Tumore al polmone: nivolumab e chemio come terapia preoperatoria


Tumore al polmone: nivolumab fa centro come terapia preoperatoria in aggiunta alla chemio secondo lo studio multicentrico randomizzato CheckMate-816

Tumore al polmone, nivolumab

L’aggiunta dell’inibitore dei checkpoint immunitari nivolumab a una chemioterapia neoadiuvante può aumentare considerevolmente la risposta patologica completa (pCR) nei pazienti con un tumore del polmone candidabili all’intervento chirurgico. È quanto emerge dallo studio multicentrico randomizzato CheckMate-816, i cui risultati sono stati presentati all’ultimo congresso dell’American Association for Cancer Research (AACR).

Il tasso di pCR è aumentato di 12 volte, dal 2,2% ottenuto con la sola chemioterapia al 24,0% con l’aggiunta dell’inibitore di PD-1. La differenza fra i due bracci è risultata ancora più marcata in un’analisi limitata ai pazienti sottoposti a resezione completa.

La clearance del DNA tumorale circolante durante la terapia neoadiuvante ha probabilmente consentito di raggiungere la pCR, secondo quanto ha riferito Patrick M. Forde, del Sidney Kimmel Comprehensive Cancer Center e del Bloomberg~Kimmel Institute for Cancer Immunotherapy della Johns Hopkins University di Baltimora.

«Lo studio CheckMate-816 ha mostrato un aumento statisticamente significativo della pCR», ha dichiarato Forde, nel braccio trattato con nivolumab più la chemiterapia neoadiuvante. «Questo risultato è stato osservato indipendentemente dallo stadio di malattia, dall’istologia, dal carico mutazionale del tumore (TMB) e dall’espressione di PD-L1. Lo studio è attualmente in corso per far maturare i dati relativi alla sopravvivenza libera da eventi (EFS), che è l’endpoint primario dello studio» ha aggiunto l’autore.

«L’aggiunta di nivolumab alla chemioterapia neoadiuvante ha mantenuto un profilo di sicurezza accettabile e non ha influenzato la fattibilità della chirurgia toracica», ha proseguito Forde. «Inoltre, in un’analisi esplorativa abbiamo visto che la clearance del DNA tumorale circolante si è verificata con maggiore frequenza con nivolumab più la chemioterapia rispetto alla sola chemioterapia e questo risultato sembra essere associato al tasso più alto di pCR».

«CheckMate-816 è il primo studio di fase 3 a evidenziare un beneficio dell’immunoterapia aggiunta alla chemio prima della resezione chirurgica della neoplasia polmonare, e questo trattamento potrebbe diventare una nuova opzione neoadiuvante per i pazienti con cancro al polmone non a piccole cellule resecabile in stadio iniziale» ha rimarcato l’oncologo.

Il contesto
Forde ha sottolineato che la chemioterapia neoadiuvante o adiuvante è raccomandata nei pazienti con cancro del polmone non a piccole cellule resecabile ad alto rischio. Tuttavia, l’aggiunta di una terapia sistemica prima o dopo l’intervento chirurgico è risultata associata a un miglioramento modesto dell’OS, pari al 5%.

Parecchi studi recenti di fase 2 hanno evidenziato risultati incoraggianti con l’immunoterapia ad agente singolo o con le combinazioni di immunoterapia e chemioterapia in fase neoadiuvante. Questi risultati hanno fornito i presupposti per approfondire le indagini in questa direzione, e in questo contesto si colloca lo studio randomizzato CheckMate-816.

Lo studio CheckMate-816
CheckMate-816 è uno studio multicentrico randomizzato, in aperto, che ha arruolato pazienti con nuova diagnosi di cancro del polmone non a piccole cellule in stadio Ib-IIIa, resecabile e senza alcuna alterazione nota dei geni EGFR o ALK.

Lo studio prevede la valutazione di due strategie di combinazione sperimentali (nivolumab in dose fissa più la chemioterapia e nivolumab con un dosaggio aggiustato in base al peso più ipilimumab) confrontate con la sola chemioterapia neoadiuvante. Al congresso dell’ACCR, tuttavia, sono stati presentati solo i dati relativi al primo confronto, con 179 pazienti in ciascun braccio. Dopo la ristadiazione radiologica, i pazienti sono stati sottoposti alla chirurgia entro 6 settimane, seguita o meno, a discrezione dello sperimentatore, dalla chemioterapia adiuvante, con o senza radioterapia.

Gli endpoint primari erano rappresentati dalla pCR e dall’EFS, entrambi valutati da revisori indipendenti in cieco. La pCR è stata definita come un’assenza di cellule tumorali residue visibili nel tumore primario e nei linfonodi campionati (ypT0N0). La risposta patologica maggiore (MPR), che era un endpoint secondario dello studio, si considerava raggiunta in presenza di un numero di cellule tumorali vitali residue ≤ 10% nel tumore primario e nei linfonodi. Forde, tuttavia, ha limitato la sua presentazione ai dati relativi alla pCR.

Il disegno dello studio includeva anche le valutazioni dei biomarcatori come endpoint esplorativo: il TMB e la clearance del DNA tumorale circolante dal ciclo 1 al ciclo 3 della terapia neoadiuvante.

I risultati
Forde ha riferito che, sull’intera popolazione arruolata, il 98% dei pazienti ha ricevuto la terapia assegnata, e, nello specifico, hanno ricevuto i previsti tre cicli di terapia il 94% dei pazienti trattati con nivolumab più la chemioterapia e l’85% di quelli trattati con la sola chemioterapia.

Inoltre, l’83% dei pazienti nel braccio nivolumab è stato sottoposto a chirurgia definitiva, mentre nei pazienti del braccio di controllo la percentuale è stata del 75%. Il programma chirurgico è stato ritardato nel 21% dei pazienti del braccio sperimentale e nel 18% dei pazienti che hanno ricevuto solo la chemio.

La differenza assoluta del 22,8% in termini di pCR fra i due bracci si è tradotta in un odds ratio (OR) di 13,94 a favore della combinazione di nivolumab più la chemio neoadiuvante (IC al 99% 3,49-55,75; P < 0,0001). Inoltre, l’analisi limitata ai pazienti sottoposti a resezione ha prodotto tassi di ypT0N0 del 30,5% con nivolumab più la chemioterapia, rispetto al 3,2% con la sola chemioterapia.

Nell’analisi ristretta ai soli pazienti che non avevano malattia residua nel tumore primario, il tasso di ypT0 è risultato del 25,7% contro il 2,8%, a favore di nivolumab più la chemioterapia.

Anche i tassi di risposta complessiva e di MPR sono risultati più alti con l’aggiunta di nivolumab alla chemio neoadiuvante.

In un sottogruppo di pazienti nel quale è stato valutato il DNA tumorale circolante, si è osservata una clearance in 24 pazienti su 43 (il 56%) nel braccio sperimentale contro 15 su 44 (il 34%) nel braccio di controllo. Forde ha riferito che 11 pazienti su 24 nel braccio assegnato a nivolumab più la chemio e due su 15 nel braccio sottoposto alla sola chemioterapia hanno raggiunto la pCR. Tra i pazienti che non hanno raggiunto la clearance del DNA tumorale circolante, solo un paziente del braccio di controllo ha raggiunto una pCR.

Gli eventi avversi correlati al trattamento sono stati coerenti con gli effetti già noti dei farmaci valutati. I tassi di eventi avversi di grado ≥ 3 correlati al trattamento sono risultati del 34% nel braccio trattato con la combinazione e 37% con la sola chemioterapia.

II commento dell’esperto
Nel tumore del polmone non a piccole cellule, la pCR è strettamente correlata alla sopravvivenza, ha commentato Charles Swanton, di Cancer Research Uk e dello University College di Londra, chiarman del congresso.

Studi precedenti in cui si è valutata la sola chemioterapia avevano mostrato tassi di pCR variabili dallo 0% al 16% con un valore medio di circa il 4%; da qui la necessità di individuare nuove opzioni per la terapia neoadiuvante.

L’esperto ha osservato che la combinazione dell’anti-PD-1 più la chemioterapia non ha influito sulla possibilità dei pazienti di sottoporsi alla chirurgia definitiva e il numero di pazienti che hanno potuto sottoporsi a un intervento conservativo è stato maggiore nel braccio trattato con la combinazione (77% contro 61%).

Swanton ha anche detto che la clearance del DNA tumorale circolante ha mostrato solo una modesta correlazione con il tasso di pCR nel braccio assegnato alla combinazione. Inoltre, ha fatto notare che la clearance del DNA tumorale circolante si è ottenuta anche in circa un terzo dei pazienti assegnati alla sola chemioterapia.

In ogni caso, ha concluso, «CheckMate-816 è il primo studio di fase 3 a dimostrare i benefici dell’aggiunta dell’immunoterapia neoadiuvante alla chemioterapia prima della chirurgia per il cancro del polmone non a piccole cellule resecabile».

Bibliografia
P.M. Forde, et al. Nivolumab + platinum-doublet chemotherapy vs chemotherapy as neoadjuvant treatment for resectable (Ib-IIIa) non-small cell lung cancer in the phase III CheckMate 816 trial. AACR 2021; abstract CT003.
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