Più resa e meno acqua: il futuro sono le fattorie verticali


Due associazioni stanno lavorando a un progetto di fattorie verticali: garantiscono maggiore resa con un impiego minore di acqua

Più resa con meno acqua: il futuro è delle fattorie verticali

L’associazione “VISIONARI No Profit” e l’organizzazione “Ethics4growth” stanno lavorando ad un progetto che permetterebbe ad una parte dell’agricoltura italiana di usare meno acqua. Il punto di partenza tecnico sostiene che con il 90% in meno di acqua si può ottenere una produttività agricola anche 350 volte superiore rispetto ai metodi tradizionali, garantendo che la qualità dei prodotti resta inalterata.

La risposta potrebbe venire dalle ‘fattorie verticali’ che oggi rappresentano solo una sperimentazione un po’ snob, ma che potrebbero trovare un concreto sostegno pubblico per arricchire l’offerta di ortaggi nella catena distributiva: “Ethics4growth” si occupa proprio di formazione e social innovation con attenzione alla sostenibilità alimentare.
«Lo sviluppo di queste realtà è già fortemente presente in paesi del Nord Occidentale Europeo come l’Olanda – dice Mauro Manfredi, co-fondatore di Ethics4growth –. Di fatto l’agricoltura è al centro di tutti i progetti di sostenibilità ambientale. È chiaro che si possono fare profitti lungo tutta la catena agroalimentare anche pensando meglio alla tutela dell’ambiente».

Il grande vantaggio delle nuove fattorie verticali, spiega Garantitaly, sta anche nella praticità di innalzare piani metallici con le piantine, in capannoni, cascine, casolari. Gli scaffali sopraelevati hanno bisogno di essere illuminati, ma non di acqua, né di fitofarmaci. Il germoglio è assicurato da soluzioni acquose pure, senza additivi.

Non ci sono problemi di tempo e di stagioni con le fattorie verticali. I luoghi che ospitano le cassette con le piantine sono, per così dire, in assetto costante. Per l’agricoltura tradizionale è un salto epocale con il passaggio alla coltivazione idroponica, acquaponica ed aeroponica.

Avviare questo processo di radicale innovazione richiede il contributo pubblico e potrebbe diventare una delle sfide che il nostro Paese, e il nuovo Governo, lancia per la ripresa dell’economia post pandemia.