Terza dose vaccino Covid: l’esperto spiega quale è meglio


Vaccini Covid: in caso di terza dose, è meglio valutare quelli proteici anziché a mRna secondo gli esperti Antonio Cassone e Roberto Cauda

Due dosi di vaccino anti Covid hanno un buona protezione anche dalla variante Delta secondo i risultati di uno studio pubblicato su The Lancet

“Questa lettera è un’avvertenza. Vorremmo che i dati per la terza dose su qualsiasi vaccino fatto siano chiari e che la sperimentazione sia condotta. C’è ancora poca conoscenza di quel che può succedere con il ripetere della somministrazione, la terza, di un vaccino a Rna a breve distanza. E chiariamo subito un punto: non è affatto detto che si debba fare una terza dose in autunno“. Usa parole inequivocabili Antonio Cassone, membro dell’American Academy of Microbiology e già direttore del dipartimento di Malattie infettive dell’Iss, che insieme al professore ordinario della Cattolica, Roberto Cauda, ha pubblicato una lettera in cui mettono in guardia dalle terze dosi con i vaccini a Rna, sia a causa dell’alta reattogenicità dei sieri, sia poiché stanno arrivando i vaccini proteici che sono molto più tollerati.

“L’IMMUNITÀ DURA PIÙ DI QUANTO SI PENSASSE”

“I dati sull’immunità data dal vaccino – spiega Cassone interpellato dalla Dire – stanno arrivando e si sta già vedendo che questa durata non è così breve come si pensava: la risposta immunitaria tende a rimanere nelle persone che hanno fatto due dosi. C’è tuttavia un diffuso convincimento che si debba fare un richiamo per affrontare meglio le varianti, compresa la Delta. Ecco, se un richiamo va fatto – spiega Cassone – noi invitiamo da tempo a valutare alcune condizioni: i vaccini a Rna messaggero, sia Pfizer che Moderna, hanno avuto nei trials clinici per l’autorizzazione in emergenza, degli effetti sistemici, quali mal di testa, febbre e dolori, molto più frequenti dopo la seconda dose rispetto alla prima. Inoltre, c’è evidenza dalla letteratura scientifica che il vaccino a Rna è una molecola che in dosi ripetute tende ad avere una risposta infiammatoria sistemica di un certo peso“.

I RISCHI DI UN’INFIAMMAZIONE SISTEMICA

Per Cassone e Cauda, spiega la Dire (www.dire.it), la reattogenicità di un vaccino a Rna, così viene chiamata la risposta del corpo con effetti avversi dopo la somministrazione, potrebbe essere abbastanza alta da non giovare al soggetto o persino da comprometterne l’efficacia indotta dal vaccino stesso. “L’infiammazione sistemica indotta dagli effetti del vaccino può infatti compromettere l’efficacia data dal siero stesso – spiega Cassone – L’infiammazione sistemica colpisce diversi organi, alcuni di questi sono deputati alla risposta immunitaria, quindi la risposta che induciamo con il vaccino può non essere prodotta in modo adeguato. Se l’infiammazione prosegue, quelle stesse citochine che ci aiutano nella risposta immunitaria la deprimono. Quando si oltrepassa un certo livello di infiammazione post vaccino questo inficia la protezione, ed un dato è stato già visto nei prodotti a Rna. Tanto che le aziende che hanno lavorato sui vaccini a Rna hanno scelto la dose più piccola per l’autorizzazione nei trial”.

VACCINI PROTEICI PER LA TERZA DOSE

Cassone, che definisce il Sars-CoV-2 un ‘perfido coronato’, non mette in alcun dubbio la svolta impressa dai vaccini a Rna: “Avremmo avuto grossi guai senza questo vaccino, il siero a Rna ha avuto un grande, immenso merito. Ma se andiamo verso la terza o quarta iniezione dobbiamo accertarci che esse non amplifichino troppo gli effetti sistemici che sono riscontrati nel 50-60% della popolazione che ha ricevuto il farmaco. Quando faremo la terza dose – spiega ancora Cassone, che è stato tra i primi a lavorare sui virus pandemici H1N1 – dobbiamo essere certi che non andiamo oltre questi dati di accettabilità, quindi serve ancora fare sperimentazione. Intanto non è detto che serva fare questo terzo richiamo e, nel caso, valutiamo se farlo nuovamente con i vaccini a Rna di Pfizer-Biontech o Moderna. Nel caso questi dati di sperimentazione confermino gli effetti sistemici oltre la soglia già riscontrata nella seconda dose, e sono soprattutto i giovani che accusano più disturbi post vaccino, con il professor Cauda proponiamo una possibile soluzione: i vaccini proteici, come il Novavax che sta per essere approvato. Hanno un’ottima tollerabilità, anche a dosi ripetute, basti pensare ai vaccini dell’epatite che si basano sullo stesso meccanismo o ancora ai vaccini anti pertosse dei bambini. Ce ne saranno anche altri, con la speranza che siano approvati a breve”.

VARIANTI, NON C’È SOLO LA DELTA

E contro i pericoli da variante Delta, Cassone chiarisce: “Se un soggetto è immunizzato correttamente e non ha particolari problemi nello sviluppare la risposta immunitaria, la variante Delta non dovrebbe bucare la protezione. Fino ad oggi nessuna variante, neppure la più temibile, la sudafricana, ha bucato l’immunità da vaccino, a meno che i soggetti non ricadano nei casi di ‘low responder’, ovvero con una risposta immunitaria insufficiente. Attenzione comunque: il virus circola ancora molto e fin quando la circolazione resta a poche centinaia di nuovi casi al giorno – avverte Cassone – riusciamo con il vaccino a proteggerci, se non dall’infezione quanto meno dai casi gravi, ma se i casi si attestano a centinaia di migliaia al giorno, allora le varianti diventano diverse, crescono. Quindi adesso il tracciamento dei casi e il sequenziamento di tutti i tamponi riscontrati, che fino ad oggi non c’è stato, devono essere fatti, perché ci permettono subito di capire il grado di resistenza della variante al vaccino. Meno casi abbiamo e meglio possiamo lavorare per scongiurare il diffondersi delle varianti” conclude.