Abruzzo, Molise e Sicilia a rischio desertificazione


Alto rischio desertificazione in Abruzzo, Molise e Sicilia. Rischio “arancione” per parte del Piemonte, la costa romagnola, territori di Toscana ed Umbria e zone alpine

Cambiamenti climatici: secondo il Cnr (Consiglio Nazionale Ricerche) le aree a rischio desertificazione nel Centro e Sud Italia sono diverse, con percentuali molto elevate

L’andamento climatico sta spingendo zone interne di Abruzzo e Molise, nonché aree del siracusano in Sicilia, verso la desertificazione: ad indicarle in zona rossa sono le elaborazioni dell’European Drought Observatory (EDO) secondo il parametro CDI ottenuto, combinando tre indicatori di siccità: SPI (confronto tra le precipitazioni attuali e quelle degli anni passati nello stesso periodo), SMA (anomalia di umidità del suolo) e FAPAR (valutazione  dell’impatto della siccità sulla vegetazione); lo stesso indicatore classifica “arancioni” una vasta porzione del Piemonte, la costa romagnola, territori sparsi di Toscana ed Umbria, ma intacca sorprendentemente  anche zone alpine di Val d’Aosta ed Alto Adige, sconfinando pure in Austria Svizzera.

“Queste nuove osservazioni segnalano con forza due elementi:  il fenomeno della siccità è ormai un problema europeo, intaccando anche le zone centrali del Continente; è urgente l’avvio di un Piano Invasi medio-piccoli ad iniziare dalle zone, dove più evidente è il deficit idrico, perché più si aspetta più sarà difficile invertire la tendenza verso l’inaridimento del suolo”: ad evidenziarlo con forza è Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI).

Le macrotendenze del parametro  CDI sono confermate dall’andamento settimanale secondo l’analisi dell’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche.

La situazione più preoccupante resta quella della Sicilia, i cui bacini stanno registrando un volume complessivo  pari a  498,99 milioni di metri cubi, cioè il 50,66% della capacità totale (mc. 984,75 milioni), confermando il trend decrescente del decennio, ma soprattutto risultando inferiore al 2020 caratterizzato da una forte siccità nell’Isola (fonte: Dipartimento Regionale dell’Autorità di Bacino del  Distretto Idrografico Sicilia).

Anche i fiumi marchigiani sono in calo e con le altezze idrometriche più basse del recente quadriennio, così come i bacini.

Iniziata definitivamente la stagione irrigua, è finito il periodo di accumulo idrico per gli invasi della Basilicata (- 1 milione circa di metri cubi in una settimana, ma l’anno scorso, a causa dell’assenza di precipitazioni, furono quasi 4 milioni) e di Puglia (calati di oltre 3 milioni di metri cubi in 7 giorni).

Nel Lazio cala il Tevere, mentre gli altri fiumi restano stabili; continua a crescere, invece, il lago di Bracciano.

In Campania, i dati idrometrici si presentano, per la settima settimana consecutiva, complessivamente con livelli superiori alla media del quadriennio 2017-2020: i fiumi  Sele e Volturno si presentano  stabili, mentre è in lieve calo il Sarno, compensato però dalla crescita del Garigliano; stabile è il lago di Conza della Campania, mentre gli invasi del Cilento segnalano una moderata  diminuzione (elaborazione: ANBI Campania).

Andamento simile si registra per i fiumi della Toscana, dove all’ottima prestazione del Serchio corrispondono  l’Arno che, pur crescendo, resta sotto media ed il costante calo dell’Ombrone, che si mantiene ben al di sotto della portata standard del mese.

In Emilia-Romagna, ancora una volta, si evidenzia una situazione idricamente differenziata a seconda delle zone: restano sotto media i fiumi Savio (in calo), Reno (stabile) e Secchia (in crescita),mentre tornano a superarla il Trebbia e l’Enza.

Grazie alle abbondanti precipitazioni a monte sono  in ripresa le portate del fiume Po, tornando complessivamente in media col periodo in attesa dello scioglimento delle nevi.

Delle piogge hanno abbondantemente beneficiato un po’ tutti i fiumi piemontesi (ad eccezione del Pesio), mentre in calo sono i livelli dei corsi d’acqua valdostani.

In salita evidente sono i livelli dei grandi bacini lacustri del Nord: il lago Maggiore guadagna 85 centimetri, Garda ed Iseo sono rispettivamente al 98,6% ed al 93,6% del riempimento, gli apporti del Lario incrementano notevolmente la portata del fiume Adda in Lombardia.

In crescita, infine, sono  i fiumi veneti ed in particolare l’Adige, il cui livello è salito di un metro e la Livenza che, tra alti e bassi, supera ora di quasi 2 metri l’altezza della scorsa settimana.

“La quantità di pioggia è sempre la stessa, il problema è che piove male – afferma il Presidente di ANBI Veneto Francesco Cazzaro – Le precipitazioni, in termini di volumi d’acqua, sono nella media, ma si concentrano in pochi eventi di forte entità e che interrompono periodi siccitosi talvolta molto lunghi.”

Ne sono esempio gli apporti meteorici di Aprile (cm.95), attestati perfettamente sulla media storica (1994-2020) del mese, ma concentrati  tra i giorni 11 e 13 ed  a fine mese, mentre nulla  o quasi, si è registrato nel resto dei giorni. L’indice SPI, che definisce il livello di siccità nelle campagne, si attesta comunque su valori di normalità, cui si aggiunge ancora uno spessore delle nevi alpine e prealpine, superiore alla media del periodo e che garantisce tranquillità sul progressivo riempimento dei bacini montani. Soddisfacente, infine, è anche la presenza di acqua nelle falde freatiche (elaborazione: ANBI Veneto).

“A fronte di questi dati – conclude Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI, come riferisce la Dire (www.dire.it) – si conferma l’obbiettivo ventennale dei 2000 laghetti multifunzionali da Nord a Sud della Penisola, e poi la necessità di finanziare, attraverso il Piano di Ripresa e Resilienza, i 139 progetti definitivi ed esecutivi, interessanti altrettanti bacini da realizzare, completare o bisognosi di manutenzione straordinaria, ricompresi nel Piano ANBI di Efficientamento della Rete Idraulica del Paese.”