Tumore al polmone: bene tislelizumab con chemio


Cancro al polmone di tipo squamoso avanzato: la combinazione di prima linea di tislelizumab e chemioterapia ritarda la progressione

polmoni tumore al polmone tislelizumab

Nei pazienti con tumore al polmone non a piccole cellule in stadio avanzato a istologia squamosa, la combinazione dell’anticorpo monoclonale anti-PD-1 tislelizumab con la chemioterapia in prima linea migliora la sopravvivenza libera da progressione (PFS). È questo il risultato dello studio randomizzato di fase 3 RATIONALE 307, pubblicato recentemente sulla rivista Journal of American Medical Association Oncology (JAMA).

In questa popolazione di pazienti, la combinazione di tislelizumab, un anticorpo monoclonale umanizzato IgG4 sperimentale, con la chemioterapia ha migliorato anche i tassi di risposta obiettiva (ORR) rispetto alla sola chemioterapia e il beneficio è stato osservato indipendentemente dall’espressione di PD-L1.

Inoltre, la combinazione ha dimostrato un profilo di sicurezza gestibile.

«L’aggiunta di tislelizumab alla chemioterapia standard ha ridotto in modo significativo il rischio di progressione o di decesso tra i pazienti con carcinoma del polmone non a piccole cellule squamoso avanzato» scrivono Jie Wang, del State Key Laboratory of Molecular Oncology presso il National Cancer Center/National Clinical Research Center for Cancer di Pechino, e i colleghi.

«Questa rappresenta un’ulteriore opzione terapeutica nel trattamento di prima linea per i pazienti con tumore al polmone non a piccole cellule squamoso» aggiungono gli autori

Lo studio RATIONALE 307
La sicurezza e l’efficacia della combinazione è stata valutata in 355 pazienti (età mediana; 62 anni; intervallo; 34-74; 91,7% uomini) con tumore al polmone non a piccole cellule squamoso, in stadio IIIB/IV confermato istologicamente, non trattati in precedenza, arruolati in 46 centri in Cina tra il luglio 2018 e il giugno 2019.

I ricercatori hanno assegnato i pazienti secondo un rapporto di randomizzazione1:1:1 a tre bracci che hanno ricevuto a cicli di 21 giorni rispettivamente: tislelizumab 200 mg più paclitaxel 175 mg/m² e carboplatino target AUC 5 mg/ml/min al giorno 1 (braccio A; 120 pazienti); tislelizumab 200 mg il giorno 1 più nab-paclitaxel 100 mg/m² i giorni 1, 8 e 15 e carboplatino AUC 5 mg/ml/min il giorno 1 (braccio B; 119 pazienti); paclitaxel 175 mg/m² e carboplatino AUC 5 mg/ml/min entrambi il giorno 1 (braccio C; 121 pazienti).

Il trattamento con tislelizumab è è stato effettuato ogni 3 settimane ed è proseguito fino alla mancanza di beneficio clinico o allo sviluppo di una tossicità inaccettabile. I pazienti sono stati sottoposti alla chemioterapia fino al completamento di quattro o sei cicli di trattamento oppure fino al presentarsi della progressione della malattia o di una tossicità inaccettabile, a seconda della condizione che si è verificata prima. I pazienti del braccio C andati in progressione, dopo il consenso del comitato di revisione indipendente (IRC) sono passati alla monoterapia con tislelizumab.

L’endpoint primario del trial era la PFS valutata dall’IRC, mentre gli endpoint secondari comprendevano la sopravvivenza globale (OS), la PFS valutata dagli sperimentatori, l’ORR valutato dall’IRC e la durata della risposta, così come l’incidenza e la gravità degli eventi avversi.

Un paziente nel braccio B e quattro pazienti nel braccio C, che non hanno ricevuto il trattamento, sono stati inclusi nella popolazione intent-to-treat, ma non sono stati compresi nell’analisi della sicurezza.

Al momento del cut-off dei dati (6 dicembre 2019) erano rimasti in trattamento 63 pazienti nel braccio A e 66 nel braccio B, mentre 89 nel braccio C erano ancora in follow-up, compresi 30 pazienti passati alla monoterapia con tislelizumab.

Il follow-up mediano è stato di 8,6 mesi (IC al 95% 8,1-9).

PFS, tassi di risposta e durata della risposta superiori con tislelizumab più chemio
I risultati dell’analisi ad interim hanno mostrato miglioramenti significativi della PFS mediana per entrambi i bracci A e B (7,6 mesi per entrambi) rispetto alla sola chemioterapia (braccio C, 5,5 mesi; per il braccio A contro C, HR pari a 0,524; IC al 95% 0,37-0,742; per il braccio B contro C, HR 0,478; IC al 95% 0,336-0,679). Il tasso di PFS a 9 mesi è risultato del 41,7% (IC al 95% 30,9-52,1) per il braccio A e del 47,2% (IC al 95% 36,5-57,2) per il braccio B, rispetto al 17,5% (IC al 95% 9,8-26,9) per il braccio C.

Inoltre, si sono osservati sia ORR più elevati sia una maggiore durata della risposta in entrambi i bracci A (72,5%; 8,2 mesi) e B (74,8%; 8,6 mesi) rispetto al braccio C (49,6%; 4,2 mesi).

I risultati di un’analisi post-hoc sulla influenza dell’espressione di PD-L1 non hanno mostrato alcuna associazione di quest’ultima con la PFS o l’ORR valutati dall’IRC. I dati di OS non erano ancora maturi al momento dell’ultima analisi dei dati.

Eventi avversi ematologici quelli più frequenti
I più comuni eventi avversi di grado 3 o superiore legati al trattamento sono stati la diminuzione della conta dei neutrofili (braccio A, 51,7%; braccio B, 45,8%; braccio C, 45,3%), la neutropenia (33,3% contro 27,1% contro 40,2%) e la diminuzione della conta dei globuli bianchi (22,5% contro 27,1% contro 23,9%).

Eventi avversi che sono stati causa dell’interruzione di qualsiasi trattamento si sono manifestati nel 12,5% dei pazienti nel braccio A, nel 29,7% nel braccio B e nel 15,4% nel braccio C.

In sei pazienti gli eventi avversi correlati al trattamento sono stati fatali, tra cui uno nel braccio A, due nel braccio B e tre nel braccio C; tuttavia, secondo i ricercatori, nessun caso di decesso era da attribuire esclusivamente a tislelizumab.

Le conclusioni degli autori e il commento di un esperto
“Per quanto ne sappiamo, RATIONALE 307 è uno dei primi studi di fase 3 sulla combinazione di un inibitore di PD-1 con la chemioterapia nel tumore al polmone non a piccole cellule squamoso ad includere pazienti con malattia in stadio IIIB non candidabili a trattamenti curativi chemioradioterapici o chirurgici», scrivono Wang e colleghi nella discussione del lavoro. Inoltre, «Le analisi di sottogruppo della PFS hanno dimostrato che la combinazione di tislelizumab più la chemioterapia ha fornito benefici rispetto alla sola chemioterapia indipendentemente dallo stadio della malattia» concludono gli autori.

Nell’editoriale di accompagnamento dell’articolo, Raymond U. Osarogiagbon, ricercatore del programma multidisciplinare di oncologia toracica del Baptist Cancer Center di Memphis, rileva che, sebbene non si sappia se questo studio, ben condotto, raggiungerà l’endpoint secondario dell’OS, tislelizumab rappresenta una nuova e valida opzione di trattamento di prima linea per i pazienti con cancro del polmone non a piccole cellule, squamoso avanzato, indipendentemente dai livelli di espressione di PD-L1.

Secondo l’editorialista «Si dovrebbe cercare di ottenere rapidamente la conferma di questi risultati in una popolazione di pazienti con carcinoma polmonare a cellule squamose più diversificata, così da portare all’accettazione di tislelizumab come una valida alternativa di immunoterapia, che permetta di allargarne l’accesso alla comunità globale dei pazienti con tumore polmonare non a piccole cellule in stadio avanzato».

Fonte
J. Wang, et al.  Tislelizumab Plus Chemotherapy vs Chemotherapy Alone as First-line Treatment for Advanced Squamous Non–Small-Cell Lung CancerA Phase 3 Randomized Clinical Trial. Jama Oncol. 2021;doi:10.1001/jamaoncol.2021.0366. Link