Mieloma multiplo: benefici da aggiunta di daratumumab


Mieloma multiplo ricaduto/refrattario, aggiunta di daratumumab sottocute a pomalidomide e desametasone migliora gli outcome

Mieloma multiplo: benefici da aggiunta di daratumumab

L’aggiunta dell’anticorpo monoclonale anti-CD38 daratumumab, in formulazione sottocute (sc), alla doppietta pomalidomide e desametasone (D-Pd) ha ridotto in modo significativo il rischio di progressione della malattia o morte del 37%, rispetto a pomalidomide e desametasone (Pd), in pazienti con mieloma multiplo recidivato o refrattario già sottoposti ad almeno una precedente linea di terapia.

È quanto emerge dai risultati dello studio di fase 3 APOLLO, presentato al 62° meeting annuale dell’American Society of Hematology.

Inoltre, con la tripletta contenente daratumumab si è osservata una risposta significativamente più profonda rispetto alla doppietta Pd, con un tasso di risposta completa (CR) e un tasso di negatività della malattia minima residua (MRD) più alti: rispettivamente 25% contro 4% e 9% contro 2%.

«Daratumumab è un anticorpo monoclonale CD38 con molteplici modalità di azione, che si è dimostrato attivo non solo come agente singolo, ma anche ogni volta che è stato combinato con altri regimi standard, sia in studi di laboratorio sia nel setting della prima linea, dove ha dimostrato di portare a un miglioramento significativo della sopravvivenza libera da progressione e anche della sopravvivenza globale», ha ricordato in conferenza stampa il primo autore dello studio, Meletios A. Dimopoulos, dell’Università di Atene.

In un precedente studio di fase 1b, la combinazione di daratumumab per via endovenosa più la doppietta Pd ha indotto risposte profonde ed è sembrata ben tollerata in pazienti con mieloma multiplo recidivato/refrattario fortemente pretrattato, compresi pazienti già trattati con lenalidomide. Sulla base di questi dati, la Food and drug administration ha approvato la tripletta D-Pd per il trattamento di pazienti con mieloma multiplo recidivato o refrattario già trattati con almeno due precedenti linee di terapia.

Studi recenti hanno evidenziato che la formulazione sottocute di daratumumab ha efficacia e sicurezza simili rispetto alla formulazione endovenosa; inoltre, permette di ottenere una riduzione statisticamente significativa dell’incidenza delle reazioni correlate all’infusione e una durata di somministrazione notevolmente inferiore.

Lo studio APOLLO
Nello studio APOLLO (NCT03180736), un trial multicentrico europeo, randomizzato, in aperto, i ricercatori hanno valutato daratumumab per via sottocutanea combinato con la doppietta Pd rispetto alla sola doppietta Pd in 304 pazienti con mieloma multiplo recidivato/refrattario già sottoposti ad almeno una precedente linea di terapia, comprendente lenalidomide o un inibitore del proteasoma.

Per poter essere arruolati, i pazienti già trattati con solo una precedente linea di terapia dovevano essere refrattari a lenalidomide. Inoltre, il protocollo non consentiva un precedente trattamento con un anti-CD38 o pomalidomide.

Tutti i pazienti sono stati sottoposti a cicli di trattamento di 28 giorni fino alla progressione della malattia o al manifestarsi di una tossicità non accettabile e sono stati assegnati secondo un rapporto 1: 1 al trattamento con D-Pd (151 pazienti) o solo Pd (153 pazienti).

Il regime D-Pd consisteva nella somministrazione di daratumumab 1800 mg sc ogni settimana per i primi due cicli, ogni 2 settimane per i cicli dal terzo al sesto e ogni 4 settimane dal settimo ciclo in poi, pomalidomide 4 mg/die nei primi 21 giorni di ogni ciclo e desametasone 40 mg nei giorni 1, 8, 15 e 22. La durata mediana della somministrazione sottocutanea è stata di 5 minuti (range: 1-22), molto più breve rispetto a quella endovena, che richiede ore.

I pazienti che hanno interrotto il trattamento sono stati sottoposti a controlli di follow-up post-trattamento ogni 4 settimane. Dopo la progressione della malattia o l’inizio della terapia successiva, i controlli di follow-up per la valutazione della sopravvivenza sono stati condotti ogni 12 settimane.

La sopravvivenza libera da progressione (PFS) era l’endpoint primario dello studio, mentre gli endpoint secondari includevano il tasso di risposta obiettiva (ORR), il tasso di risposta parziale molto buona (VGPR) o migliore e il tasso di CR o migliore, il tasso di MRD-negatività, la sopravvivenza globale (OS), il tempo di risposta, la durata della risposta (DoR), il tempo alla successiva terapia, la sicurezza e la qualità della vita correlata alla salute.

I risultati di efficacia
L’età mediana dei pazienti era di 67 anni (range: 35-90), la maggior parte (il 45%) era in stadio I secondo l’International Staging System (ISS) e il 35% presentava un rischio citogenetico (presenza della delezione [del] 17p, della traslocazione [t] [14; 16] o della t [4; 14 ]).

L’11% dei pazienti era giù stato sottoposto a una precedente linea di terapia (mediana: 2; range: 2-5). Inoltre, il 79,6% dei pazienti era risultato refrattario a lenalidomide, il 48% dei pazienti a un inibitore del proteasoma e il 42,4% a entrambi.

La durata mediana del trattamento è risultata di 11,5 mesi con la tripletta D-Pd, rispetto a 6,6 mesi con la sola doppietta Pd.

La tripletta con daratumumab sc ha dimostrato di migliorare in modo significativo la PFS rispetto al trattamento di confronto, con PFS mediana rispettivamente di 12,4 mesi contro 6,9 mesi, e una riduzione del 37% del rischio di progressione della malattia o decesso (HR 0,63; IC al 95% 0,47-0,85; P = 0,0018).

Inoltre, con la tripletta D-Pd si è osservata una PFS più lunga nei pazienti che erano stati trattati precedentemente con lenalidomide rispetto a quelli che non erano stati esposti a questo farmaco (9,9 mesi contro 6,5 mesi).

Dopo un follow-up mediano di 16,9 mesi, 99 pazienti (il 33%) risultavano deceduti.

I dati di OS sono ancora immaturi e il follow-up è in corso; tuttavia, gli autori hanno calcolato una riduzione del rischio di decesso del 9% nel braccio trattato con il regime D-Pd (HR 0,91; IC al 95%, 0,61-1,35).

Allo stesso modo, l’ORR è risultato significativamente più alto nel braccio D-Pd rispetto al braccio Pd (69% contro 46%; OR 2,68; IC al 95% 1,65-4,35; P < 0,0001), così come il tasso di CR (24,5% contro 3,9%) e il tasso di VGPR (51,0% contro 19,6%). I ricercatori hanno anche riscontrato un aumento di 4,3 volte dell’MRD-negatività con la tripletta in studio (9% contro 2%; P = 0,0102).

Profilo di sicurezza confermato
Il profilo di sicurezza del regime D-Pd con daratumumab in formulazione sc è risultato coerente con quello già noto della tripletta e non sono emersi segnali nuovi.

Gli eventi avversi di grado 3/4 più comuni nei pazienti trattati con D-Pd rispetto a quelli trattati con Pd sono stati neutropenia (68% contro 51%), leucopenia (17% contro 5%), linfopenia (12% contro 3%), neutropenia febbrile (9% contro 3%) e polmonite (13% contro 7%).

I tassi di interruzione del trattamento in studio a causa di eventi avversi manifestati durante il trattamento sono risultati simili nei due bracci (2% contro 3%, rispettivamente), ma il motivo più comune per l’interruzione del trattamento è stata la progressione della malattia.

L’incidenza delle reazioni correlate all’infusione con la formulazione sc è apparsa bassa (6%, tutte reazioni di grado 1/2) e solo il 2% dei pazienti ha avuto una reazione locale nella sede dell’iniezione.

In conclusione
«L’incidenza delle reazioni correlate all’infusione è stata bassa e la durata della somministrazione breve, caratteristiche, queste, che aumentano la comodità per i pazienti e riducono il peso del trattamento», ha sottolineato Dimopoulos. «Sulla base di tutti questi risultati potremmo concludere che la tripletta con daratumumab sc più Pd è un trattamento efficace e conveniente per i pazienti con mieloma multiplo refrattario o recidivante che hanno ricevuto almeno una precedente linea di terapia, comprendente lenalidomide e un inibitore del proteasoma».

Inoltre, il Professore ha ricordato che daratumumab in combinazione con la doppietta Pd è un regime approvato diversi anni negli Stati Uniti, ma, in assenza di uno studio prospettico randomizzato, questa tripletta non è disponibile al di fuori degli Stati Uniti.

«Credo che questo studio possa portare a tale approvazione e anche sancire il ruolo di daratumumab sottocute come via di somministrazione standard per i pazienti che possono trarre beneficio da questo farmaco» ha concluso Dimopoulos.

Fonte:
M.A. Dimopoulos, et al. Apollo: Phase 3 Randomized Study of Subcutaneous Daratumumab Plus Pomalidomide and Dexamethasone (D-Pd) Versus Pomalidomide and Dexamethasone (Pd) Alone in Patients (Pts) with Relapsed/Refractory Multiple Myeloma (RRMM). ASH 2020; abstract 412. Blood (2020) 136 (Supplement 1): 5-6; Link