Statine e fibrosi polmonare idiopatica: legame incerto


Statine causa di fibrosi polmonare idiopatica o il contrario? Un nuovo studio affronta la questione con risultati sorprendenti

Statine e fibrosi polmonare idiopatica: relazione incerta

La terapia con statine potrebbe avere un beneficio significativo sulla progressione di fibrosi polmonare idiopatica (IPF). E’ questo il responso di uno studio retrospettivo pubblicato su Respiratory Medicine che fa chiarezza sull’effetto dei farmaci cardiovascolari nella fibrosi polmonare idiopatica, con risultati confortanti per la pratica clinica.

Razionale e disegno dello studio
“Per ridurre il rischio CV, molti pazienti con fibrosi polmonare idiopatica sono sottoposti a trattamento con statine per trattare l’ipercolesterolemia – ricordano i ricercatori nell’introduzione allo studio -. Negli ultimi 20 anni, però, sono emerse delle controversie su un possibile ruolo causale delle statine nell’induzione della malattia polmonare interstiziale in questione”.

“Nel 2008  – continuano – una rassegna sistematica della letteratura aveva concluso che la malattia interstiziale del polmone era un possibile effetto collaterale della terapia in ragione degli effetti di questi farmaci sull’inflammosoma (oligomero multiproteico citosolico del sistema immunitario innato responsabile dell’attivazione delle risposte infiammatorie). Per quanto questa associazione non fosse stata confermata in un altro studio di coorte, era invalsa la convinzione di interrompere il trattamento con statine nei pazienti con sospetto di interstiziopatia polmonare. Tuttavia, gli studi in vitro avevano scoperto che le statine avevano effetti pleiotropici (effetto anti-infiammatorio,  capacità di ritardare la senescenza cellulare e di inibire alcuni mediatori importanti della fibrosi. A ciò, nel frattempo, si erano aggiunti i risultati di alcuni gruppi di ricerca che avevano scoperto un possibile effetto benefico della terapia con statine nei pazienti con IPF”.

Non solo statine
Ma le cose non finiscono qui: “Studi sul pathway della coagulazione – aggiungono i ricercatori – hanno documentato l’esistenza di un’associazione epidemiologica e fornito evidenza di uno stato protrombotico generale nei pazienti con IPF. Ciò detto, gli studi finora condotti non sono stati in grado di dimostrare un miglioramento dell’outcome clinico in questi pazienti se utilizzatori di anticoagulanti, con risultati contrastanti.

Quanto al diabete mellito, considerato un fattore di innalzamento del rischio di fibrosi polmonare, i dati sull’impiego di metformina provenienti da modello sperimentale murino sono risultati, invece, promettenti”.
L’obiettivo dello studio è stato quello di analizzare le possibili correlazioni esistenti tra IPF e comorbilità CV, analizzando l’impatto dei farmaci prescritti sulla funzione polmonare e la sopravvivenza.

Disegno dello studio e risultati principali
I ricercatori hanno recensito i dati di un centro belga per la cura delle interstiziopatie polmonari relativi all’impiego di statine, antiaggreganti, anticoagulanti e metformina. In questo modo, hanno calcolato la percentuale predetta di FVC (FVC%) e la capacità di diffusione polmonare di CO2 , oltre alla valutazione della sopravvivenza in un follow-up della durata di 4 anni.

Lo studio retrospettivo ha incluso 323 pazienti (età media= 70,8 anni; 76,5% pazienti di sesso maschile) con IPF. Di questi, il 45% era affetto da almeno una comorbililtà CV. L’86% del campione era in terapia con farmaci antifibrotici.

Tra i farmaci CV utilizzati nel campione di pazienti considerato vi erano statine (n=171), farmaci antiaggreganti (n=152), farmaci anticoagulanti (n=49) e metformina (n=28).

Considerando i soli utilizzatori di statine, 66 erano in terapia con atorvastatina, 52 con simvastatina, 36 con rosuvastatina, 16 con pravastatina e uno solo con fluvastatina.

Dai risultati dello studio è emerso che i pazienti con IPF e comorbilità CV che utilizzavano statine mostravano, rispetto ai non utilizzatori di questi farmaci, variazioni annuali più lente di FVC%  (differenza: 2,9%; IC95%= 1,6-4,4; p<0,001) e di capacità diffusiva polmonare di CO2 (differenza: 1,3%; IC95%= 0,24-2,3; p=0,013).

Considerando, invece, i pazienti in terapia antiaggregante, i ricercatori hanno osservato un trend verso un più lento declino di FVC (p=0,098) e una riduzione numerica (non significativa) della sopravvivenza (HR=1,63; p= 0,074) rispetto a quanto osservato nei pazienti che non assumevano questi farmaci.

Passando ai pazienti in terapia anticoagulante, i ricercatori hanno rilevato un trend verso un peggioramento della capacità diffusiva polmonare di CO2 (differenza: –1,3%; IC95%= –2,6;  0,02; p = 0,055) rispetto a quelli con sottoposti a trattamento con questi farmaci.

Da ultimo, non è stato osservato un effetto sulla progressione di IPF in termini di evoluzione delle misure di funzione polmonare o sopravvivenza tra i pazienti in terapia con metformina.

Limiti e implicazioni dello studio
Pur con i limiti metodologici intrinseci (disegno retrospettivo e monocentrico) ammessi dagli stessi ricercatori, “…i risultati del lavoro forniscono evidenze a supporto di un possibile effetto benefico della terapia con statine sulla evoluzione di IPF, dimostrando un rallentamento significativo del declino di FVC e della capacità di diffusione polmonare di CO2 – scrivono i ricercatori nelle conclusioni del lavoro -. Rispetto alle raccomandazioni precedenti, pertanto, non vi sono evidenze per sospendere la terapia con statine nei pazienti con IPF”.

NC

BIbliografia
Lambert EM et al. Statins: cause of fibrosis or the opposite? Effect of cardiovascular drugs in idiopathic pulmonary fibrosis. Resp Med. 2020;doi:10.1016/j.rmed.2020.106259.
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