Emofilia B: nuove speranze da una terapia genica


Per i pazienti con Emofilia B nuove speranze di cura da una terapia genica altamente efficace e sicura secondo lo studio di fase 3 HOPE-B

Emofilia: nuove speranze dalla terapia genica

Il trattamento di pazienti con emofilia B grave o moderata/grave con la terapia genica etranacogene dezaparvovec è risultato efficace e sicuro nello studio di fase 3 HOPE-B, presentato in una sessione orale del 62° congresso dell’American Society of Hematology (ASH).

«La maggior parte dei pazienti con emofilia B è vincolata a una profilassi con una o due infusioni endovenose a settimana di fattore della coagulazione dal momento della nascita per il resto della vita», ha spiegato l’autore senior dello studio, Steven W. Pipe, direttore dell’Hemophilia and Coagulation Disorders Program dell’Università del Michigan di Ann Arbor. «La terapia genica offre la possibilità di liberare i pazienti da questo peso, rendendoli molto più liberi nella vita di tutti i giorni».

«Questi dati iniziali sulla terapia genica etranacogene dezaparvovec sono incoraggianti, perché in questi pazienti l’emofilia B grave sembra essersi risolta dopo la somministrazione di una terapia genica una tantum, senza più eventi emorragici nella maggior parte dei casi, e senza bisogno di una terapia sostitutiva cronica» ha aggiunto il professore. «I pazienti in sostanza non hanno più dovuto preoccuparsi della loro malattia».

L’emofilia B e la terapia genica
L’emofilia B, che rappresenta circa un quinto dei casi di emofilia, è causata da una mutazione ereditaria del gene che codifica per il fattore IX della coagulazione. Non avendo la capacità di produrre il fattore IX, i pazienti affetti da questa malattia possono andare incontro a episodi di sanguinamento incontrollato, incluso sanguinamento interno e articolare, che porta a deterioramento articolare e dolore cronico.

La terapia sostitutiva con fattore IX può ridurre i sanguinamenti associati all’emofilia B, ma richiede infusioni settimanali o bisettimanali per mantenere i livelli adeguati di fattore IX, un regime gravoso e molto costoso.

La terapia genica prevede l’utilizzo di particelle virali come vettori per trasferire i geni ingegnerizzati nelle cellule del fegato. Nel caso dell’emofilia B, questi geni sostituiscono il gene difettoso del fattore IX del paziente, consentendo all’organismo di produrre tale fattore in modo continuo.

Sebbene siano state messe a punto diverse terapie geniche per l’emofilia che si sono rivelate promettenti nelle prime fasi di sperimentazione, lo studio HOPE-B è il primo trial di fase 3 a testare quest’approccio in una vasta e diversificata gamma di pazienti, ha spiegato Pipe.

Etranacogene dezaparvovec
Etranacogene dezaparvovec è una terapia genica sperimentale che utilizza come vettore un virus innocuo, AAV5 (adeno-associated virus serotype 5), che veicola una copia altamente funzionale del gene F9 (il gene che codifica per il fattore IX della coagulazione), chiamata FIX Padua.

La variante FIX Padua è diversa rispetto alla copia sana normale del gene F9 ed è caratterizzata da una modifica che rende il fattore IX prodotto otto volte più attivo del normale.

Lo studio HOPE-B
L’Health Outcomes with Padua gene; Evaluation in Hemophilia B (HOPE-B NCT03569891) è uno studio multicentrico internazionale, in aperto e a braccio singolo che ha coinvolto 54 pazienti maschi adulti (età media: 41,5 ± 15,8 anni) con emofilia B grave o moderata-grave.

I pazienti sono stati inizialmente inclusi in un periodo prospettico osservazionale di almeno 6 mesi durante il quale sono stati monitorati gli episodi di sanguinamento e l’utilizzo della terapia sostitutiva con fattore IX, dopodiché sono stati sottoposti a una singola infusione endovena di etranacogene dezaparvovec (2×1013 gc/kg), della durata di circa un’ora

Tutti i partecipanti sono stati sottoposti di routine a una profilassi con fattore IX prima di entrare nello studio e non sono stati esclusi dall’arruolamento quelli che presentavano anticorpi neutralizzanti contro AAV5 preesistenti.

I pazienti saranno seguiti per 5 anni e gli endpoint primari del trial comprendono l’attività del fattore IX a 26 settimane e a 52 settimane dopo la somministrazione e il tasso di sanguinamento annualizzato durante le 52 settimane dopo l’infusione.  Tra gli endpoint secondari vi sono, invece, l’uso della terapia sostitutiva del fattore IX, gli eventi avversi e l’uso reattivo di corticosteroidi.

Oltre 80% dei pazienti trattati con emofilia grave
Più dell’80% dei 54 pazienti trattati nello studio in aperto presentava emofilia grave con attività endogena del fattore IX ≤ 1% e tutti erano dipendenti dalla terapia sostitutiva con fattore IX. Inoltre, il 43% aveva anticorpi neutralizzanti contro AAV5, fino a un titolo massimo di oltre 3200.

Trentotto pazienti (il 70,4%) avevano avuto episodi di sanguinamento nei 6 mesi precedenti lo studio, nonostante la profilassi con fattore IX.

Rapido aumento dell’attività del fattore IX
L’attività del fattore IX è aumentata rapidamente dopo la somministrazione fino a una media del 37,2% (emofilia molto lieve) a 26 settimane, partendo da un valore basale inferiore al 2% (emofilia moderata-grave) (P < 0,0001), raggiungendo così il primo endpoint primario dello studio.

Per quei pazienti con follow-up oltre le 26 settimane, è stata mantenuta un’espressione del fattore IX simile, incluso un paziente con un follow-up di 18 mesi.

Inoltre, gli autori non hanno trovato alcuna correlazione tra anticorpi neutralizzanti preesistenti e attività del fattore IX in pazienti con titolo anticorpale fino a 678,2, che rappresentavano più del 95% del campione; un singolo paziente con un titolo anticorpale pari a 3212,3 non ha risposto al trattamento.

Pazienti con anticorpi neutralizzanti esclusi dagli studi precedenti
È da rilevare che finora i pazienti con anticorpi neutralizzanti erano stati in genere esclusi dagli studi precedenti su terapie geniche basate sull’utilizzo di vettori virali, presumendo che gli anticorpi potessero bloccare l’assorbimento dei vettori virali stessi o innescare una pericolosa risposta immunitaria alla terapia.

Lo studio HOPE-B non ha riscontrato questi problemi, suggerendo che gli anticorpi neutralizzanti non precludono il successo della terapia genica.

Riduzione dei sanguinamenti che richiedono un trattamento
Un dato merita particolare attenzione e riguarda il secondo endpoint primario: il numero di sanguinamenti che avrebbero richiesto un trattamento è diminuito del 91% dopo la somministrazione di etranacogene dezaparvovec, e l’87% dei pazienti non ha avuto tali sanguinamenti dopo la somministrazione di etranacogene dezaparvovec.

Il totale dei sanguinamenti riportati, inclusi i sanguinamenti sospetti che non hanno richiesto trattamento e i sanguinamenti associati a traumi e procedure mediche non correlate, è diminuito dell’83%.

Trentanove pazienti (il 72,2%) non hanno riportato alcun sanguinamento nelle prime 26 settimane post-trattamento; 15 pazienti hanno riportato un totale di 21 sanguinamenti, un riscontro peraltro non inatteso, secondo gli autori, dato che molti dei soggetti presentavano già all’ingresso nello studio gravi danni articolari.

Interruzione della profilassi
Se si analizzano i dati di consumo di fattore IX pre- e post-trattamento, emerge alla settimana 26 una riduzione del 96% delle unità del fattore emocoagulativo utilizzate (da 292.304 UI/paziente/anno a 12.622 UI/paziente/anno), con 52 pazienti su 54 (96,3%) che hanno interrotto con successo le infusioni profilattiche di fattore IX.

Dei due pazienti che non hanno risposto, uno aveva ricevuto solo una dose parziale (meno del 10% del dosaggio) della terapia a causa di una reazione all’infusione durante la somministrazione, mentre il secondo aveva un titolo di anticorpi neutralizzanti preesistenti pari a 3212, superiore di circa cinque volte a quello di qualunque altro paziente, e va specificato che meno dell’1% della popolazione generale ha un titolo di anticorpi neutralizzanti preesistente superiore a 3000.

Poiché altri pazienti con anticorpi neutralizzanti hanno risposto bene alla terapia indipendentemente dal loro livello anticorpale, questo risultato suggerisce che gli anticorpi neutralizzanti possono rappresentare un problema solo se presenti a livelli estremamente elevati.

Profilo di sicurezza
Per quanto riguarda la sicurezza, la terapia genica con etranacogene dezaparvovec si è dimostrata generalmente ben tollerata, senza eventi avversi gravi correlati al trattamento.

La maggior parte degli eventi avversi (81,5%) è stata classificata come lieve e gli eventi correlati al trattamento più comuni sono risultati l’aumento delle transaminasi (17%), peraltro responsivo a trattamento con steroidi come previsto dal protocollo, reazioni correlate all’infusione (13%), cefalea (13%) e sintomi simil-influenzali (13%).

Non è stata riportata l’insorgenza di inibitori del fattore IX e non è stata evidenziata alcuna relazione tra sicurezza e anticorpi neutralizzanti. Nove pazienti hanno mostrato segni di una risposta immune alla terapia, che si è risolta in tutti i casi con un ciclo di corticosteroidi.

In conclusione
«Questi risultati sono i primi di uno studio di fase 3 su una terapia genica per l’emofilia B e si riferiscono alla coorte più ampia mai trattata finora con una terapia di questo tipo» ha osservato Pipe.

«Dopo l’infusione di una singola dose di etranacogene dezaparvovec, l’attività del fattore IX è aumentata, senza bisogno di immunosoppressione profilattica, fino a portare a 26 settimane pazienti che avevano un’emofilia moderata-grave in una situazione di emofilia lieve o di normalità. I pazienti hanno potuto interrompere la profilassi e nella maggioranza dei casi non ci sono stati più sanguinamenti» ha proseguito l’autore.

Inoltre, fatto importante, «I pazienti con presenza di anticorpi neutralizzanti preesistenti, che non sarebbero stati eligibili per altre terapie geniche, hanno in realtà ottenuto con etranacogene dezaparvovec risultati paragonabili a quelli dei pazienti privi della frazione anticorpale neutralizzante», ha concluso il professore.

Fonte;
Pipe S., et al. First Data from the Phase 3 HOPE-B Gene Therapy Trial: E!cacy and Safety of Etranacogene Dezaparvovec (AAV5-Padua hFIX variant; AMT-061) in Adults with Severe or Moderate-Severe Hemophilia B Treated Irrespective of Pre-Existing Anti- Capsid Neutralizing Antibodies. ASH 2020; abstract LBA-6. Blood (2020) 136 (Supplement_2): LBA-6. Link