Asma: il punto sugli inibitori di fosfodiesterasi


Una review italiana fa il punto sugli inibitori di fosfodiesterasi, isoenzimi espressi a livello polmonare, nel trattamento dell’asma

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Le fosfodiesterasi (PDE) rappresentano una famiglia di isoenzimi espressi a livello polmonare, la cui funzione è quella di indurre la catalisi di cAMP e GMP, due secondi messaggeri rilevanti nella patofisiologia dell’asma, probabilmente in ragione della loro capacità di regolare le concentrazioni intracellulari di questi nucleotidi ciclici, dei loro pattern di trasduzione e, di conseguenza, della molteplicità di risposte biologiche esistenti.

La superfamiglia delle PDE si compone di 11 famiglie di isoenzimi con una distinta specificità di substrato, struttura molecolare e localizzazione subcellulare. Alcuni studi sperimentali indicano un possibile ruolo nell’asma delle PDE3, PDE4, PDE5 e PDE7.

L’obiettivo di una review italiana recentemente pubblicata su the Journal of Experimental Pharmacology e coordinata dal prof. Mario Cazzola (Dipartimento di Medicina Sperimentale, Università di Roma “Tor Vergata”) è stato quello di descrivere i progressi fatti negli ultimi anni in merito alla possibilità di utilizzare gli inibitori di questi isoenzimi nel trattamento dell’asma.

Dalla teofillina al roflumilast
Per alcuni anni, è stato utilizzato per la gestione dell’asma, in ragione dei suoi effetti broncodilatatori e anti-infiammatori un inibitore orale non selettivo di PDE, la teofillina.
In realtà si è subito capito che, al di là delle proprietà note, il farmaco doveva intervenire sull’asma anche in ragione di altre rilevanti attività farmacologiche probabilmente concomitanti, in grado di spiegarne l’efficacia nell’asma.

Tuttavia, almeno in parte, l’impiego di teofillina è stato abbandonato per questa indicazione in ragione del profilo di effetti collaterali, da cui la prosecuzione degli studi al fine di identificare inibitori di PDE più efficaci e sicuri.

Bisogna fare un salto indietro nel 1991 per veder risorgere l’interesse per gli inibitori di PDE come nuova opportunità per il trattamento dell’asma, con particolare riferimento agli inibitori di PDE selettivi per in base all’isoenzima.

Ciò premesso, a distanza di 30 anni, scrivono gli estensori della review, roflumilast (inibitore di PDE4) rappresenta il solo inibitore di PDE ad essere entrato sul mercato, con una indicazione esclusiva per il trattamento della bpco e non dell’asma, però.

Tale osservazione, dunque, sembra essere in contrasto con l’opinione espressa da molti ricercatori e clinici secondo cui gli inibitori di PDE potrebbero essere utili nel trattamento dell’asma in ragione dell’azione broncodilatatoria e/o anti-infiammatoria, a fronte di una posizione portata avanti da altri ricercatori, secondo la quale gli inibitori di PDE potrebbero rivelarsi utili come terapia add-on nell’asma severo, in quanto in grado di “toccare” molti meccanismi d’azione diversi a livello polmonare.

A conferma di quest’ultima ipotesi vi sono le osservazioni di studio secondo i quali roflumilast, aggiunto agli steroidi inalatori (ICS), sarebbe in grado di assicurare un miglioramento aggiuntivo di FEV1 dal basale a 24 settimane. Vi sono, inoltre, evidenze sperimentali che dimostrano come il farmaco stimoli sia la sintesi di RNA messaggero del recettore alfa dei glucocorticoidi (GRα) mRNA come la trascrizione di GRα a livello delle cellule epiteliali bronchiali e la capacità di desametasone di sopprimere la produzione di mediatore pro-infiammatorio, in maniera dipendente da GRα.

Inibitori selettivi di PDE in fase avanzata di sviluppo clinico
Ad oggi, vi sono solo due inibitori selettivi di PDE in fase avanzata di sviluppo clinico: CHF 6001 e RPL554.
CHF 6001 (tanimilast), disegnato per trattare le malattie infiammatorie polmonari mediante somministrazione inalatoria, è l’inibitore selettivo di PDE4 con il maggior numero di dati disponibili, anche se focalizzati in larga parte sul trattamento della Bpco. Il farmaco inibisce le isoforme A-D di PDE4 con uguale potenza ed è 7 volte più potente di roflumilast nell’inibire l’attività enzimatica di PDE4. In base ai dati disponibili, tanimilast ha ridotto la risposta agli insulti allergenici nei pazienti asmatici e ridotto la secrezione di IFNγ, IL-2 e di IL-17, ma non di IL-13, da parte delle cellule da lavaggio broncoalveolare (BAL) di pazienti con asma di grado lieve-moderato, dimostrando un effetto maggiore sulla risposta T1 rispetto ai corticosteroidi.

Ensifentrina (RPL554) è un inibitore PDE3/4, per quanto la sua affinità per PDE3 sia 3.440 volte superiore a quella per PDE4.
Inibisce il tono contrattile indotto da stimolazione con campo elettrico nei bronchi umani sensibilizzati (modello ex-vivo affidabile di asma). Inoltre, è stata documentata un’interazione sinergica nel rilasciamento dei piccoli e medi bronchi isolati, in termini di rilassamento al picco e di estesa durata d’azione, quando ensifentrina è somministrata in combinazione con un LAMA.

Ad oggi, è il solo farmaco disegnato per funzionare come inibitore duale di PDE3/4 che è studiato nei trial clinici per le malattie delle vie aeree respiratorie.
Il trattamento con una formulazione datata nebulizzata di ensifentrina al dosaggio di  0,018 mg/kg, somministrata per 6 giorni consecutivi in pazienti con asma clinicamente stabile, ha indotto un miglioramento ampio e persistente della FEV1 che è risultato migliore dell’effetto broncolitico indotto da salbutamolo 200 μg.

Una nuova formulazione  in sospensione inalatoria, somministrata in dosi singolel (0,4 mg, 1,5 mg, 6 mg, 24 mg) in pazienti con asma cronico moderato, ha mostrato un profilo farmacocinetico che era simile a quello osservato in individui sani.

Inoltre, il farmaco ha indotto una broncodilatazione dose-dipendente ed è risultato efficace quanto una dose terapeutica di salbutamolo nebulizzato.

Prospettive terapeutiche
Come in parte anticipato dalle due molecole in stadio di sviluppo avanzato, è ormai chiaro che il target del solo isoenzima PDE4 non sembra essere in grado di risolvere completamente l’infiammazione a carico delle vie aeree respiratorie, in quanto i diversi isoenzimi PDE regolano selettivamente i meccanismi di trasduzione cellulare di AMPc e GMPc in modo differente.

E’ pertanto invalsa l’idea di utilizzare come bersaglio terapeutico diversi isoenzimi PDE mediante gli inibitori duali di PDE, al fine di raggiungere un’azione anti-infiammatoria ottimale che è fondamentale nell’asma.

La possibilità che l’inibizione degli enzimi PDE4, insieme ad una seconda famiglia di PDE, possa garantire un beneficio terapeutico a concentrazioni non causative di emesi rappresenta un altro aspetto di non trascurabile importanza.

La review riporta, pertanto, esperienze cliniche in corso con inibitori duali PDE3/4 (diversi da ensifentrina), inibitori duali PDE4/5, inibitori duali PDE4/7, inibitori duali PDE4/1, inibitori duali che inibiscono anche PDE8, inibitori pan-PDE (che inibiscono varie isoforme all’interno di diverse famiglie di PDE).

Un’altra opzione di ricerca attualmente attiva consiste nello sviluppare molecole specificatamente disegnate per avere ligandi multivalenti (e multifunzionali), contenenti due o più farmacofori (Ndr: farmacoforo: la più piccola unità strutturale della molecola di un farmaco responsabile della sua attività biologica).

Esempi di queste molecole ibride sono quelle rappresentate dalla fusione di inibitori duali di PDE con i LABA oppure i LAMA.

Le prospettive future d’impiego delle molecole in corso di studio…e le questioni ancora aperte
Essendo ormai assodata l’eterogeneità fenotipica dell’asma, legata ad endotipi distinto, la superfamiglia delle PDE è in grado di regolare un ampio spettro di funzioni biologiche, candidandosi a target terapeutico di indubbio interesse ai fini del trattamento personalizzato dell’asma. Ad oggi, però, siamo ancora lontani dal raggiungimento di questo obiettivo. Per questi motivi, l’unica strategia di medicina personalizzata ad oggi perseguibile si basa ancora sull’identificazione dei “tratti possibilmente trattabili” presenti in ciascun paziente (limitazione della pervietà delle vie aeree respiratorie, reversibilità broncodilatatoria, infiammazione di tipo 2, infiammazione neutrofila, tosse, sintomi da sforzo e bronchite) con asma severo.

I dati attualmente disponibili suggeriscono che l’impiego degli inibitori di PDE, meglio se somministrati come inibitori duali di PDE, è in grado di influenzare tutti i tratti sopra indicati.

Passando alle domande ancora senza risposta, si impone la necessità urgente di comprendere se l’impiego di inibitori di PDE abbia un impatto sull’asma di tipo 2 “high” o “normal”, caratterizzata da un incremento dell’eosinofilia e dalla presenza di altri segni di infiammazione di tipo 2 delle vie aeree respiratorie, in maniera differente rispetto all’asma di tipo 2 “low” o all’asma non di tipo 2, caratterizzata da livelli di infiammazione di tipo 2 delle vie aeree respiratorie paragonabile a quanto osservato negli individui sani.

Bibliografia
Matera MG et al. New Avenues for Phosphodiesterase Inhibitors in Asthma. New Avenues for Phosphodiesterase Inhibitors in Asthma. J Exp Pharmacol. 2021;13:291-302
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