La street artist Laika sulla rotta balcanica dei migranti


Laika sulla rotta balcanica. I poster della street artist nei luoghi simbolici dei migranti al confine tra Bosnia e Croazia

La street artist Laika sulla rotta balcanica dei migranti

Cosa sta succedendo tra la Bosnia e la Croazia? Racconti fotografici e approfondimenti giornalistici raccontano l’orrore della cosiddetta #rottabalcanica. Storie e immagini di profughi respinti, picchiati e derubati. Alle voci di cronaca si aggiunge quella di Laika, la street artist italiana ha raggiunto il confine tra Bosnia e Croazia, nelle località di Lipa, Bihac e Velika Kladusa, nel Cantone dell’Una Sana, per denunciare con i suoi poster le condizioni in cui versano i migranti.

LA DENUNCIA DI LAIKA

“Ho voluto vedere con i miei occhi quali fossero le condizioni di migliaia di persone bloccate alle porte dell’Europa. Freddo, scarsità di cibo ed acqua e violenza da parte della polizia ogni volta che si prova ad entrare in Croazia: è questa la terribile routine dei migranti sulla rotta balcanica. Non c’è nulla di umano nel vivere così” .

“Ho incontrato persone incastrate in questo inferno da anni, che continuano a combattere per il proprio futuro e per quello della loro famiglia. Uomini e donne provenienti dalle più diverse regioni del pianeta le cui storie DEVONO essere raccontate. Storie come quella di Ahmed che viene dal Pakistan ed è bloccato in Bosnia da cinque anni e sogna di lavorare in un hotel, o quella di Brahim, un ragazzo berbero fuggito dall’Algeria, che racconta con rabbia l’esperienza dei pushback, i rimpatri illegali, a Trieste”, dice Laika.

LE QUATTRO OPERE DI LAIKA

Nei poster della street artist ci  sono: un uomo di spalle con la schiena sfregiata dalle botte della polizia di frontiera, le cui cicatrici formano le lettere EU; un bambino con le lacrime congelate; una donna che chiede aiuto alla Von der Leyen che però sembra non ascoltare; una bambina che salta una corda di filo spinato.

I poster sono stati affissi in quei luoghi simbolici che rappresentano la vita dei migranti: rifugi di fortuna, boschi di frontiera dove tentano il ‘game’, il campo di Lipa e gli scenari vicini al campo Miral.

Quello di Laika, spiega la Dire (www.dire.it), è un monito all’Unione Europea. Bisogna accogliere queste persone e garantire loro delle condizioni di vita umane, punire e fermare la violenza di quegli stati europei che si accaniscono sui corpi di queste persone e, soprattutto, stroncare la rete del traffico di esseri umani. Perché “A rimanere in silenzio si diventa complici”.