Covid: brasiliani bloccati da 227 Paesi


Covid: per l’Associazione internazionale del trasporto aereo (Iata), attualmente i cittadini brasiliani possono entrare liberamente in soli sette dei 234 Paesi monitorati

Aeroporto check-in

Con la sospensione dei voli provenienti dal Brasile disposta in settimana, la Francia si aggiunge alla lista dei 22 Stati che hanno adottato misure restrittive specifiche nei confronti dei viaggiatori del Paese sudamericano. L’obiettivo è quello di contenere la pandemia e in modo particolare la diffusione della variante cosiddetta P.1 del virus che provoca il Covid-19, originatasi per l’appunto in Brasile.

Stando ai dati dell’Associazione internazionale del trasporto aereo (Iata), attualmente i cittadini brasiliani possono entrare liberamente in soli sette dei 234 Paesi monitorati. Nella maggioranza dei casi è prevista una qualche forma di controllo, dalla quarantena obbligatoria fino al possesso di un test diagnostico risultato negativo al nuovo coronavirus. In Italia a esempio è proibito l’ingresso ai passeggeri che siano stati in Brasile entro 14 giorni prima dell’entrata nel Paese. A febbraio gli stessi residenti italiani che si trovavano nel Paese sudamericano hanno trovato difficoltà a fare ritorno a casa. Circa 1.500 persone hanno trascorso settimane aspettando il via libera ai voli da parte del ministero della Salute italiano.

A fronte della difficoltà dimostrata nelle ultime settimane dal Brasile nel tenere sotto controllo la pandemia, anche i Paesi vicini hanno aumentato i requisiti richiesti per far entrare i cittadini stranieri. Argentina, Perù e Cile hanno iniziato a richiedere agli autotrasportotari un test molecolare negativo al virus per autorizzare l’ingresso alle loro frontiere. La richiesta ha provocato critiche da parte del settore, in relazione a un possibile impatto sui commerci.

La principale argomentazione da parte dei lavoratori del comparto, spiega l’agenzia di stampa Dire (www.dire.it), è anche che le distanze delle rotte internazionali che passano per Argentina, Cile e Perù spesso comportano viaggi che superano il lasso di tempo indicato per la validità dei test, che è di 72 ore.

A prescindere dall’impatto commerciale, comunque, le misure si giustificano con il timore che le varianti aggravino la crisi sanitaria dei Paesi, sovraccaricando i sistemi sanitari e portando quindi a un aumento nel numero dei decessi.