2 anni di follow-up, in base alla quale il beneficio era chiaramente evidente nei pazienti con malattia in stadio IV» ha specificato Hustings.

Il miglioramento robusto e duraturo della PFS associato al regime con brentuximab vedotin rispetto al regime ABVD è risultato indipendente alche dallo score dei fattori di rischio in base all’IPS, numero delle sedi extranodali, performance status ECOG e sesso dei pazienti.

In più, il beneficio offerto dal regime con brentuximab rispetto al regime standard si è riscontrato indipendentemente dallo stato della PET2 anche a prescindere dall’età dei pazienti. Difatti, nel sottogruppo di pazienti al di sotto dei 60 anni, la PFS a 5 anni è risultata rispettivamente dell’86,6% contro 81,5% nei pazienti PET2-negativi (HR 0,675; IC al 95% 0,492-0,927; P = 0,014) e, rispettivamente, del 63,1% contro 49,3% nei pazienti PET2-positivi (HR 0,702; IC al 95% 0,370-1,331; P = 0,274). Nel sottogruppo di età pari a 60 anni o superiore, invece, la PFS a 5 anni è risultata rispettivamente del 71,9% contro 64,9% nei pazienti PET2-negativi (HR 0,720; IC al 95% 0,401-1,292; P = 0,268) e, rispettivamente, del 40% contro 25% nei pazienti PET2-positivi (HR 0,923; IC al 95% 0,229-3,715; P = 0,910).

Profilo di sicurezza gestibile
Riguardo al profilo di sicurezza, un evento avverso di particolare interesse nello studio ECHELON-1 è risultato la neuropatia periferica, un evento avverso ben conosciuto di brentuximab vedotin. «Ci aspettavamo quindi che quest’evento avverso mostrasse un’incidenza maggiore nel braccio sperimentale» ha detto Hutchings. I pazienti che al termine del trattamento avevano una neuropatia periferica sono stati quindi seguiti per valutare se il problema si risolvesse o migliorasse durante il periodo di follow-up successivo.

Nell’analisi primaria, la neuropatia periferica aveva mostrato un’incidenza del 67% nel braccio trattato con il regime A + AVD e 43% nel braccio trattato con il regime ABVD.

«Dopo 5 anni, la maggior parte dei casi di neuropatia periferica si era risolta completamente o era migliorata in entrambi i bracci» ha riferito il Professore.

Dopo 5 anni di follow-up, dei pazienti che avevano sviluppato una neuropatia periferica, quelli che hanno ottenuto una risoluzione completa o un miglioramento dei sintomi sono stati l’84% nel braccio assegnato a brentuximab vedotin più AVD e l’85% nel braccio assegnato al regime standard, rispettivamente.

Il tempo mediano di risoluzione completa degli episodi di neuropatia periferica presenti alla fine del trattamento è risultato di 34 settimane (range: 0-262) nel braccio sperimentale e 16 settimane (range 0–267) nel braccio di confronto, mentre il tempo mediano di miglioramento è risultato rispettivamente di 49 settimane (range: 8-270) e 12 settimane (range: 2-70).

«La maggior parte dei casi di neuropatia periferica in corso sono stati fortunatamente di gravità lieve o moderata» ha detto Hutchings. Infatti, la gravità massima della neuropatia in corso nel braccio A + AVD è stata il grado 1 nel 17% dei pazienti, il grado 2 nel 9%, il grado 3 nel 3% e il grado 4 nello 0,2% (totale 29%). Nel braccio ABVD, i pazienti con neuropatia periferica ancora presente sono risultati il 21%, di cui il 14% con neuropatia periferica di grado 1, il 6% di grado 2 e l’1% di grado 3.

Neoplasie secondarie si sono sviluppate in 48 pazienti, di cui 19 nel braccio trattato con A+AVD (9 tumori ematologici e 10 tumori solidi) e 29 nel braccio trattato con ABVD (15 tumori ematologici e 10 tumori solidi).

Dati positivi anche per quanto riguarda l’impatto della terapia sulla gravidanza. In totale sono state riportate 127 nascite nelle pazienti donne o nelle partner di pazienti di sesso maschile e nei due bracci si sono registrate percentuali simili di gravidanze in corso o nascite nelle pazienti donne (87% e 75%, rispettivamente). «Non vi è stato nessun impatto  osservabile del trattamento in studio sulle gravidanze o sulle nascite» ha commentato l’autore.

In conclusione
«Dopo 5 anni di follow-up, il regime A + AVD continuati a dimostrare miglioramenti robusti e duraturi della PFS rispetto al regime ABVD, indipendenti dallo stadio della malattia, dal punteggio dei fattori di rischio prognostico e dallo stato della PET2. Inoltre, rispetto al regime ABVD, non si è reso necessario l’aggiustamento terapeutico in base al risultato della PET2 e si evita l’esposizione alla bleomicina», ha sottolineato Hutchings.

«Il beneficio prolungato di PFS con A + AVD si è associato a un profilo di sicurezza a lungo termine gestibile, nel quale i sintomi della neuropatia periferica sono migliorati o si sono risolti nel tempo, a suggerire che il regime A + AVD dovrebbe essere considerata un’opzione di scelta per tutti i pazienti con linfoma di Hodgkin classico in stadio III o IV, non trattati in precedenza», ha concluso l’autore.

Fonte
Hutchings M, et al. Brentuximab Vedotin with Chemotherapy for Patients with Previously Untreated, Stage III or IV Classical Hodgkin Lymphoma: A 5-Year Update of the Phase 3 ECHELON-1 STUDY (NCT01712490). EHA 2021; abstract S205. Link