Dieta ad alto indice glicemico aumenta rischio cardiovascolare


Una dieta ad alto indice glicemico favorisce malattie cardiovascolari e decessi secondo i risultati di uno studio pubblicato sul NEJM

Una dieta ad alto indice glicemico favorisce malattie cardiovascolari e decessi secondo i risultati di uno studio pubblicato sul NEJM

La dieta con un alto indice glicemico è stata associata a un rischio più elevato di malattie cardiovascolari e morte, secondo i risultati di un ampio studio condotto su popolazioni di vari continenti con differenti livelli culturali e socioeconomici, appena pubblicato sul New England Journal of Medicine.

Com’è noto, l’indice glicemico misura la velocità di digestione e di assorbimento dei cibi contenenti carboidrati e il loro effetto sulla glicemia. Un alimento con alto indice glicemico produce un grande picco di glucosio dopo il suo consumo, mentre un alimento con un basso indice glicemico provoca un lento rilascio di glucosio nel sangue.

La preoccupazione per gli effetti sulla salute di cibi e bevande a base di carboidrati di scarsa qualità ha aumentato la popolarità delle diete a basso contenuto di carboidrati. Gli alimenti a base di carboidrati di scarsa qualità includono quelli che contengono poche fibre, una percentuale più alta di cereali raffinati rispetto a quelli integrali e un indice glicemico elevato (una misura di quanto 50 g di carboidrati da un alimento specifico aumentano il livello di glucosio nel sangue).

C’è un ampio consenso sul valore degli alimenti integrali e ricchi di fibre per prevenire o gestire meglio alcune malattie croniche, come nel caso della dieta a basso indice glicemico per il diabete, mentre i dati relativi all’associazione tra questo approccio nutrizionale e una riduzione del rischio cardiovascolare sono più contrastanti.

Chiarire il legame tra dieta e rischio cardiovascolare
La maggior parte dei dati sull’associazione tra indice glicemico e malattie cardiovascolari proviene da popolazioni occidentali ad alto reddito, con poche informazioni da paesi non occidentali a reddito medio o basso, hanno premesso gli autori dello studio. Per colmare questa lacuna, la loro analisi ha preso in esame i dati relativi a una popolazione ampia e geograficamente diversificata che ha valutato con un follow-up mediano di 9,5 anni quasi 140mila soggetti da 20 paesi in cinque continenti, di età compresa tra 35 e 70 anni.

Tramite questionari sulla frequenza alimentare specifici per paese hanno determinato l’assunzione alimentare e stimato indice e carico glicemico sulla base del consumo di sette categorie di alimenti a base di carboidrati, calcolando il relativo rapporto di rischio (Hazard Ratio, HR).

L’outcome primario era un dato composito di un evento cardiovascolare maggiore (morte per causa cardiovascolare, infarto miocardico non fatale, ictus e insufficienza cardiaca) o decesso per qualsiasi causa.

I partecipanti sono stati classificati in base alla presenza o all’assenza di malattie cardiovascolari preesistenti e sono stati raggruppati in quintili di indice glicemico e carico glicemico

Basso indice glicemico per ridurre eventi cardiovascolari e decessi
Durante il follow-up dello studio denominato PURE (Prospective Urban Rural Epidemiology) si sono verificati 8.780 decessi e 8.252 eventi cardiovascolari maggiori. Dopo gli aggiustamenti per i fattori confondenti e il confronto tra i quintili con indice glicemico più basso e più elevato, è emerso che una dieta con un alto indice glicemico era associata a un maggior rischio di incorrere in un evento cardiovascolare maggiore o in un esito infausto, tanto nei partecipanti con malattia cardiovascolare preesistente (HR 1,51) quanto in quelli senza (HR 1,21). Un indice glicemico elevato era anche associato a un rischio più alto di decesso per cause cardiovascolari.

I risultati relativi al carico glicemico erano sovrapponibili a quelli dell’indice glicemico tra i soggetti con malattia cardiovascolare al basale, ma l’associazione non era significativa in quanti non avevano una malattia cardiovascolare preesistente.

L’associazione tra l’indice glicemico e l’outcome composito primario era significativamente più importante tra i partecipanti con un indice di massa corporea (BMI) più alto (≥25) rispetto a quelli con un BMI inferiore (<25) (p=0,01). Non è invece stata rilevata nessuna associazione significativa in base alla tipologia di esercizio fisico (pesante o leggero), al fumo o all’uso di farmaci per la pressione sanguigna o di statine.

«I punti di forza dello studio sono la sua ampiezza, dal momento che comprende partecipanti provenienti anche da molti paesi a basso reddito, poco considerati e poco studiati nelle ricerche precedenti, e l’impiego di questionari sulla frequenza alimentare specifici per paese per valutare il consumo di cibo» hanno sottolineato i ricercatori. «Siamo stati inoltre in grado di eseguire aggiustamenti utilizzando covariate dettagliate, uno dei plus principali della nostra analisi. Abbiamo anche determinato che l’indice e il carico glicemico sono misure rilevanti della qualità dei carboidrati nell’analisi di un’ampia gamma di diversi modelli dietetici in base alla loro associazione con gli esiti avversi per la salute».

Bibliografia

Jenkins DJA et al. Glycemic Index, Glycemic Load, and Cardiovascular Disease and Mortality. N Engl J Med. 2021 Apr 8;384(14):1312-1322.

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