Covid: esperti a confronto sul fenotipo endocrino


La pandemia ha determinato effetti anche sull’apparato endocrino, tali da far formulare agli esperti la tesi di un fenotipo endocrino

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La recente pandemia ha determinato effetti anche sull’apparato endocrino, tali da far formulare agli esperti la tesi di un ‘fenotipo endocrino’. Proprio il Covid-19 è il tema attorno a cuiha  ruotato il CUEM 2021 online.

“Abbiamo iniziato a pensare subito a un fenotipo endocrino quando abbiamo ipotizzato su BMJ che la Vitamina D e la sua carenza fossero coinvolte coinvolte nell’aumento della suscettibilità all’infezione e nei suoi esiti negativi nel nostro Paese. L’ipotesi si basava sul ruolo importante di questo ormone nel funzionamento del sistema immunitario e sul fatto che i pazienti ospedalizzati mostravano molto bassi livelli di vitamina D in parte perché nei Paesi mediterranei come Italia e Spagna questa carenza è endemica nella popolazione anziana e in quella che vive nelle RSA” spiega il Professor Andrea Giustina, Co-Presidente del CUEM e Professor of Endocrinology Head, Institute of Endocrine and Metabolic Sciences San Raffaele Vita-Salute University and IRCCS Hospital.

“Nonostante l’origine della pandemia sia in Cina, Italia e Spagna sono infatti state rapidamente coinvolti e hanno pagato il tributo più alto in termini di decessi (circa il 4% dei decessi da Covid a livello mondiale, fonte Gimbe, marzo 2021). Oltre all’interessamento polmonare, caratteristico del virus, sono state notate alterazioni dirette o indirette di organi, tessuti e molecole endocrine”. L’osservazione ha portato ad una revisione narrativa appena pubblicata su Endocrine che è stata al centro del Congresso online (link).

La prima evidenza è che la maggior parte dei decessi si è verificata negli over 70, con la metà dei casi tra gli 80 e gli 89 anni.

La seconda è che gli uomini hanno pagato il tributo maggiore: erano a più alto rischio e se infettati, mostravano una maggiore gravità dei sintomi e peggiore outcome.

La terza: il diabete mellito si è manifestato come una delle comorbilità più frequenti e questa relazione si è rivelata bidirezionale. Chi aveva già il diabete era a maggior rischio di ricovero e coinvolgimento polmonare più severo e chi non lo aveva prima di ammalarsi di Covid-19, lo sviluppava durante la malattia. Da notare inoltre che una glicemia cronicamente elevata ha effetti negativi sul sistema immune e si associa ad una infiammazione di basso grado che predispone ad una eccessiva reazione infiammatoria che peggiora i danni respiratori. Infine anche le cellule pancreatiche che esprimono il recettore ACE2, la ‘porta’ di ingresso del virus, possono essere bersaglio della malattia e quindi il SARS-CoV-2 può esercitare un ‘effetto diabetogeno’. Tanto che è stato realizzato CoviDIAB, un registro internazionale per raccogliere i casi.

Lo studio CORONADO invece ha scoperto che un mix di danno diabetico con retinopatia grave e danno renale era un predittore di mortalità precoce e ancor più interessante, che retinopatia e obesità erano direttamente correlato ad un rischio aumentato di intubazione. Ciò si spiega se pensiamo che la malattia oculare nel diabete deriva da un danno dell’endotelio dei vasi che si può supporre essere generalizzato e interessare anche l’albero respiratorio. Vasi sanguigni danneggiati portano infatti in maniera meno efficiente al polmone e agli organi nutrimento e ossigeno.

Allo stesso modo l’obesità ha aumentato la gravità dell’infezione, il rischio di ricovero, la necessità di cure intensive, l’intubazione e la mortalità. E, insieme al sovrappeso, un alto indice di massa corporea determina una resistenza all’assorbimento di Vitamina D che avrebbe invece un effetto protettivo nei confronti delle infezioni e delle infiammazioni sistemiche, migliora la risposta del sistema immunitario e protegge dall’osteoporosi e dalle fratture.

L’onda lunga dell’infezione ha interessato anche la salute delle ossa: in uno studio che ha valutato la presenza e l’impatto clinico delle fratture vertebrali in 114 pazienti Covid-19 trovandone nel 35% dei pazienti che non avevano mai ricevuto diagnosi di osteoporosi. Inoltre, il tasso di mortalità complessiva risultava raddoppiato nei soggetti con fratture vertebrali toraciche e più elevato in coloro che avevano una frattura grave rispetto a quelli con fratture lievi o moderate.

Ma una delle scoperte che hanno più allertato gli endocrinologi è stato rilevare una correlazione tra Covid-19 e bassi livelli di calcio “In uno studio monocentrico su oltre 500 pazienti, l’ipocalcemia è stata rilevata in tre quarti di essi, condizione che rappresenta un fattore di rischio indipendente per il ricovero in ospedale” ha dichiarato il Professor Ezio Ghigo, Co-Presidente del Congresso “Il calcio era già noto per svolgere un ruolo cruciale nel meccanismo d’azione dei virus avvolti come SARS-CoV-2, MERS e Ebola in quanto necessario per la loro replicazione”.

Una relazione del congresso è stata dedicata a gli effetti del Covid-19 sulla tiroide, l’infezione infatti sembra poter determinare danni diretti alla ghiandola che portano in alcuni casi ad una tiroidite subacuta con tireotossicosi in soggetti prima sani. Inoltre tiroiditi autoimmuni o casi di morbo di Graves possono essere scatenati dalla tempesta di citochine infiammatorie tipiche dell’infezione da SarsCoV2.

Gli esperti della European Society of Endocrinology hanno stilato un decalogo per la corretta gestione del fenotipo endocrino nella pandemia (Link)