Artrite reumatoide: tofacitinib stabilizza densità minerale ossea


Dopo un anno di terapia con tofacitinib, inibitore Jak, nei pazienti con artrite reumatoide si è registrata una stabilizzazione della densità minerale ossea

Artrite reumatoide: inibitori JAK non aumentano rischio tumori

Dopo un anno di terapia con tofacitinib, inibitore Jak, i pazienti con artrite reumatoide (AR) sperimentano una stabilizzazione della densità minerale ossea (DMO) e vanno incontro a miglioramento del turnover osseo. Sono queste le conclusioni di uno studio pubblicato su Osteoporosis International che sottolineano come l’impiego di questo farmaco, utilizzato con successo nella cura dell’AR, comporti un miglioramento clinico significativo e la soppressione dell’infiammazione sistemica.

Razionale e obiettivi dello studio
L’artrite reumatoide (AR) è stata associata con una perdita generalizzata di tessuto osseo, come pure a fenomeni di riassorbimento osseo infiammatorio localizzato. L’infiammazione sistemica e le citochine pro-infiammatorie rappresentano i fattori guida principali di perdita di massa ossea infiammatoria.

Nella maggior parte degli studi disponibili in letteratura, le variazioni di questi biomarcatori ad opera dei farmaci biologici sono risultate associate con un miglioramento dell’attività di malattia e dei marker di infiammazione (es: CRP) nell’AR.

I Jak inibitori sono dei DMARDts che si comportano da trasduttori dei meccanismi di signalling delle citochine.

Tofacitinib è un Jak inibitore di provata efficacia nell’AR che, nei trial clinici, si è dimostrato in grado di inibire la progressione radiografica di malattia.

In letteratura vi sono pochi studi sugli effetti di tofacitinib sul metabolismo osseo nell’artrite.

Tofacitinib agisce sul riassorbimento osseo mediato dagli osteoclasti inibendo l’espressione di RANKL all’interno delle articolazioni. Un altro Jak inibitore, baricitinib, è risultato in grado di inibire anche l’attività osteoclastica mediata da RANKL.

Tofacitinib e baricitinib si sono dimostrati in grado di innalzare la funzione osteoblastica e di migliorare la massa ossea in modelli murini.

Nello specifico, questi inibitori di Jak determinano un incremento di stabilizzazione della beta-catenina e dell’espressione di marker ossei anabolici, come osteocalcina e le proteine Wnt.

In un modello sperimentale di artrite indotta nel ratto, a livello tissutale, tofacitinib aumenta lo spessore di osso corticale e trabecolare dopo 22 giorni.

Tofacitinib ha ridotto l’espressione di RANKL e aumentato il rapporto OPG/RANKL nel sangue. Tuttavia, questo composto non è risultato in grado di ripristinare la condizione pre-infiammatoria a livello di struttura ossea corticale e trabecolare, nonché le proprietà meccaniche. Ciò suggerisce che sono necessari tempi di esposizione più lunghi a tofacitinib per vedere gli effetti sull’osso.

Tofacitinib potrebbe promuovere la cicatrizzazione ossea mediante reclutamento di cellule stromali mesenchimali umane, inducendo differenziazione osteogenica e riducendo l’attività osteoclastica. In uno studio di imaging a risonanza magnetica (MRI), il trattamento con tofacitinib, sia in monoterapia che in combinazione con MTX, comporta una riduzione precoce dell’infiammazione, dell’edema osseo, e una riduzione della progressione di danno strutturale.

La DMO viene tradizionalmente valutata mediante esame DEXA. La tomografia computerizzata quantitativa periferica (QCT) rappresenta uno strumento utile e sensibile per studiare la microarchitettura ossea, come pure vari compartimenti, come l’osso trabecolare e corticale.

Mentre l’esame DEXA valuta la DMO a livello  bidimensionale, QCT determina la DMO a livello volumetrico. Mentre la QCT, in modo similare alla DEXA, viene utilizzata per valutare la DMO a livello della colonna lombare o dell’anca, la QCT periferica valuta la DMO delle parti periferiche del corpo, come gli arti.

L’assenza di studi prospettici che avessero valutato lo status osseo in pazienti con AR sottoposti a terapia con tofacitinib ha sollecitato la messa a punto di questo studio, della durata di un anno, avente l’obiettivo di valutare gli effetti di questo Jak inibitore sulla densità ossea e il metabolismo in base agli esami DEXA, QCT e ai marker ossei biochimici.

Disegno dello studio e risultati principali
I ricercatori hanno randomizzato 30 pazienti ad assumere 5 o 10 mg di tofacitinib bis die, in combinazione con MTX (n=23) o leflunomide (n=7) per 12 mesi.
Dei 30 pazienti reclutati, 25 erano di sesso femminile; l’età media del campione era pari a 52,8 anni (range= 27-69) mentre la durata media di malattia era pari a 7,7 anni (range= 1-21 anni).

I pazienti inclusi nello studio avevano ricevuto una diagnosi definitiva di AR, presentavano un’attività di malattia di grado moderato-elevato (DAS28>3,2) al basale e avevano ricevuto una prescrizione a trattamento con DMARDts in base alle indicazioni cliniche.

La densità minerale ossea bidimensionale è stata valutata mediante esame DEXA, mentre quella tridimensionale mediante QCT al basale e, poi, dopo 6 e 12 mesi.

L’attività di AR è stata calcolata in base al punteggio DAS28-CRO, mentre la capacità funzionale mediante questionari HAQ, compilati a cura dei pazienti.

I ricercatori, inoltre, hanno raccolto prelievi ematici per la valutazione di marker laboratoristici di attività di AR e dei biomarcatori di turnover osseo a basale e, successivamente, dopo 6 e 12 mesi di trattamento con tofacitinib.

Passando ai risultati, il trattamento con tofacitinib ha ridotto significativamente il punteggio DAS28 nei 26 pazienti inclusi nell’analisi finale dopo 6 mesi (3,31±0,91; p <0,001) e dopo 12 mesi (3,32±1,12; p <0,001), rispetto al basale (5,05±0,77).

Anche i livelli di CRP si son ridotti, passando da 14,8±14,9 mg/l al basale a 5,3±5,3 mg/l a 6 mesi (p <0,001) e a 7,4±7,7 mg/l a 12 mesi (p <0,001).

I punteggi HAQ, invece, sono migliorati in modo statisticamente significativo, passando da 1,38±0,58 al basale a 1,02±0,67 (P =0,001) a 6 mesi e a  1,02±0,71  (p =0,001) a 12 mesi.

Sia i referti ottenuti mediante DEXA che quelli ottenuti mediante QCT non hanno documentato l’esistenza di differenze tra la densità minerale ossea al basale e quella a 12 mesi nella coorte in toto, suffragando l’ipotesi secondo cui tofacitinib sarebbe in grado di inibire ulteriori perdite generalizzate di massa ossea.

I livelli sierici di osteolcacina sono aumentati in modo significativo dopo 6 mesi (p=0,013) ma non più in modo statisticamente rilevante dopo 12 mesi.

I livelli di CTX si sono ridotti in modo significativo sia dopo 6 (p=0,009) che dopo 12 mesi (p=0,003).

Quelli di osteopotegerina (OPG) sono aumentati sia dopo 6 (p=0,006) che dopo 12 mesi (p=0,004), come pure i livelli di 25(OH)D (p=0,017 a 6 mesi; p=0,009 a 12 mesi).
Al contrario, non si sono avute variazioni significative, dopo trattamento con tofacitinib, dei livelli di PTH, P1NP, RANKL e sclerostina.

Dopo analisi della varianza, i ricercatori hanno osservato che il trattamento con tofacitinib, combinato con livelli ridotti di ACPA, era in grado di predire le variazioni di DMO a livello vertebrale (L2-L4) mediante DEXA, mentre se si combinavano il trattamento con tofacitinib con un’età più bassa o con livelli ridotti di CRP si era in grado di predire le variazioni di densità minerale ossea corticale mediante QCT.

Riassumendo
In conclusione, i risultati di questo studio suggeriscono che l’età, uno stato autoimmunitario come pure i marker infiammatori e di metabolismo osseo sono in grado di influenzare gli effetti del trattamento con tofacitinib sulle variazione di DMO ad un anno.

Non sono stare rilevate differenze significative tra i sottogruppi 5 e 10 mg di tofacitinib in termini di DMO o di variazioni dei livelli di biomarcatori ossei.

Pertanto gli autori dello studio suggeriscono di utilizzare la dose più bassa sia per ragioni di safety, sia perché il dosaggio di tofacitinib pari a 10 mg non è attualmente registrato per il trattamento dell’AR nella UE.

Bibliografia
Hamar A et al. Effects of one-year tofacitinib therapy on bone metabolism in rheumatoid arthritis. Osteoporos Int. Published online February 9, 2021. doi: 10.1007/s00198-021-05871-0. Leggi