Ricerca UniBo: le mascherine lavabili non sono sicure


Le mascherine lavabili non garantiscono sufficiente protezione dal Covid secondo uno studio dell’Università di Bologna: “Come non indossare nulla”

Le mascherine sono uno strumento fondamentale per cercare di limitare i contagi da Covid-19. Ma quali scegliere fra Ffp2, mascherine di stoffa e chirurgiche?

Il laboratorio messo in piedi agli esordi della pandemia dall’Univerisità di Bologna per verificare l’efficacia delle mascherine in circolazione ne ha testate più di 800 in un anno. E “non abbiamo mai trovato una mascherina lavabile che fosse certificabile“, testimonia la responsabile del laboratorio, Cristiana Boi, docente di ingegneria civile e dei materiali.

Al momento mascherine lavabili sicure non esistono“, insiste a margine della presentazione della mascherina ecologica della cooperativa Eta Beta, che al suo interno ha un filtro sostituibile. Bisogna “smettere di usare le mascherine fai-da-te che hanno un livello di protezione nulloho qualcosa sulla faccia ma è come se non avessi nulla. La ricerca ha concluso unanimemente. Se poteva essere giustificato agli albori pandemia, oggi non è più giustificato: c’è l’evidenza che mascherine fai-da-te non proteggono e ora le mascherine sono largamente disponibili“, conclude Francesco Violante, docente dell’Alma Mater e direttore della Medicina del lavoro del Policlinico Sant’Orsola di Bologna.

“LE MASCHERINE CHIRURGICHE POSSONO ESSERE RICICLATE, IL GOVERNO SI ATTIVI”

La mascherine chirurgiche usate, una volta buttate, finiscono negli inceneritori. Eppure, spiega la Dire (www.dire.it), essendo realizzate in materiale plastico, potrebbero essere riciclate. “Le istituzioni pubbliche debbono intervenire sul tema del recupero di questi materiali”, ammonisce Francesco Violante, docente di Medicina del lavoro all’Università di Bolognache con il suo laboratorio in questi mesi ha testato la regolarità e l’efficacia di centinaia di mascherine. “Sono fatte di materiale riciclabile: non abbiamo bisogno di incenerirle, ma possono essere recuperate”, sostiene a margine della presentazione della mascherina lavabile prodotta dalla cooperativa sociale Eta Beta a Bologna. Dunque, è necessario “produrre impianti che possono riciclare questa plastica per ricavarne materiali utili“, aggiunge, assicurando che il processo di recupero della plastica uccide tutti i virus e i batteri.

“Bisogna incamminarsi su questa strada: prima lo facciamo meglio è. È come per la questione dei vaccini: è inutile perdere tempo, bisogna che ciascun attore definisca progetti specifici su questo tema“, sprona Violante.

Del resto, conclude, “la mascherina non ce la dimenticheremo, anche quando saranno tutti i vaccinati. Avremo una maggiore sensibilità della prevenzione delle malattie respiratorie: quando avremo il raffreddore o una banale influenza, torneremo al gesto semplice di mettere mascherina per impedire la diffusione dei virus. Diventerà uno dei prodotti igienici“, prevede, sottolineando la necessità di attrezzarsi per uno smaltimento corretto di questi dispositivi. “Dobbiamo porci il problema, soprattutto le amministrazioni pubbliche debbono porsi il tema del destino della mascherina chirurgica”, conclude.