Vaccino Covid e Pma: i consigli degli esperti


Covid, vaccini e procreazione assistita: parla la dottoressa Arianna Pacchiarotti, responsabile della Pma presso l’ospedale San Filippo Neri, Asl Roma 1

Covid, vaccini e procreazione assistita: parla la dottoressa Arianna Pacchiarotti, responsabile della Pma presso l'ospedale San Filippo Neri, Asl Roma 1

L’anno 2020 è stato molto difficile per le coppie in cerca di un bambino. Oggi finalmente i trattamenti sono ripartiti. Ma i dubbi di molte donne, anche in mancanza di linee guida ufficiali, permangono sulla possibilità di vaccinarsi durante, subito prima o dopo l’avvio di un percorso di fecondazione assistita. E finiscono per posticipare l’una o l’altra cosa. Ma è necessario scegliere o si può viaggiare quasi in parallelo? L’agenzia Dire (www.dire.it) ha approfondito il sensibile argomento con la dottoressa Arianna Pacchiarotti, responsabile della Pma presso l’ospedale San Filippo Neri, Asl Roma 1.

Vaccino anti Covid-19 e procreazione assistita sono compatibili? E’ necessario rispettare un tempo specifico tra il vaccino e il transfer embrionale?
“Partendo dal presupposto che il tempo della somministrazione dei vaccini è breve e non ha permesso di condurre degli studi scientifici sufficienti per dare delle Linee Guida, il fatto promettente è che la stessa patologia da Sars-Cov2 non ha effetti sui gameti – e questo ci fa ben pensare – e nemmeno il vaccino sui percorsi di fecondazione assistita. Esiste comunque un tempo di sicurezza tra il transfer e la somministrazione della seconda dose del vaccino. Inizialmente le società scientifiche si sono pronunciate, sottolineo seppur in mancanza di linee guida, dicendo di aspettare almeno 3 mesi tra una pratica e l’altra. Ultimamente si è visto, anche in seguito a degli studi che sono stati effettuati in ogni parte del mondo, che è possibile ridurre questo tempo a tre o quattro settimane. Quindi il transfer embrionale può essere effettuato 3 o 4 settimane dopo l’ultima dose del vaccino”.

Quali sono gli effetti del vaccino sulle donne in gravidanza e sull’embrione? Ci sono studi in corso?

“Partirei sempre dal concetto della gravidanza. I trattamenti di Pma infatti sono sempre volti a raggiungere una gravidanza. Anche noi del San Filippo Neri abbiamo condotto una piccola review, una ricerca, e abbiamo appurato che nessun tipo di Coronavirus – cioè anche il Sars-Cov1 e la Mers – ha avuto effetti sulla gravidanza. Non esiste una trasmissione verticale del virus. Questo ci fa pensare ancora di più che il vaccino sia protettivo nei confronti della malattia e non abbia degli effetti sul feto e neanche sul bambino, nemmeno a lungo termine. Tutto questo lo si è dedotto studiando le precedenti malattie. E’ dunque preferibile consigliare il vaccino. Tra gli studi in corso c’è stato quello di un gruppo di donne in gravidanza, costituito da ginecologhe, che si sono vaccinate. E’ stato così osservato che gli anticorpi sono stati trasmessi al bambino quando è nato e quindi ciò ha consentito di far sviluppare una protezione per il piccolo. Ricordiamo che ci sono dei vaccini normalmente consigliati in gravidanza come quello antinfluenzale, o anche uno più ‘invasivo’ come quello della pertosse. Una malattia quest’ultima che sembra ormai debellata e che invece è attuale, tanto che si stima una mortalità del 2 per mille dei bambini. Nell’ultimo trimestre di gravidanza la possibilità di avere degli effetti negativi è talmente bassa che il privilegio di avere un bambino vaccinato ha un vantaggio enorme. Sicuramente si arriverà a vaccinare contro il Covid anche le donne in gravidanza, come accade negli Stati Uniti“.

Lei cosa consiglia alle sue pazienti vaccino sì o vaccino no? Quali sono i sentimenti dominanti tra le coppie in cura che sono stati rilevati sia da lei che dalla sua equipe?

“Il punto non è vaccino sì o no. La mia posizione peraltro è sempre protesa al sì, anche perché abbiamo visto che grazie ai sieri in pochi mesi la patologia si è quasi completamente debellata. Per la tempistica bisogna valutare alcune cose, soprattutto da parte del medico di medicina generale perché conosce maggiormente la paziente, in particolare se affetta da comorbilità. Inoltre direi che la vaccinazione è necessaria anche prima di intraprendere la gravidanza per salvaguardare se stesse. E’ ovvio il desiderio di voler diventare madre ma è giusto che l’iter venga intrapreso da sane. L’altro elemento da tenere in considerazione è quello dell’età e anche della riserva ovarica. Noi abbiamo in cura infatti molte pazienti giovani con menopausa precoce o con insufficienza ovarica prematura, e quindi necessitano di effettuare subito il ciclo di Pma. Per cui l’età gioca sempre un ruolo chiave nella scelta se optare prima per il vaccino o per il ciclo di fecondazione assistita. Nel nostro centro le pazienti che per età o situazioni specifiche hanno necessità di effettuare prima la stimolazione, vengono prese in carico e si avvia l’iter mirato alla produzione dell’embrione che poi viene congelato per permettere la vaccinazione. A quel punto trasferiamo l’embrione in un momento differito. Questo ci garantisce di avere degli embrioni più giovani rispetto ai tempi di somministrazione del vaccino. Per quanto riguarda il tipo di vaccino, quelli a mnRa sembrano meno ‘pericolosi’, soprattutto perché queste donne vengono sottoposte a stimolazione ovarica pratica che già sviluppa di per sé un rischio di trombosi aumentata dovuto a un alto livello di estrogeni. Abbiamo prodotto un Vademecum per le nostre pazienti in cui descriviamo le tempistiche, quali sono i rischi noti e non noti. Loro sono informate sul fatto che intraprendendo questo percorso un minimo di rischio esiste. Devo dire però che nessuna delle mie pazienti ha rinunciato per questo ai trattamenti di Pma. Ho ricevuto e ricevo molte telefonate ogni giorno di pazienti che mi chiedono come porsi rispetto alla vaccinazione anti Covid. Dopo un audit interno abbiamo deciso appunto che le donne giovani possono aspettare l’avvio della Pma e vaccinarsi con il monodose, che forse è più ‘pratico’, mentre le pazienti più adulte e con bassa riserva ovarica si sottoporranno prima a stimolazione ovarica con produzione degli embrioni e poi alla vaccinazione. Questo è il protocollo da noi adottato e nessuna paziente ha rinunciato o ha scelto tra il vaccino e la Pma”.