Tumore al seno: sacituzumab govitecan efficace


Tumore al seno triplo negativo metastatico: sacituzumab govitecan efficace indipendentemente da espressione di Trop-2 e metastasi cerebrali

Tumore al seno: sacituzumab govitecan efficace

Il trattamento con il coniugato farmaco anticorpo (ADC) sacituzumab govitecan migliora i tassi di risposta e prolunga la sopravvivenza libera da progressione (PFS) rispetto alla chemioterapia in pazienti con carcinoma mammario triplo negativo metastatico (mTNBC) con metastasi cerebrali stabili, pur senza migliorare la sopravvivenza globale (OS). Inoltre, il farmaco è di beneficio indipendentemente dall’espressione del suo bersaglio, la glicoproteina Trop-2, anche se l’efficacia maggiore si ha nei pazienti con espressione media o elevata del target.

Lo evidenziano i risultati di due analisi separate dello studio di fase 3 ASCENT, presentate durante il San Antonio Breast Cancer Symposium (SABCS).

Nell’analisi sui biomarker, l’anticorpo ha aumentato la PFS mediana rispetto alla chemioterapia in tutti i sottogruppi con diversi livelli di espressione di Trop-2 analizzati e in quelli con espressione elevata o media del target l’aumento è stato di oltre due volte e mezzo. Inoltre, in questi ultimi due sottogruppi sì è osservato anche un raddoppio dell’OS mediana, che è risultata di circa 14-15 mesi.

«La valutazione dei biomarker nello studio di fase 3 ASCENT ha confermato che il beneficio clinico di sacituzumab govitecan rispetto alla chemioterapia nei pazienti con tumore al seno triplo negativo metastatico, già sottoposti in precedenza ad altri trattamenti, si osserva a prescindere dal livello di espressione di Trop-2. L’ADC si è dimostrato superiore alla chemioterapia anche indipendentemente dallo stato delle mutazioni germinali di BRCA1/2» ha affermato Sara Hurvitz, direttrice del Breast Cancer Clinical Research Program della University of California Los Angeles (UCLA), presentando i dati dell’analisi.

Nel sottogruppo di pazienti con metastasi cerebrali stabili, quelli trattati con l’ADC hanno mostrato una riduzione del 35% del rischio di progressione della malattia o decesso e a 3 mesi dall’avvio del trattamento quelli ancora in vita e senza segni di progressione erano circa il 14% in più nel braccio trattato con sacituzumab govitecan.

«Sebbene la dimensione del campione fosse piccola, nella nostra analisi esplorativa condotta su pazienti con prognosi molto sfavorevole e con metastasi cerebrali arruolati nello studio ASCENT, sacituzumab govitecan ha fornito tassi di risposta e PFS numericamente migliori rispetto alla chemioterapia» ha sottolineato Véronique Diéras, del Centre Eugéne-Marquis di Rennes, in Francia.

Sacituzimab govitecan
Sacituzimab govitecan è un nuovo ADC altamente specifico per Trop-2, una glicoproteina transmembrana espressa in oltre il 90% dei casi di TNBC. Questo ADC è costituito da un anticorpo monoclonale anti-Trop-2 coniugato attraverso un linker idrolizzabile al chemioterapico SN-38, che rappresenta il metabolita attivo dell’irinotecan, con un rapporto elevato farmaco anticorpo (7,6:1).
Per il rilasciare SN-38 dall’anticorpo non sono necessarie la scissione enzimatica e l’internalizzazione da parte delle cellule tumorali. Infatti, l’idrolisi del linker libera SN-38 nel microambiente tumorale extracellulare, consentendo al farmaco di agire con un effetto bystander.

Inoltre, SN-38 può attraversare la barriera emato-encefalica e per questo è utilizzato come farmaco partner in regimi destinati al trattamento della malattia nel sistema nervoso centrale.

Approvazione accelerata concessa dall’Fda
Nell’aprile 2020, sacituzumab govitecan ha ottenuto un’approvazione accelerata dalla Food and drug administration (Fda) per il trattamento di pazienti adulti con mTNBC già sottoposti ad almeno due terapie precedenti nel setting metastatico sulla base dei risultati dello studio di fase IMMU-132-01 (NCT01631552).

In questo studio, nei pazienti trattati con l’ADC si sono osservati un tasso di risposta obiettiva (ORR) del 33,3% (IC al 95% 24,6%-43,1%) e una mediana della durata della risposta (DOR) di 7,7 mesi (IC al 95% 4,9-10,8), con un follow-up mediano of 9,7 mesi.

Lo studio di fase 3 ASCENT
Lo studio ASCENT (NCT02574455) è un trial confermativo di fase 3 di fase che ha arruolato 529 pazienti con mTNBC che avevano ricevuto almeno due regimi chemioterapici per la malattia avanzata. I partecipanti sono stati assegnati secondo un rapporto 1:1 al trattamento con sacituzumab govitecan 10 mg/kg per via endovenosa nei giorni 1 e 8 di ogni ciclo di trattamento di 3 settimane o a una monochemioterapia a scelta fra capecitabina, eribulina, vinorelbina o gemcitabina. Il trattamento è proseguito fino alla progressione della malattia o al manifestarsi di una tossicità inaccettabile.

L’endpoint primario del trial era la PFS valutata centralmente nei pazienti senza metastasi cerebrali, mentre erano endpoint secondari chiave la PFS nell’intera popolazione dello studio (compresi i pazienti con metastasi cerebrali), l’OS, l’ORR, la durata della risposta, il tempo alla risposta e la sicurezza. La valutazione dei biomarker, tra cui l’espressione di Trop-2 e dello stato mutazionale di BRCA1/2 erano endpoint secondari esplorativi.

All’ultimo congresso della European Society for Medical Oncology (ESMO) sono stati presentati risultati che hanno mostrato una PFS mediana di 5,6 mesi nel braccio trattato con sacituzumab govitecan e 1,7 mesi nel braccio trattato con la chemioterapia (HR 0,41; P < 0,0001) e un’OS mediana rispettivamente di 12,1 mesi contro 6,7 mesi (HR 0,48; P < 0,0001). L’ORR è risultato del 35% con l’ADC contro solo il 5% con la chemioterapia scelta del medico.

Analisi degli outcome in base all’espressione di Trop-2
Durante la sua presentazione, la Hurvitz ha spiegato che Trop-2 è espressa in tutti i sottotipi di cancro al seno, compreso il TNBC, e la sua espressione è correlata a una prognosi infausta e una sopravvivenza ridotta. «È stato dimostrato che il TNBC presenta un’elevata espressione di Trop-2 sulla membrana cellulare e che fino all’88% dei tumori primari e metastatici mostra una colorazione di Trop-2 da moderata a forte. Sacituzumab govitecan ha dimostrato di possedere attività antitumorale in modelli traslazionali di TNBC con un’espressione di Trop-2 relativamente elevata» ha detto l’autrice.

Inoltre, ha aggiunto la professoressa, circa il 10% dei pazienti con TNBC presenta mutazioni di BRCA1/2 ed è noto che queste mutazioni sono coinvolte nel deficit della riparazione mediante ricombinazione omologa delle rotture del DNA a doppio filamento e possono rendere le cellule suscettibili ad altri agenti che bloccano tale meccanismo.

«Gli inibitori della topoisomerasi I, incluso SN-38, aumentano le rotture del DNA a filamento singolo indipendentemente dalla presenza di mutazioni di BRCA e sacituzumab govitecan si è dimostrato attivo in modelli traslazionali di TNBC BRCA-mutato e può conferire letalità sintetica ai TNBC» ha proseguito la Hurwitz.
Nell’analisi sui biomarker i ricercatori hanno esaminato il legame tra efficacia ed espressione di Trop-2 e stato delle mutazioni germinali di BRCA1/2.

Con sacituzumab beneficio di sopravvivenza a prescindere dall’espressione di Trop-2
In questa valutazione sono stati inclusi 468 pazienti in totale, di cui 235 nel braccio trattato con l’ADC e 233 nel braccio assegnato alla chemioterapia. La Hurvitz ha riferito che più della metà dei pazienti valutabili aveva un’espressione elevata di Trop-2.
La PFS mediana è risultata più alta nei pazienti trattati con sacituzumab govitecan rispetto a quelli trattati con la chemioterapia in tutti i sottogruppi analizzati in funzione dell’espressione di Trop-2.

Nel sottogruppo con espressione elevata di Trop-2 (con uno score istochimico tra 200 e 300), la PFS mediana è risultata di 6,9 mesi nel braccio sperimentale contro 2,5 mesi nel braccio di controllo, nel sottogruppo con espressione intermedia di Trop-2 (con uno score istochimico tra 100 e 200) è risultata rispettivamente di 5,6 mesi contro 2,2 mesi, mentre nel sottogruppo con bassa espressione di Trop-2 (con uno score istochimico inferiore a 100) è risultata rispettivamente di 2,7 mesi contro 1,6 mesi.

Inoltre, sacituzumab govitecan si è dimostrato superiore alla chemioterapia in tutti i sottogruppi con diversa espressione di Trop-2 anche per quanto riguarda l’OS mediana, che è risultata rispettivamente di 14,2 mesi contro 6,9 mesi nel sottogruppo con alta espressione di Trop-2, 14,9 mesi contro 6,9 mesi nel sottogruppo con espressione intermedia di Trop-2 e 9,3 mesi contro 7,6 mesi nel sottogruppo con bassa espressione di Trop-2.

L’ADC ha dato risultati migliori rispetto alla chemioterapia in tutti i sottogruppi con diversa espressione di Trop-2 analizzati anche in termini di ORR, in particolare nel sottogruppo con espressione elevata di Trop-2, nel quale la differenza fra i due bracci è risultata significativa. Infatti, in questo sottogruppo l’ORR è risultato rispettivamente del 44% contro solo l’1%; nel sottogruppo con espressione intermedia di Trop-2 l’ORR è risultato rispettivamente del 38% contro 11%, mentre nel sottogruppo con bassa espressione di Trop-2, è risultato rispettivamente del 22% contro 6%.

Sacituzumab govitecan più efficace anche nei pazienti con mutazioni di BRCA1/2
La valutazione dello stato mutazionale di BRCA1/2 è stata effettuata nel 63% dei pazienti del braccio sperimentale e nel 61% di quelli del braccio di controllo e la Hurwitz ha detto che solo il 6-7% è risultato positivo.
Gli outcome di efficacia sono risultati numericamente superiori nel braccio trattato con sacituzumab govitecan rispetto al braccio sperimentale anche nel sottogruppo di pazienti con mutazioni di BRCA1/2, sebbene questo beneficio non abbia raggiunto la significatività statistica. L’autrice ha anche precisato che questi dati andrebbero interpretati con cautela a causa del basso numero di pazienti su cui è stata eseguita quest’analisi.

Analisi sui pazienti con metastasi cerebrali stabili
Un’altra analisi dei sottogruppi dello studio ASCENT presentata al SABCS si è concentrata su 61 partecipanti che avevano mostrato metastasi cerebrali stabili per almeno 4 settimane alla risonanza magnetica, sebbene due nel gruppo sacituzumab govitecan e sei nel gruppo chemioterapico non siano stati trattati.

Dei 32 pazienti con metastasi cerebrali nel braccio trattato con l’ADC, il 6% era ancora in trattamento al momento del cutoff dei dati rispetto a nessuno nel braccio di controllo. La ragione principale per l’interruzione è stata la progressione della malattia.
I partecipanti, la cui età mediana era di 51-53 anni e che nella maggior parte dei casi erano negativi per le mutazioni di BRCA1/2, erano già stati sottoposti a una mediana di cinque terapie (range: 2-10) e il 43% era stato trattato in precedenza con inibitori dei checkpoint immunitari.

L’ORR nella popolazione con metastasi cerebrali è risultata del 3% con sacituzumab govitecan rispetto allo 0% con la chemioterapia e il tasso di controllo della malattia è risultato rispettivamente del 9% contro 3%, mentre i pazienti che hanno ottenuto una stabilizzazione della malattia sono stati rispettivamente il 47% e 31%.
La PFS mediana è risultata di 2,8 mesi (IC al 95% 1,5-3,9) con sacituzumab govitecan e 1,6 mesi (IC al 95% 1,3-2,9) con la chemioterapia (HR 0,65; IC al 95% 0,35-1,22). Inoltre, il tasso di PFS a 3 mesi è risultato rispettivamente del 41,4% contro 27,7% e quello di PFS a 9 mesi rispettivamente del 9% contro 0%.
Il trattamento con sacituzumab govitecan non ha, invece, migliorato l’OS mediana, che è risultata rispettivamente di 6,8 mesi (IC al 95% 4,7-14,1) con l’ADC e 7,5 mesi (IC al 95% 4,7-11,1) con la chemioterapia (IC al 95% 0,47-1,63) in questo sottogruppo di pazienti.

Profilo di sicurezza senza sorprese
In generale, il profilo di sicurezza è risultato simile a quello della popolazione complessiva dello studio ASCENT e il farmaco è risultato generalmente ben tollerato in entrambe le analisi. «Questo dimostra che l’espressione di Trop-2 non influisce sulla tossicità del trattamento» ha osservato la Hurvitz.

Gli eventi avversi più comuni manifestati durante il trattamento sono stati affaticamento (63% con sacituzumab govitecan contro 52% con la chemioterapia), neutropenia/diminuzione della conta dei neutrofili (63% contro 52%, rispettivamente), diarrea (50% contro 13%) e nausea (43% contro 26%). Nessun decesso correlato al trattamento è stato segnalato in nessuno dei due bracci di trattamento.

Riferimenti

S.A. Hurvitz, et al. Biomarker evaluation in the phase 3 ASCENT study of sacituzumab govitecan versus chemotherapy in patients with metastatic triple-negative breast cancer. SABCS 2020; abstract GS03-06
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V. Diéras, et al. Subgroup analysis of patients with brain metastases from the phase 3 ASCENT study of sacituzumab govitecan versus chemotherapy in metastatic triple-negative breast cancer. SABCS 2020; abstract PD13-07
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