Chiara Meloni e Mara Mibelli in libreria con “Belle di faccia”


Chiara Meloni e Mara Mibelli pubblicano “Belle di faccia” con Mondadori: un libro che segna la riscossa delle persone sovrappeso

Chiara Meloni e Mara Mibelli in libreria con "Belle di faccia"

Cicciottella, cicciona, grassottella, morbida, palla di lardo, obesa, balena. Ma anche rotondetta, curvy, robusta, tanta. Tutto pur di non pronunciare la parola ‘grassa‘, utilizzata dai più per insultare e rivendicata invece con piglio identitario e battagliero, per “dare un nome alla nostra community e rivendicarne i diritti”, da Chiara Meloni e Mara Mibelli, 40 e 33 anni, attiviste femministe e fondatrici del progetto social (e associazione) made in Olbia ‘Belle di faccia’, da oggi anche negli scaffali delle librerie italiane tra i titoli Mondadori.

Introdotto dalla formatrice, scrittrice e fondatrice di Bossy, Irene Facheris, il volume, primo in Italia a occuparsi di grassofobia, ‘fat acceptance’ e ‘body positivity’, fornisce in 152 pagine, dieci capitoli e un glossario alcune agili tecniche per una liberazione dei corpi non conformi, fuori standard, lontani dai canoni di bellezza socialmente riconosciuti e istituzionalizzati, narrando la liberazione dei corpi grassi che sta cominciando a farsi strada anche in Italia.

‘BELLE DI FACCIA’ NASCE SU INSTAGRAM

“‘Belle di faccia’ è nato nel 2018 su Instagram in modo molto spontaneo, perché io e Mara, che siamo amiche da circa 15 anni, parlavamo spesso tra di noi di questi temi- racconta all’agenzia di stampa Dire (www.dire.it) Meloni, illustratrice e creatrice del brand sostenibile ‘Chiaralascura’ -. Essendo donne grasse sempre più vicine al femminismo- aggiunge- eravamo un po’ stanche di come si parlava di body positivity in Italia e di come i corpi grassi venissero lasciati fuori dalla conversazione, nonostante il movimento fosse nato proprio da loro. Quindi abbiamo deciso di portare il tema fuori dalla nostra amicizia e condividerlo con altre persone”.

Come? Con disegni e illustrazioni da centinaia di like che, in poco più di due anni, hanno fatto schizzare all’insù i numeri della pagina, seguita oggi da oltre 52mila follower, mentre su Facebook il duo sardo di influencer si attesta sugli oltre 8mila like. “Il nome ‘Belle di faccia’ nasce dal complimento con fregatura che spesso ci siamo sentite dire- racconta l’altra autrice e co-fondatrice del progetto, Mara Mibelli- ‘Che bel viso’ è il commento che riceviamo tutte e sottintende che la nostra bellezza si ferma, appunto, al nostro viso. Non ci rivolgiamo a un pubblico prettamente femminile- spiega- perché sappiamo che la body positivity si rivolge a persone di ogni identità di genere (nel libro infatti viene utilizzato lo schwa come desinenza neutra, ndr), ma bisogna anche essere consapevoli del fatto che gli standard di bellezza nascono dalla volontà di controllare le donne e il loro corpo”.

L’AUTOIRONIA COME APPROCCIO ALLA BODY POSITIVITY

Chiave di volta dell’approccio alla body positivity targato ‘Belle di faccia’, “l’autoironia“, definita da Mibelli “la nostra scelta vincente, perché se per anni l’abbiamo utilizzata come arma contro noi stesse, poi abbiamo deciso di puntarla verso qualcun altro. Abbiamo cercato di liberarci dal pietismo, dalla tipica narrativa del ‘Poverine le persone obese’, oppure dalla retorica dell”Amati così come sei, che in realtà non serve a nessuno”, racconta.

Difficile invertire altrimenti una tendenza in cui il “corpo grasso viene visto solo come un problema da risolvere, da eliminare, estirpare, da curare o compatire”, precisa Meloni. O “come una patologia, addirittura un’epidemia che affligge tutto il pianeta Terra, uno spreco di risorse per la salute pubblica o, al limite, qualcosa per cui devi essere compatita, un problema che ti impedisce di vivere una vita piena, essere amata, avere amicizie, una socialità”, sostiene l’illustratrice, che le ‘Belle di faccia’ le disegna bianche, nere, pelate, o coi capelli viola, blu e arcobaleno.

NORMALIZZARE LE PERSONE GRASSE CONTRO IL FAT SHAMING

“La cosa fondamentale per noi è normalizzare le persone grasse, che a parte essere marginalizzate e portarsi dietro questo stigma- chiarisce- vivono vite, hanno rapporti e amicizie proprio come tutti”. E che devono pure difendersi ogni giorno dal fat shaming, cioè dal bullismo che ha come bersaglio i corpi grassi e che si manifesta non solo nell’insulto. “Ci sono metodi molto più raffinati e sottili- ricorda Mibelli- Come quando qualcuno mentre mangi ti guarda il piatto dopo che ti sei avvicinata al buffet. Oppure il cassiere che, guardando la tua spesa al supermercato, si complimenta: ‘Facciamo i bagordi, eh?’. Ovunque tu vada quello che mangi, che fai, come ti vesti, è sempre sotto una lente di ingrandimento e c’è sempre qualcuno che ci tiene a farti sapere, in modo diretto o indiretto, che il tuo corpo è immorale e se sei grassa è perché hai sbagliato, sei pigra, sei ingorda, invece di fare le scale prendi l’ascensore”.

IL FAT SHAMING È ISTITUZIONALIZZATO

Ma c’è di più. Il fat shaming, infatti, “è istituzionalizzato- precisa Mibelli- Viviamo in un mondo che non è fatto per accogliere persone grasse. Ce ne accorgiamo, ad esempio, dai mezzi pubblici, dalle sedute nei ristoranti”. “O dal fatto che farmaci come la pillola del giorno dopo, siano inefficaci oltre un certo peso– le fa eco Meloni- Il corpo grasso non è proprio contemplato”. La patologizzazione che istituzionalizza lo stigma si riflette, poi, anche nel linguaggio. “Il fatto che si usino un sacco di eufemismi per non dire la parola ‘grassa’ ti fa capire che dietro ci sono una discriminazione e un pregiudizio”. Riappropriarsi di questo aggettivo, quindi, diventa una battaglia per rivendicare un’esistenza fuori dallo sguardo grassofobico dominante.

PERCHÉ UN LIBRO

“Abbiamo deciso di scrivere ‘Belle di faccia. Tecniche per ribellarsi a un mondo grassofobico’ perché siamo logorroiche e siamo strette nei 2.200 caratteri di Instagram- ironizza Mibelli- Pensavamo che fosse necessario che si parlasse di fat acceptance in Italia. Quest’anno usciranno altri libri su questo tema, ma la letteratura scritta da attiviste e accademiche italiane è praticamente inesistente”. “La nostra speranza- confessa Meloni- è che lo leggano un sacco di persone grasse, perché pensiamo che se l’effetto è lo stesso che ha avuto su di noi questo movimento, sicuramente ne hanno bisogno. E poi speriamo che lo legga anche chi ha un sacco di pregiudizi verso il grasso”. “Non ha la forma di un saggio, perché conserva il nostro tono- conclude Mibelli- L’idea è che sia fruibile a chiunque voglia avvicinarsi all’argomento. Spero che faccia capire meglio ciò che facciamo, quali sono le istanze della fat acceptance e che si capisca quanto le battaglie delle attiviste grasse siano fondamentali per il femminismo”.