Cancro al fegato più frequente se coesistono HIV e HBV


I pazienti in cui coesistono epatite B e HIV dovrebbero essere monitorati per il cancro al fegato: le due condizioni aumentano il rischio

I pazienti in cui coesistono epatite B e HIV dovrebbero essere monitorati per il cancro al fegato: le due condizioni aumentano il rischio

Le persone infettate dai virus HIV e HBV (epatite B) sono a rischio di sviluppare il cancro al fegato nonostante il trattamento antivirale, che con determinate molecole può tenere sotto controllo la replicazione dell’HBV a tempo indeterminato, e dovrebbero essere sottoposte a un monitoraggio regolare, secondo una ricerca presentata alla Conference on Retroviruses and Opportunistic Infections (CROI) 2021.

«I nostri risultati sottolineano che la terapia antivirale riduce ma non elimina il rischio di carcinoma epatocellulare» ha affermato durante la sua presentazione Nina Kim, dell’Università di Washington a Seattle.

L’infezione cronica da HBV può portare a gravi problemi al fegato tra cui cirrosi e carcinoma epatocellulare, il tipo più comune di tumore al fegato, del quale l’epatite B è tra le cause principali in tutto il mondo. Alcune ricerche precedenti hanno dimostrato che le persone che vivono sia con l’HIV che con l’HBV tendono ad avere una progressione più rapida della malattia del fegato.

Gli analoghi nucleosidici/nucleotidici come tenofovir disoproxil fumarato e tenofovir alafenamide possono tenere sotto controllo la replicazione dell’HBV a tempo indeterminato e si consiglia alle persone con co-infezione da HIV/HBV di utilizzare regimi antiretrovirali che includano farmaci attivi contro entrambi i virus. Ma questo trattamento raramente porta a una cura dell’epatite B.

Un trial per valutare il rischio nei co-infetti
I ricercatori hanno valutato i fattori di rischio per il carcinoma epatocellulare in questi soggetti, presenti in 22 coorti che compongono la North American AIDS Cohort Collaboration on Research and Design (NA-ACCORD). Tra le quasi 124mila persone sieropositive coinvolte tra il 1995 e il 2016, ne sono state identificate un totale di circa 10mila con la doppia infezione e, dopo aver escluso quelle con dati inadeguati e quante presentavano già la neoplasia, 8354 persone sono state incluse in questo studio.

La maggior parte dei partecipanti (93%) erano uomini, il 41% erano neri e l’età media era di 43 anni. Circa un terzo ha riferito un uso pesante di alcol, il 22% aveva l’epatite C cronica e il 12% era obeso, tutti fattori di rischio per la progressione della malattia epatica. Il 45% non era in soppressione virale per l’HIV, circa un quarto era positivo per l’antigene “e” dell’epatite B (HBeAg) e il 76% assumeva antiretrovirali attivi contro l’HBV.

I limiti dello studio erano il basso numero di soggetti femminili, l’assenza di dati sulla malattia del fegato grasso, lo stato di cirrosi o l’infezione da epatite delta (che a volte può verificarsi insieme all’HBV e portare a una malattia epatica più aggressiva).

La viremia da HBV è associata a un maggior rischio di carcinoma 
Nell’intera popolazione dello studio ci sono stati 115 nuovi casi di carcinoma epatocellulare, pari a 1,8 per 1000 anni-persona. L’età avanzata, il forte consumo di alcol e l’epatite C cronica erano fattori di rischio indipendenti per il cancro al fegato, tuttavia non sono emerse associazione significative con la carica virale dell’HIV o la percentuale di CD4.

Per circa due terzi dei partecipanti erano disponibili i dati quantitativi sulla carica virale dell’HBV. In un secondo modello che ha esaminato questo sottogruppo, un HBV DNA superiore a 200 UI/ml ha quasi triplicato il rischio di sviluppare la neoplasia e le probabilità erano più che quadruplicate per quanti avevano livelli di HBV DNA superiori a 20.000 UI/ml.

In un terzo modello che ha esaminato l’effetto del trattamento dell’epatite B, la soppressione sostenuta del virus per almeno un anno è stata associata a una riduzione del 58% del rischio di tumore, mentre la soppressione per almeno quattro anni ha ridotto il rischio del 66%.

«Questo studio, hanno concluso i ricercatori, è il primo a dimostrare che qualsiasi livello di viremia da HBV è associato a un aumento del rischio di carcinoma epatocellulare in una vasta coorte di pazienti.

«I dati evidenziano l’importanza della sorveglianza dell’HBV e dell’ottimizzazione della soppressione del virus», ha detto Kim. «Per ottenere il massimo beneficio protettivo dalla terapia antivirale per la prevenzione di questo tumore potrebbe essere necessaria una soppressione prolungata e idealmente ininterrotta dell’HBV per anni».

Bibliografia

Kim HN et al. Hepatocellular carcinoma and HBV viremia in HIV/HBV-coinfected persons in NA-ACCORD. Conference on Retroviruses and Opportunistic Infections, abstract 136, 2021.