Carcinoma polmonare: risultati con amivantamab


Carcinoma polmonare non a piccole cellule: dai risutlati di nuovi studi arrivano conferme per l’anticorpo bispecifico amivantamab

Carcinoma polmonare non a piccole cellule: dai risutlati di nuovi studi arrivano conferme per l'anticorpo bispecifico amivantamab

Il trattamento con l’anticorpo bispecifico amivantamab (noto in precedenza con la sigla JNJ-6372) si è associato a tassi di risposta elevati e sostenuti in pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) con inserzioni dell’esone 20 del gene EGFR, già sottoposti ad altri trattamenti. È quanto emerge dai risultati dello studio di fase 1 CHRYSALIS, presentati durante la Conferenza mondiale sul cancro del polmone (WCLC) 2020 di Singapore.

Da notare che il 63% dei pazienti che hanno ottenuto risposte ha mantenuto la risposta per almeno 6 mesi e il 47% era ancora in terapia dopo un follow-up mediano di oltre 9 mesi.

NSCLC con EGFR-mutato e con inserzioni dell’esone 20
I pazienti con NSCLC con EGFR-mutato le cui mutazioni sono inserzioni dell’esone 20 presentano una forma di malattia generalmente resistente ai trattamenti con gli inibitori tirosin chinasici (TKI) dell’EGFR attualmente approvati, a causa di una conformazione alterata del sito attivo della chinasi

Questi tumori hanno, quindi, una prognosi peggiore rispetto ai pazienti con mutazioni dell’EGFR più comuni (delezione dell’esone 19/sostituzione L858R).Attualmente, non esistono terapie specifiche approvate per questa forma di NSCLC e la sopravvivenza globale (OS) mediana stimata per i pazienti che ne sono colpiti è di 16 mesi.

«C’è un bisogno significativo di nuove opzioni di trattamento per i pazienti con NSCLC e inserzioni dell’esone 20 dell’EGFR, la cui malattia generalmente non risponde bene alla chemioterapia e ai TKI usati per trattare altre mutazioni dell’EGFR», ha detto Joshua K. Sabari, del Perlmutter Cancer Center della New York University Langone, in un comunicato stampa. «I risultati dello studio CHRYSALIS presentati oggi dimostrano le potenzialità di amivantamab per soddisfare questo bisogno cruciale non soddisfatto e fornire un importante beneficio clinico ai pazienti».

«L’attività di amivantamab (osservata in questo studio, ndr) si confronta favorevolmente con quella delle opzioni terpeutiche attualmente disponibili per il carcinoma polmonare non a piccole cellule con inserzioni dell’esone 20» dell’EGFR, ha proseguito il Professore, aggiungendo che, alla luce dell’efficacia dimostrata da amivantamab in monoterapia, lo si sta già valutando anche in combinazione con altri agenti.

Lo studio CHRYSALIS
Lo studio CHRYSALIS (NCT02609776 ) è uno studio multicentrico multi-coorte, in aperto, il primo sull’uomo, in cui si sono valutate la sicurezza, la farmacocinetica e l’efficacia di amivantamab in pazienti adulti con NSCLC avanzato, sia come monoterapia sia in combinazione con lazertinib, un TKI dell’EGFR di terza generazione.

Lo studio comprendeva una fase di dose-escalation e una di dose-expansion; nella parte di dose-escalation già conclusa si sono identificate come dosi raccomandate per la fase 2 (RP2D) 1050 mg, per i pazienti di peso inferiore a 80 kg, e 1400 mg, per i pazienti di 80 kg e oltre.

I dati presentati al congresso si riferiscono a pazienti già sottoposti alla chemioterapia a base di platino, con tumori portatori di inserzioni dell’esone 20, che sono stati trattati alla RP2D per l’analisi di sicurezza (114 pazienti) e quelli che erano stati sottoposti ad almeno tre valutazioni della malattia al momento del cut-off clinico, come parte della popolazione in cui si valutava l’efficacia (81 pazienti).

L’endpoint primario era il tasso di risposta obiettiva (ORR), mentre gli endpoint secondari chiave erano il tasso di beneficio clinico (CBR), la durata della risposta (DoR), la sopravvivenza libera da progressione (PFS) e l’OS.

Tasso di risposta del 40%
Il follow-up mediano al momento del cut-off clinico (ottobre 2020) era di 9,7 mesi (range: 1,1-29,3).

L’ORR è risultato del 40% (IC al 95% 29%-51%), con tre risposte complete e 29 risposte parziali, mentre la DoR è risultata di 11,1 mesi (IC al 95% 6,9-non raggiunta [NR]). In 39 pazienti (48%) si è riscontrata una stabilizzazione della malattia, per cui il CBR è risultato del 74% (IC al 95% 63%-83%), mentre 8 pazienti (10%) sono andati in progressione.

Tra i 63 pazienti che presentavano inserzioni nell’esone 20 dell’EGFR rilevabili nel DNA tumorale circolante, si sono identificate 25 varianti distinte in differenti regioni dell’esone, ma queste differenze non sembrano aver influenzato la risposta al farmaco.

La PFS mediana è risultata di 8,3 mesi (IC al 95% 6,5-10,9) e l’OS mediana di 22,8 mesi (IC al 95% 14,6%-NR).

Profilo di sicurezza coerente con quello di TKI dell’EGFR
Effetti avversi legati al trattamento si sono manifestati in quasi tutti i pazienti e nel 16% dei casi sono stati di grado 3 o superiore. L’incidenza degli effetti avversi gravi legati al trattamento è risultata del 9% e il 4% di essi ha richiesto l’interruzione del trattamento stesso. Riduzioni della dose e interruzioni delle somministrazioni ritenute correlate alla terapia hanno avuto un’incidenza rispettivamente del 13% e 21%.

Il profilo di sicurezza di amivantamb è stato considerato coerente con i profili noti degli agenti che inibiscono i pathway dell’EGFR e di MET. Gli eventi avversi correlati al trattamento più comuni di qualsiasi grado correlati all’inibizione dell’EGFR sono stati rash (86%), paronichia (42%), stomatite (18%) e prurito (17%), mentre quelli relativi all’inibizione di MET ipoalbuminemia (15%) ed edema periferico (10%). Si sono registrati anche altri eventi avversi correlati al trattamento, come reazioni legate all’infusione (66%) e affaticamento (12%). Quasi tutte le reazioni legate all’infusione si sono verificate durante la prima somministrazione e raramente hanno avuto un impatto sulla capacità dei pazienti di continuare la terapia.

Le caratteristiche dei pazienti
Riguardo alle caratteristiche demografiche di base dei pazienti, il campione era in maggioranza femminile (59%), con un’età mediana di 62 anni (range: 42-84). I partecipanti erano equamente divisi tra fumatori (47%) e non fumatori (53%). Il 49% dei pazienti era asiatico, il 37% bianco e il 3% nero.

Il tempo mediano dalla diagnosi era di 17 mesi (range: 1-130) e le terapie precedenti includevano la chemioterapia con una doppietta a base di platino in tutti i pazienti, l’immunoterapia nel 46% e TKI dell’EGFR nel 25%. Inoltre, i pazienti erano già stati sottoposti a una mediana di due terapie precedenti (range: 1-7).

Come agisce amivantamab 
Sviluppato da Janssen, amivantamab è un anticorpo bispecifico che agisce sulle mutazioni attivanti e di resistenza dell’EGFR e di MET, così come sulle amplificazioni di MET, attraverso tre meccanismi di attività dimostrati. Il nuovo agente agisce sulle cellule tumorali per trogocitosi, o “rosicchiamento cellulare”, dei macrofagi e delle cellule Natural Killer e mediante degradazione del recettore attraverso la via lisosomiale.

Legandosi il sito extracellulare del dominio dei recettori, amivantamab può aggirare la resistenza primaria e secondaria dei TKI a livello del sito attivo.

Fonte
Sabari JK, et al. Amivantamab in post-platinum EGFR Exon 20 insertion mutant non–small cell lung cancer. IASLC 2020 World Conference on Lung Cancer Singapore; abstract OA04.04.