Tumori: scarsa aderenza terapeutica con la pandemia


Tumori: un fenomeno preoccupante, quello dell’assenza o scarsa aderenza alle cure, che riguarda specialisti medici, caregiver e pazienti

Con l'emergenza Covid-19 sono crollate dell'11% le nuove diagnosi di tumori. Calano anche i trattamenti farmacologici (-13%) e gli interventi chirurgici (-18%)

La pandemia ha peggiorato la situazione circa l’aderenza ai trattamenti anti-cancro. Già prima del boom di contagi da Covid-19, il 50% delle pazienti a cui è stata prescritta una terapia endocrina non aveva mantenuto l’aderenza a cinque anni. A complicare la situazione c’è il fatto che circa 19.000  malati oncologici non sono stati trattati rispetto all’anno precedente. Un fenomeno preoccupante, quello dell’assenza o scarsa aderenza alle cure, e che merita maggiore attenzione da parte degli specialisti medici, caregiver oltre che dei pazienti. E’ quanto emerge dal webinar Aderenze alle terapie in Oncologia promosso e organizzato dalla Fondazione Insieme Contro il Cancro in collaborazione con CIAT (Comitato Italiano per l’Aderenza alla Terapia). All’evento partecipano rappresentati delle istituzioni, clinici, medici di medicina generale, infermieri e pazienti.

“Le terapie orali sono sempre più importanti e utilizzate per il trattamento di molte patologie oncologiche – afferma il prof. Francesco Cognetti, Presidente di Insieme Contro il Cancro -. Rappresentano circa un quarto delle molecole in fase di sviluppo e questa modalità d’assunzione presenta dei grandi vantaggi soprattutto in questo momento storico complesso contraddistinto dal Covid-19. Possono infatti ridurre gli accessi e i costi ospedalieri e impattare positivamente sulla qualità di vita di malati e caregiver. Al tempo stesso, l’assunzione autonoma di farmaci comporta delle criticità prima fra tutte la scarsa o non corretta aderenza. La tendenza rilevata è quella di non assumere regolarmente le terapie per sottovalutazione dei rischi o per paura degli effetti collaterali. E’ lo stesso fenomeno riscontrato nella metà dei pazienti cronici colpiti da malattie come diabete, ipertensione o ipercolesterolemia. Nella gestione del cancro questo può avere effetti molto gravi. Per esempio nel carcinoma della mammella se l’aderenza alla terapia endocrina adiuvante è inferiore all’80% aumenta il rischio di recidiva o scarsa sopravvivenza. E’ quindi evidente che bisogna alfabetizzare gli oltre 3 milioni di persone che nel nostro Paese vivono con una diagnosi di tumore”.

“Le terapie oncologiche orali oggi disponibili sono facili da assumere e mediamente risultano ben tollerate anche se a volte possono essere associate ad importanti effetti collaterali – prosegue il prof. Massimo Di Maio, Segretario Nazionale Associazione Italiana di Oncologia Medica AIOM -. L’aderenza alla terapia è non ottimale soprattutto quando si verificano effetti collaterali. L’aspetto prioritario sul quale dobbiamo intervenire è una corretta e precisa comunicazione con il paziente e una più attenta e tempestiva gestione delle tossicità legate alle cure. E’ fondamentale informare e preparare il malato sui comportamenti che deve adottare in caso di tossicità legate ai trattamenti. Per favorire l’aderenza alle terapie è poi necessaria una maggiore collaborazione tra le diverse figure professionali coinvolte: oncologi, farmacisti ed infermieri. Per esempio nell’ospedale dove lavoro, il Mauriziano di Torino, è attivo da un paio di anni un ambulatorio che vede la presenza fisica e simultanea di oncologi, farmacisti ed infermieri. Si tratta di un progetto pilota che ha portato a primi ed interessanti risultati”.

“Ogni anno in Italia oltre 188mila over 70 sono colpiti da una forma di cancro – conclude il dott. Roberto Messina, Presidente Senior Italia FederAnziani -. Il paziente oncologico è spesso anziano e polipatologico e deve prendere contemporaneamente diversi farmaci. Grande è quindi il pericolo di commettere errori di assunzione delle varie terapie o di avere una minore aderenza. Esistono poi problemi di possibili interazioni farmacologiche. Una più stretta collaborazione, tra i vari professionisti sanitari, deve diventare una consuetudine nell’interesse sia dei malati che dell’intero sistema sanitario nazionale”.