Autismo: terapie digitali possibile alleato


Autismo, le terapie digitali possono essere utili: ecco come potrebbero essere usate e quando potrebbero arrivare in Italia

Autismo, le terapie digitali possono essere utili: ecco come potrebbero essere usate e quando potrebbero arrivare in Italia

Nel giugno 2020 l’Fda ha approvato la prima terapia digitale per il trattamento del disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) e la stessa società che ha sviluppato questo trattamento ha avviato lo sviluppo di un candidato Digital Therapeutics per il trattamento dei disturbi dello spettro autistico.

Si tratta di terapie che permettono di trattare malattie complesse come l’ADHD e potenzialmente l’autismo attraverso modifiche dei comportamenti disfunzionali, in un modo che le molecole chimiche o biologiche non potrebbero fare.

Come agiscono queste terapie, come potrebbero essere utilizzate per questi pazienti e quando potrebbero arrivare in Italia? Di questi temi si è parlato durante la Web Conference “Terapie Digitali, una opzione terapeutica per le persone con disturbi dello spettro autistico?”, organizzata da daVinci Digital Therapeutics srl, ANGSA onlus (Associazione Nazionale Genitori Persone con Autismo) e Fondazione Smith Kline.

Autismo e strumenti digitali
“Le terapie digitali devono essere inserite in un programma multidimensionale e devono essere attentamente monitorate, come doveroso fare con tutte le terapie. Da molti anni abbiamo scoperto che il computer è una risorsa importante per molti bambini e adulti con disturbi dello spettro autistico, anche per quelli che uniscono disabilità intellettiva e disprassia motoria.  Una caratteristica abbastanza costante dell’autismo cosiddetto “low functioning” è quella di avere il canale visivo che funziona meglio di quello uditivo. Inoltre, queste persone sono ripetitive e amano rivedere un programma senza variazioni e la macchina è molto più brava dell’essere umano in questo. Questi pazienti hanno più difficoltà a imparare a scrivere a mano piuttosto che a macchina, in quanto lo scrivere a mano comporta la fine motricità del comporre le lettere, mentre con la tastiera del computer, per comporre una lettera basta premere un tasto”, ha spiegato Daniela Maria Cerati, moderatrice della Web Conference e Coordinatrice del Comitato Scientifico ANGSA, l’Associazione Nazionale Genitori Persone con Autismo.

“Molti programmi fatti per facilitare l’apprendimento, nati in genere per altre difficoltà, ad esempio la dislessia e la discalculia, vanno bene anche per gli allievi con autismo. Un problema che si pone con questa e con le altre risorse è se queste assurgano alla dignità di terapie o se debbano essere considerate svaghi o al massimo risorse didattiche e non terapeutiche. La tendenza ad abusare della parola terapia è molto diffusa. Le persone disabili trasformano in terapia tutto ciò che per gli altri è svago, passatempo o strumento per apprendere.  Noi sappiamo che l’ambizioso termine “terapia” dovrebbe essere riservato a risorse, siano esse farmacologiche, chirurgiche o riabilitative, che abbiano dimostrato di portare miglioramenti non casuali a funzioni carenti o a comportamenti disfunzionali, seguendo un iter di sperimentazione che rispetti regole riconosciute dalla comunità scientifica internazionale e di aver ricevuto un giudizio positivo da parte di organismi regolatori. Proprio in questo risiede la novità delle terapie digitali”, ha aggiunto Cerati.

“L’Fda nel 2020 ha approvato la prima terapia digitale per il trattamento dell’ADHD. Questa risorsa potrebbe interessare gran parte delle persone con disturbo dello spettro autistico, infatti la stessa società che ha sviluppato la terapia digitale per l’ADHD ha avviato lo sviluppo di una candidata terapia digitale per il trattamento di questi disturbi. I terapeuti avranno quindi presto uno strumento in più nella loro “cassetta degli attrezzi” da usare nell’ambito di una programmazione educativa multidimensionale che deve essere cucita su misura per ogni individuo, come un vestito nuovo fatto dal sarto e non comprato preconfezionato in un negozio.  La nuova risorsa terapeutica dovrà poi essere monitorata per verificarne l’efficacia e gli eventuali effetti indesiderati nel lungo periodo”, ha concluso Cerati.

Terapie digitali e autismo. A che punto siamo
“Dal 2017, se ci riferiamo alla approvazione di Reset da parte della Food and Drug Administration o dal 2019, se ci riferiamo alla sua commercializzazione negli Stati Uniti, è iniziata l’era dei Digital Therapeutics, le Terapie Digitali. Si tratta di nuove terapie, nelle quali il principio attivo non è una molecola, ma un software. Non risiedono nel mondo fisico degli atomi, ma in quello dei bite e per la prima volta nella storia dell’umanità non hanno una dimensione fisica. Con i Digital Therapeutics ora possiamo programmare un software per diventare una terapia in grado di trattare malattie quali depressione, schizofrenia, diabete, abuso di sostanze, insonnia, autismo. Terapie che permettono di trattare malattie complesse attraverso modifiche dei comportamenti disfunzionali delle persone, in un modo che le molecole chimiche o biologiche non potrebbero fare. Per poter trarre tutto il beneficio che queste nuove terapie possono offrire, è necessario aggiornare la nostra concezione di ciò che significa una terapia, sia da parte dei cittadini che dei professionisti sanitari e delle istituzioni”, ha spiegato Giuseppe Recchia, Vice Presidente Fondazione Smith Kline e CEO daVinci Digital Therapeutics srl.

Nel 2013, Nature, una delle riviste scientifiche più importanti al mondo, ha pubblicato uno studio che dimostrava che il videogioco è un “tonico” per il cervello.  Lo studio era stato condotto su persone anziane e affermava nell’editoriale che la nostra capacità di multitasking e di controllo cognitivo diminuiscono con l’età. La ricerca ha dimostrato che l’allenamento cognitivo può aiutare a contrastare questo declino in soggetti anziani fra 60 e 85 anni, che si allenavano a casa giocando con il videogioco NeuroRacer e il miglioramento persisteva per almeno 6 mesi. I benefici di questo “addestramento” con il gioco si sono estesi anche alle funzioni cognitive non allenate, come l’attenzione prolungata e la memoria di lavoro.  Questi risultati suggeriscono che il cervello che invecchia può essere più robusto e plastico di quanto si pensasse in precedenza, consentendo un miglioramento cognitivo attraverso strategie progettate in modo appropriato.

La società che aveva sviluppato il videogioco per gli anziani si è focalizzata successivamente sulla progettazione di videogiochi per i bambini con ADHD e autismo. Il 15 giugno del 2020, l’Fda ha approvato per la prima volta una terapia digitale basata su un videogioco per l’ADHD. La terapia digitale è stata oggetto di studio anche per i bambini con autismo, dimostrandosi potenzialmente efficace per il controllo cognitivo di pazienti con entrambe le patologie.

Altre società stanno sviluppando terapie digitali per l’autismo e una di queste ha ricevuto la designazione di terapia fortemente innovativa da parte dell’Fda. Attualmente sono in corso diversi studi su Digital Therapeutics per queste indicazioni.

“Ad oggi in Italia non vi sono ancora terapie digitali disponibili per l’uso clinico. Esse peraltro sono scarsamente o per nulla conosciute dalla gran parte degli operatori sanitari, dei pazienti e delle istituzioni sanitarie. Considerato lo stato di rapido ed esponenziale sviluppo di tali terapie, si tratta di una situazione che deve essere corretta e rapidamente adattata alle nuove esigenze dei pazienti e del paese. Per superare queste barriere, è necessario progettare un percorso di azioni ed attività che realizzi le condizioni necessarie ad introdurre le Terapie Digitali ed i loro benefici nella pratica medica del nostro paese. Il progetto di Fondazione Smith Kline “Terapie Digitali per l’Italia”, condotto tra luglio 2019 e dicembre 2020 ha il duplice obiettivo di identificare e definire le condizioni necessarie per consentire al paziente di accedere ai benefici delle Terapie Digitali ed al paese di divenire un riferimento per la loro ricerca e sviluppo, contribuendo in tale modo al suo sviluppo sociale ed economico. L’attività del gruppo di progetto, condotta attraverso incontri, ricerca empirica e sondaggi, ha prodotto la documentazione che ora viene raccolta e pubblicata nelle 208 pagine del Numero Monografico di Tendenze Nuove «Terapie Digitali, Opportunità per l’Italia».

Questo documento intende fornire una prima risposta alle varie domande e superare molte delle barriere sopra esposte, rappresentando un riferimento operativo per istituzioni, società scientifiche, organizzazioni di pazienti in merito alle modalità di introduzione delle terapie digitali.

“La pubblicazione di questo documento non rappresenta la conclusione di un progetto, quanto l’avvio del percorso e la chiamata all’azione rivolta a tutte le parti interessate ad aggiornare i percorsi di diagnosi e cura delle malattie croniche nel nostro paese”, ha concluso Recchia.

“Serious Game”, un nuovo principio attivo digitale?
Imaginary è un’azienda nata a Milano quasi 17 anni fa, costituita da un team multidisciplinare composto da psicologi, tecnici, game designer e artisti grafici. Questi esperti utilizzano la psicologia e le meccaniche di gioco per sviluppare progetti che hanno l’obiettivo di influenzare la motivazione e promuovere un cambiamento comportamentale dell’utente per cui il gioco è stato progettato, principalmente nell’ambito della salute.

“Il gioco, definito “Serious game” è un canale naturale per portare il messaggio di una terapia digitale”, ha spiegato Lucia Pannese, CEO Imaginary srl. Il gioco ha il ruolo di tenere un paziente attivo al centro di un’esperienza, di motivarlo, di promuovere un cambiamento comportamentale, per migliorare la salute e la qualità della vita. La “Gamification” è invece l’utilizzo di componenti tipici del gioco all’interno di un processo che non è ludico”.

Un esempio di “Serious game” sviluppato da Imaginary è Rehability. Si tratta di una “suite” di riabilitazione basata sul gioco, che nasce per riabilitare il paziente al domicilio. Il gioco viene tarato dal terapista sul tipo di patologia del paziente che lo utilizza e alla fase della malattia.

“Tutto deve essere fornito, tarato e proposto dagli specialisti, i quali mettono a punto piani terapeutici altamente personalizzati per ogni singolo paziente a seconda della fase della malattia”, ha spiegato Pannese.

La società ha poi sviluppato un altro videogioco per i bambini con la fibrosi cistica. In questo gioco il bambino si deve occupare di un “pupazzetto” con la malattia e deve aiutarlo a capire come muoversi nella sua giornata per star bene. In questo modo si aumenta l’attenzione del bambino sulle dinamiche che gli permettono di avere una qualità della vita migliore.

C’è poi un gioco sviluppato appositamente per l’autismo che aiuta le persone affette da questa patologia ad avvicinarsi al mondo del lavoro. il gioco si svolgeva a moduli: prima il giocatore deve eseguire un’intervista per accettare un lavoro dove gli vengono descritte tre possibilità: una mansione in ufficio, in una serra o in un supermercato. Superato il colloquio di lavoro, il giocatore può decidere quale dei tre lavori vuole scegliere e fondamentalmente imparare ad affrontare questo lavoro.  Questo gioco è stato costruito insieme a persone con autismo e accompagnatori.

L’ultimo progetto riguarda un videogame dedicato a bambini e adolescenti con autismo dai 7 ai 14 anni. Si svolge in una navicella spaziale ed è un gioco modulare, dove una persona che si occupa della formazione di questi ragazzi gestisce un cruscotto che può essere tarato sul paziente. All’interno di questo gioco ci sono dei pianeti in cui l’utente si trova in diverse situazioni e deve superare delle prove.

“E’ fondamentale che queste soluzioni vengano progettate da un team multidisciplinare, composto da persone in grado di studiare la motivazione dell’utente finale e promuoverla attraverso una soluzione che si traduce in un software. E’ anche importante che l’utente finale venga incluso nella progettazione del software”, ha concluso Pannese.

Ricerca e sviluppo di una terapia candidata per il trattamento dei disturbi dello spettro autistico
Roche è tra le aziende che stanno sviluppando terapie digitali per le persone con autismo. Come ha spiegato Luisa De Stefano, Patient Partnership Lead di Roche spa, la società si propone di aiutare le persone con autismo a sviluppare le fondamentali capacità relazionali attraverso una terapia digitale semplice e accessibile.

Molti bambini e adulti con autismo hanno infatti bisogno di aiuto nell’apprendere come comportarsi in diversi tipi di situazioni sociali.  La terapia comportamentale face to face è la migliore opzione per supportare queste persone, anche se non è applicata in modo coerente, ha un’efficacia variabile e un accesso limitato. A causa della limitata comprensione della causa sottostante dell’autismo e dell’eterogeneità biologica, finora non è stato sviluppato con successo alcun trattamento farmacologico efficace per questa patologia.

Attualmente Roche sta studiando una soluzione digitale che ha lo scopo di sviluppare le abilità emotive e comportamentali e della vita quotidiana dei ragazzi dai 12 ai 21 anni.

La soluzione include un portale web per l’interazione paziente-terapista, una soluzione analitica basata su cloud per fornire feedback in tempo reale alle parti interessate, cuffie per la realtà virtuale e smartwatch. E’ stata costruita anche una piattaforma che raccoglie i dati allo stesso modo di quanto avviene in uno studio clinico (proof of concept).

Durante lo studio clinico il paziente con autismo utilizzerà questa soluzione per mezzora al giorno per un periodo superiore ai 3 mesi. Il dispositivo è collegato al clinico e al terapista e il paziente incontrerà la prima figura poche volte l’anno, mentre incontrerà il secondo professionista una volta al mese al fine di completare la terapia comportamentale eseguita a casa con il dispositivo. Il terapista potrà effettuare anche un monitoraggio in remoto del paziente attraverso lo strumento. Il dispositivo simulerà situazioni in cui potrebbe trovarsi il paziente nella vita quotidiana e lo aiuterà anche nell’inserimento a scuola.

“Non è solo un gioco, il bambino si trova in questa realtà amplificata e impara dalla stessa in monitoraggio con il terapista”, ha spiegato De Stefano. “Speriamo che questa soluzione possa arrivare presto alle autorità regolatorie ed essere disponibile per i pazienti.

Terapia digitale, ADHD e disturbi dello spettro autistico. Il ruolo dell’analista del comportamento
Come ha spiegato Fabiola Casarini, Presidentessa Associazione Errepiù, l’intervento psicoeducativo per l’ADHD e i disturbi dello spettro autistico dimostra di essere efficace in tempi brevi per modificare risposte all’ambiente, che ragionevolmente non sono frutto di altri apprendimenti o maturazione dell’individuo. L’intervento ha una definizione di efficacia “operazionalizzabile” (efficacia percepita è diverso da evidenza di efficacia), deve avere effetti misurabili e replicabili e avere una solida base empirica. Perché sia efficace un intervento, ci deve essere una corretta definizione del destinatario, deve avere alti livelli di personalizzazione, ci deve essere un’interazione con i professionisti ed è necessaria la transdisciplinarietà.

“Le nostre ricerche hanno dimostrato che le applicazioni utilizzate attraverso il tablet per i bambini con ADHD o disturbi dello spettro autistico erano efficaci solo se includevano qualche forma di feedback gestito da un individuo fisico. In qualche modo si potrebbe dire che è difficilissimo sostituire la relazione con la persona perché una componente di questa essenziale perché si verifichi l’apprendimento”, ha spiegato Casarini.

In Italia ci sono molti analisti del comportamento che appartengono alla società scientifica AARBA che si occupa di Applied Behavior Analysis (ABA).

“Riteniamo che debba essere possibile che tante forme di terapia digitale vengano messe a punto per agire su diversi gruppi di sintomi o comportamenti, fortemente rappresentati tra le persone che hanno il disturbo dello spettro autistico o disturbi legati a deficit di attenzione. Il nostro gruppo di ricerca è aperto per tutte le forme di collaborazione e speriamo che il prima possibile la competenza dell’applied behavior analysis venga considerata indispensabile e necessaria in tutti i gruppi di lavoro che sviluppano nuove terapie digitali, anche perché abbiamo verificato che è molto gradita la nostra presenza quando insieme partecipiamo a ricerche e investimenti di respiro europeo”, ha concluso Casarini.

Esperienza di terapia a distanza per i disturbi dello spettro autistico
In questo periodo, a causa dell’emergenza Covid-19, molti terapisti sono stati costretti a utilizzare mezzi digitali per effettuare visite a distanza e proseguire il percorso di terapia di bambini con disturbi dello spettro autistico.

“Quello che abbiamo imparato è che la terapia a distanza non è un surrogato della terapia in presenza, i due approcci sono differenti e tutti e due hanno dei vantaggi e dei limiti”, ha spiegato Alessandro Ghezzo, Fondazione Danelli-Centro Gironi. I limiti principali della terapia a distanza sono rappresentati principalmente dall’età del bambino e dal livello di gravità della malattia, infatti più il bambino è piccolo e più la malattia è grave, più è difficile lavorare da lontano. La potenzialità della terapia a distanza è che ci dà la possibilità di vedere realmente come vive il bambino, come si rapporta con l’ambiente domestico e con i famigliari, cosa che non è possibile fare durante la visita in presenza. Abbiamo proposto un questionario ai nostri terapisti e abbiamo osservato una sorta di paradosso: la maggior parte dei colleghi afferma che la terapia a distanza è meno efficace di quella in presenza, ma allo stesso tempo si ritiene soddisfatta dei risultati del primo approccio e lo considera un’opportunità”.

Una ricerca condotta dal CNR di Messina, pubblicata lo scorso settembre su Brain Sciences, ha valutato i risultati di una terapia a distanza per bambini con disturbi dello spettro autistico. Durante lo studio, i genitori sono stati supportati durante un intervento di gestione del comportamento nelle attività quotidiane. Gli interventi sono stati personalizzati in base alle richieste della famiglia e i genitori avevano la possibilità di condividere le loro problematiche con un terapista che li seguiva a distanza per costruire insieme l’intervento personalizzato. Lo studio ha mostrato che dopo 12 settimane di terapia, si osservava una riduzione dei livelli di stress dei genitori e cambiava la percezione delle problematiche del bambino.

“Diverse famiglie coinvolte nella sperimentazione hanno richiesto di continuare questo intervento, perché hanno trovato efficace il poter entrare direttamente in contatto con il proprio bambino in maniera adeguata. Questo di solito è quello che manca, perché i genitori tendono a delegare agli operatori questi interventi”, ha spiegato la ricercatrice del CNR di Messina che ha presentato lo studio.

Persone con autismo ad alto funzionamento e sviluppo di tecnologie digitali
Auticon è una società di consulenza informatica i cui dipendenti sono tutte persone con autismo che lavorano su progetti di alta specializzazione nel mondo informatico. Dal 2019 l’azienda è presente anche in Italia con un gruppo di persone abbastanza ampio e con degli psicologi che lavorano all’interno del team.

Le persone che lavorano nell’azienda presentano autismo ad alto funzionamento. Sono caratterizzate quindi da un quoziente intellettivo molto elevato, ma hanno delle difficoltà nelle funzioni esecutive, nelle relazioni sociali e disarmonie comportamentali di cui gli psicologi che lavorano insieme a loro si occupano per farle lavorare al meglio.

La società ha fatto partire un progetto che si chiama Mind-Aut che nasce dall’esigenza aziendale di agire in direzione del benessere dei propri dipendenti con autismo.

Si tratta di un percorso di mindfulness che si basa sui risultati di alcuni studi che hanno dimostrato l’efficacia di questo approccio nel trattamento dei disturbi dell’umore, d’ansia, del sonno e problemi comportamentali, aspetti con cui si trovano a convivere spesso anche le persone con autismo ad alto funzionamento. Inoltre, in alcune persone autistiche, sono riscontrabili gravi deficit dell’attenzione che sono alla base di comportamenti che possono risultare impulsivi e dirompenti. Queste persone potrebbero trarre particolare vantaggio dalla pratica della mindfulness che è basata sull’esecuzione di semplicissime istruzioni. Ciò permetterebbe, dunque, di ridurre l’impatto della mediazione linguistica per coloro che hanno difficoltà nel linguaggio.

Il percorso coinvolge 14 persone tra i 24 e i 41 anni che parteciperanno a otto incontri con un esperto di mindfulness e con il supporto di psicologi. Verranno valutati diversi outcome e l’azienda si attende una diminuzione dei livelli di stress, un aumento dei livelli di consapevolezza, una riduzione dei livelli di “esaurimento energetico” e di ansia e depressione.

“La nostra idea è quella di sviluppare soluzioni digitali estendibili a una popolazione come quella che verrà studiata e potenzialmente utilizzabili da persone neurotipiche. Queste soluzioni verranno sviluppate utilizzando competenze interne di tipo autistico per produrre soluzioni digitali per indirizzare il mondo dell’autismo. Il nostro scopo è anche quello di creare una rete di collaborazioni con enti accademici, istituti di ricerca clinica e aziende specializzate nel settore digitale avanzato”, ha concluso Alberto Balestrazzi, CEO di auticon srl.

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