Hiv: vaccino a mRNA promettente


Il vaccino a mRNA sembra promettente contro l’HIV secondo uno studio nelle scimmie presentato al Congresso CROI

Il vaccino a mRNA sembra promettente contro l'HIV secondo uno studio nelle scimmie presentato al Congresso CROI

Lo stesso approccio basato sull’RNA messaggero (mRNA) usato per i vaccini anti COVID-19 di Pfizer-BioNTech e Moderna sembra promettente anche contro l’HIV, secondo uno studio presentato al Congresso CROI.

Nonostante più di tre decenni di ricerca, gli scienziati hanno avuto finora poco successo nello sviluppo di vaccini per prevenire questa infezione. Ad oggi, solo un vaccino sperimentale, costituito da un vettore virale canarypox (primer) seguito da un richiamo con la proteina gp120, ha dimostrato una protezione parziale in studi condotti nell’uomo; tuttavia, questo approccio non è risultato efficace in uno studio più recente di dimensioni maggiori.

Altri due grandi trial, Mosaico e Imbokodo, stanno attualmente valutando una strategia che utilizza un adenovirus come primer, seguito da un richiamo che contiene un “mosaico” di proteine provenienti da più ceppi di HIV. Questo approccio è simile a quello utilizzato per i vaccini anti COVID-19 di Johnson and Johnson, Oxford-AstraZeneca e Sputnik.

Come funziona il vaccino sperimentale
Il Dr Peng Zhang e colleghi del National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID) degli Stati Uniti, in collaborazione con Moderna, stanno valutando una strategia differente che utilizza nanoparticelle lipidiche per trasferire l’mRNA all’interno della cellula, fornendo quindi a quest’ultima le istruzioni per produrre le proteine dell’involucro esterno di tre diversi sottotipi di HIV, più la proteina gag strutturale del virus SIV, il cugino dell’HIV. In questo modo, le cellule sono in grado di assemblare tali proteine e costituire particelle simili al virus dell’HIV, che innescano una risposta immunitaria. Queste particelle non sono dei veri e propri virus, perché non hanno materiale genetico proprio e non possono riprodursi, ma vengono riconosciute come un virus dal sistema immunitario.

Lo studio nelle scimmie
In questo studio, sette scimmie hanno ricevuto uno di due regimi del vaccino, mentre altre sette hanno ricevuto iniezioni di placebo.

Tutti gli animali hanno ricevuto prima tre iniezioni per 20 settimane di un vaccino contenente l’mRNA delle proteine dell’involucro del virus HIV di sottotipo B, il tipo predominante in Europa e Nord America. Poi hanno ricevuto quattro iniezioni per 20 settimane di un secondo vaccino che mescolava l’mRNA dei sottotipi A e C dell’HIV, che sono predominanti nell’Africa orientale e meridionale.

Inoltre, tre scimmie hanno ricevuto anche dei richiami finali contenenti le molecole stabilizzanti la proteina spike di HIV, note come trimeri SOSIP, che mantengono la proteina in una forma aperta che espone una regione conservata più facilmente riconosciuta dagli anticorpi neutralizzanti.

Dopo aver ricevuto i regimi vaccinali completi, le scimmie sono state infettate attraverso 13 esposizioni rettali settimanali di un virus ibrido HIV/SIV ingegnerizzato di livello 2. I virus di livello 1 hanno una forma trimerica dell’envelope più aperta e sono più facilmente riconosciuti dagli anticorpi neutralizzanti, mentre i virus di livello 2 e 3 hanno una forma più chiusa e hanno una sensibilità moderata o bassa a questi anticorpi; la maggior parte dei ceppi di HIV in circolazione sono classificati come livello 2.

Risultati
Le scimmie vaccinate hanno prodotto rapidamente livelli elevati di anticorpi che si sono legati al trimero proteico e anticorpi neutralizzanti contro le proteine dell’HIV di sottotipo B; quelle della prima serie di vaccini. A partire da circa 49 settimane, gli animali hanno prodotto livelli più bassi di anticorpi neutralizzanti cross-reattivi contro le proteine del sottotipo A e C. Alla fine del regime di immunizzazione, le scimmie avevano prodotto anticorpi neutralizzanti di livello 2 ad ampio spettro contro una serie di ceppi virali.

Tutti i sette animali del gruppo placebo si sono infettati entro circa un mese e mezzo, a partire dalla seconda esposizione.

Tutte le scimmie vaccinate sono rimaste libere da SHIV per circa il primo mese, ma poi hanno iniziato a infettarsi; alcune, tuttavia, sono rimaste non infette a due mesi, dopo tutte le esposizioni.

Ciò si è tradotto in una riduzione dell’85% del rischio di infezione in generale, una riduzione del 76% per le scimmie che hanno ricevuto i vaccini a mRNA da soli, senza un richiamo, e una riduzione dell’88% per quelle che hanno ricevuto i vaccini a mRNA più i richiami della proteina trimero. La protezione era correlata alla presenza di anticorpi al sito di legame al CD4, che HIV e SIV usano per entrare nelle cellule.

In una conferenza stampa, il dottor Zhang ha detto: “la strategia che utilizza l’mRNA rappresenta un approccio molto promettente per lo sviluppo di un vaccino contro l’HIV”.

“In definitiva, le scimmie hanno sviluppato una ragionevole attività neutralizzante e sono state quindi protette parzialmente dall’infezione”, ha aggiunto. “Questo fornisce una nuova strada per poter utilizzare questo approccio anche nell’uomo”.