Infezioni da batteri gram negativi: come cambia la terapia


Infezioni da batteri gram negativi: la Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali elenca i punti caratterizzanti l’appropriatezza terapeutica

Infezioni ricorrenti da Clostridium difficile: successo in uno studio di fase 3 con spore batteriche orali attive sul microbioma

Nella lotta ai batteri gram negativi, soprattutto quelli legati all’insorgenza di polmoniti nosocomiali, è importante puntare all’appropriatezza terapeutica e quindi alla tipologia di somministrazione in base al patogeno e al farmaco utilizzato, al sito di infezione, alla posologia considerando anche la condizione renale del paziente e l’eventuale sviluppo di resistenze. Un farmaco che si presta molto a variazioni di posologia e di dosaggio per adeguarsi alle diverse situazioni è ceftolozane/tazobactam di cui si è discusso durante il XIX congresso della SIMIT (Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali).

Il concetto di appropriatezza della terapia antibiotica oggi passa attraverso tre punti fondamentali che sono: il timing, l’adeguatezza dello spettro e l’adeguatezza della posologia al fine di massimizzare il killing microbico e nel contempo contenere lo sviluppo di resistenze con un occhio doveroso anche alle reazioni avverse che si potrebbero verificare.

Massimizzare il microbial killing, cosa vuole dire?
Gli ultimi 15 anni hanno evidenziato che i concetti PK/PD portano a utilizzare gli antibiotici secondo un approccio dicotomico ovvero i farmaci concentrazione-dipendenti e per i quali è importante massimizzare il rapporto tra la concentrazione massima e la MIC come nel caso degli aminoglicosidi, della daptomicina e dei flurochinoloni devono essere somministrato in un mondo diverso rispetto ai farmaci tempo-dipendenti per i quali invece è importante massimizzare il tempo al di sopra della MIC come nel caso dei beta lattamici e o del linezolid.

“Questo significa che per i farmaci concentrazione-dipendenti, ove è possibile, si persegue un regime posologico di monosomministrazione giornaliera mentre per il tempo-dipendenti si persegue un approccio di frazionamento della posologia in ragione di quella che è l’ emivita di eliminazionedei farmaci” sottolinea il prof. prof. Federico Pea, Professore Ordinario di Farmacologia, Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Alma Mater Studiorum Università di Bologna.

Parlare di sfida del target farmacodinamico deve tenere in considerazione quella che è stata una vera e propria rivoluzione nell’ambito dell’interpretazione della sensibilità ai patogeni che è stata introdotta dall’EUCAST (European Committee on Antimicrobial Susceptibility Testing) a partire dal 2012.

“Prima il breakpoint era indicato dalla normale distribuzione secondo la gaussiana della sensibilità dei ceppi wild type presenti in natura senza tener conto di quella che era la posologia e i target che questa posologia consentiva di raggiungere nell’organismo umano” aggiunge Pea.

Per questo motivo, a partire dal 2012, si è tenuto conto delle correlazioni PK/PD derivanti dagli studi preclinici e dagli studi clinici correlando il target farmacodinamico, quindi il concetto di Cmax e MIC per quanto riguarda i farmaci concentrazione- dipendenti, e il Tmax e MIC per quanto riguarda i tempo-dipendenti e interpretando poi il raggiungimento di questi target farmacodinamici sulla base delle simulazioni di Monte Carlo che consentono di interpretare qual è il regime posologico più idoneo al fine di consentire un raggiungimento in almeno l’85%-90% della popolazione trattata dal target farmacodinamico che noi ci andiamo a proporre in ragione della dose che viene studiata nei trial registrativi e poi impiegata nella clinica.

Alla luce di questo è chiaro che tener conto del sito di infezione è diventato un must negli ultimi anni; l’esempio più eclatante di cui oggi noi disponiamo è quello relativo a ceftolozane/tazobactam.

Importanza del sito di infezione
Ormai da parecchi anni si è evidenziato che per alcune tipologie di antibiotici, in particolare tra quelli idrofili, quando parliamo ad esempio di polmonite da patogeni extracellulari bisogna considerare l’ELF come indicatore del raggiungimento della concentrazione terapeuticamente efficace. L’ELF non è altro che il surrogato dell’ambiente extracellulare in cui si va a localizzare l’antibiotico e ovviamente il patogeno che deve essere trattato.

L’evidenza di letteratura ci dice che spesso le concentrazioni che noi troviamo nell’ELF di un antibiotico idrofilo somministrato per via venosa sono una frazione di quelle che noi abbiamo a livello plasmatico. Questo è confermato anche nel caso di ceftolozane/tazobactam; in uno studio eseguito su volontari sani 10 anni fa, andando a confrontare la concentrazione delle due componenti dell’ antibiotico a livello di ELF rispetto al plasma, è stato evidenziato che sostanzialmente il rapporto oscilla tra il 20% e il 50%.

“Quindi poiché solo il 20%- 50% di quello che noi abbiamo a livello plasmatico raggiunge l’ELF, negli studi registrativi relativi alla polmonite nosocomiale ceftolozane/tazobactam ha proposto una posologia doppia rispetto alla posologia che era stata registrata per le infezioni complicate intra addominale e delle vie urinarie” precisa Pea.
La base è la simulazione di Monte Carlo in cui si può vedere come il profilo delle concentrazioni sia plasmatiche che nell’ELF di ceftolozane/tazobactam sono significativamente più basse nell’ELF rispetto al plasma.

La simulazione della probabilità di raggiungere il target attainment, che per le cefalosporine oscilla tra il 30% e il 50% del tempo al di sopra della MIC per avere efficacia, nel caso specifico confrontandola con la distribuzione delle MIC per enterobatteriacee e pseudomonas aeruginosa nei confronti di ceftolozane/tazobactam era inferiore al 90% della popolazione trattata in rapporto alla posologia per patogeni che avessero una MIC fino a 4 milligrammi/litro che è il clinical trial point identificato per il trattamento dell’infezione addominale e delle infezioni delle vie urinarie.

Eseguendo la stessa simulazione con una dose doppia, 3 grammi ogni otto ore infusi in un’ora, si è visto che questo tipo di approccio consentiva di raggiungere il target farmacodinamico in oltre il 90% dei casi anche per patogeni fino ad una MIC di 4.
“È chiaro però che quando noi ci spostiamo nell’ambito della pratica clinica abbiamo una complessità di gestione delle infezioni gravi che passa attraverso questi diversi aspetti fisiopatologici che possono alterare il comportamento cinetico dagli antibiotici”.

Acute kidney injury
Approfondiamo due casi che sono relativamente frequenti nella pratica clinica; il primo riguarda l’acute kidney injury che è una situazione nella quale l’eliminazione renale di antibiotici beta-lattamici come ceftolozane/tazobactam viene ad essere seriamente compromessa. In questo caso è necessaria una riduzione della posologia standard ma la modalità di approcciare alla riduzione posologica può essere più o meno virtuosa e più o meno efficace nel mantenere il target farmacodinamico.

“Questo è molto ben esemplificato nello studio registrativo di fase III, ASPECT-NP, in cui ceftolozane/tazobactam è stato confrontato a meropenem nella polmonite nosocomiale.
Per ceftolozane/tazobactam è stata ridotta la posologia mantenendo l’intervallo tra le dosi e riducendo l’entità della dose singola, che è il modo più virtuoso per ridurre la posologia con un antibiotico beta lattamico al fine di mantenere il tempo al di sopra della MIC mentre per meropenem si è adottata l’indicazione del foglietto illustrativo ovvero una riduzione della dose basata su un’estensione dell’intervallo posologico già per funzione renale moderatamente compromessa” spiega Pea.

Nell’analisi per sottogruppi della mortalità a 28 giorni nei pazienti con insufficienza renale grave è stata evidenziata una differenza di oltre 26 punti percentuali a favore di ceftolozane/tazobacatam rispetto a meropenem che non è statisticamente significativa ma solo perché la numerosità campionaria è molto piccola, parliamo di 6 vs 13 pazienti.

Però è molto suggestivo il fatto che verosimilmente il diverso approccio nella riduzione fisiologica possa giustificare questa differenza.
“A supporto ulteriore di questo concetto c’è il bel lavoro di Crass et al pubblicato su Clinical Infection Disease i quali sono andati a valutare un grosso studio di oltre 17 mila pazienti che sono stati ammessi con insufficienza renale acuta associata ad infezione, per vedere cosa accadeva nelle prime 48 ore” precisa Pea.

In oltre la metà dei casi, indipendentemente dalla tipologia di infezione da cui erano affetti, si verificava un recupero molto rapido, entro 48 ore, della insufficienza renale acuta.
Oltre 1860 paziente avevano un AKI transitorio (acute kidney injury).
Questo vuol dire che se viene ridotta la posologia del beta lattamico nelle prime 48 ore il paziente recupera rapidamente il funzionamento renale ma si rischia una sotto esposizione.

“Trovo molto condivisibile differire la riduzione fisiologica dopo le prime 48 ore in un paziente che entra con un’infezione grave e che viene trattato con un betalattamico perché di fatto il betalattamico è molto ben tollerato e se abbiamo un’insufficienza acuta transitoria non impatta nel rischio di tossicità e alla 48esima ora se persiste l’AKI ovviamente c’è una indicazione a ridurre la posologia” continua Pea.

Augmented renal clearance
L’estremo opposto è quello legato alla cosiddetta augmented renal clearance che è una condizione fisiopatologica identificata nell’arco degli ultimi dieci anni e che giustifica la eliminazione più rapida di antibiotici che hanno un’eliminazione renale come i beta lattamici e che riconosce, sulla base dell’inquadramento diagnostico, una abbinata tra una creatininemia tra 0.6 e 1.4 milligrammi per decilitro associata a una stima o una misurazione dove è possibile della clearance della creatinina superiore a 130 ml al minuto e che riconosce come causa fisiopatologiche molteplici aspetti.

Molto frequenti sono gli aumenti dei peptidi natriuretici o del cardiac output o l’uso di farmaci vasopressori.
“Indipendentemente dal meccanismo fisiopatologico quello che interessa al clinico è capire quanto prevalente è questo evento che purtroppo è molto prevalente in alcune sottopopolazioni come i pazienti con neutropenia febbrile in cui è stato riportato nel 16%; una nostra esperienza personale recentemente pubblicata su Journal Pharmacotherapy ha indentificato quasi un 30%.

Nei pazienti con sepsi si verifica nel 40%-50% dei casi, negli ustionati nel 65% dei casi, nei traumatizzati fino all’85% e addirittura il 100% nei pazienti con emorragia subaracnoidea.
Questo significa che se noi andiamo a cercare specificatamente la augmented renal clearance anche negli studi registrativi troviamo che questo è un evento relativamente frequente” sottolinea Pea.

Il confronto con la pratica clinica da una conferma dei dati di farmacodinamica che sono stati stimati per studiare questa posologia dei 3 grammi ogni 8 ore infusi in un’ora.
Un interessante lavoro di Caro et al, pubblicato su Journal Antimicrobial Chemotherapy evidenzia come in un gruppo di pazienti con età media intorno ai 60 anni, con una funzione renale che è con augmented renal clearance, prevalentemente con patologia a livello respiratorio (oltre il 90%), con una polmonite confermata da un punto di vista diagnostico andando a misurare comparativamente ceftolozane/tazobactam a livello plasmatico e a livello di ELF, in condizioni di stato stazionario l’esposizione in termini di AUC, che è il miglior modo per valutare l’esposizione, il più accurato, è circa il 40% a livello di ELF per ceftolozane e circa il 45% per tazobactam.

“Questa è una conferma dei dati che avevamo visto a livello di volontario sano con concentrazioni minime che sono al di sopra del target farmacodinamico di 4 milligrammi litro per ceftolozane e 1 mg/litro per tazobactam; per entrambi i due farmaci a livello di ELF c’è una conferma di un’esposizione ottimale” aggiunge Pea.
Le conclusioni degli autori confermano che questa patologia è idonea a garantire una posizione ottimale di ceftolozane/tazobactam per patogeni localizzati a livello polmonare per una MIC fino a 4 mg/litro.
Questo target farmacodinamico è stato confermato anche in pazienti con insufficienza renale moderata o grave e nei pazienti con augmented renal clearance quindi nei due contesti sopra illustrati.

Sviluppo di resistenze
Bisogna guardare anche il rovescio della medaglia, gli antibiotici vengono usati non solo per perseguire l’efficacia ma anche per prevenire lo sviluppo di resistenza; in questo caso il target farmacodinamico cambia perché molti dati, che sono stati riassunti in una review di poco più di un anno fa pubblicata su Clinical Pharmacokinetics (Sumi CD et al), evidenziano che il PK/PD index necessario a prevenire lo sviluppo di resistenze per i betalattamici deve essere molto più alto, non 50%-100% al di sopra della MIC ma addirittura un 400%.

“È chiaro che questa differenza che noi abbiamo tra efficacia e prevenzione della resistenza passa attraverso la necessità di modificare la posologia aumentandola o considerando regimi posologici diversi.
Questo potrebbe comportare un aumento del rischio di tossicità per alcune tipologie di antibiotici non così però per i betalattamici, perché a parità di dose possiamo modificare la modalità di somministrazione; anziché fare un’infusione intermittente possiamo fare un’infusione spesa o un’infusione continua” precisa Pea.

Una simulazione del gruppo di Jason Roberts ha valutato cosa cambia in termini di esposizione a ceftolozane tazobactam in una popolazione di pazienti critici con una funzione reale spesso buona, se non addirittura aumentata, considerando diverse modalità di somministrazione della dose standard, 1 gr e mezzo ogni 8 ore in infusione intermittente, in infusione estesa, in infusione continua oppure della dose doppia da polmonite quindi 3 g ogni otto ore in infusione intermittente o in infusione estesa o in infusione continua valutando non solo il target farmacodinamico di efficacia, 40% del tempo al di sopra della MIC ma approcciando un modo di conservazione e preservazione dello sviluppo delle esistenze fino al 100% del tempo al di sopra della MIC, in rapporto alla distribuzione ovviamente delle MIC dei patogeni nella prima giornata e allo stato stazionario.

Riassumendo i risultati, la dose standard di 1 gr e mezzo ogni 8 ore infuso in modo intermittente porta ad ottenere il 100% di probabilità per quanto riguarda il target di efficacia ma se si punta a target più virtuosi, quindi un 100% al di sopra della MIC, si presenta una condizione non idonea per prevenire lo sviluppo di resistenze.
“Teoricamente si può ricorrere a un extended infusion ma è una soluzione parziale che si ha allo stato stazionario, ma non nelle prime ore di trattamento.

Posso quindi ricorrono un’infusione ancora più virtuosa che è l’infusione continua e così mi trovo in una situazione ottimale già nelle prime 24 ore e ovviamente anche allo stato stazionario” dichiara Pea.

La dose doppia da polmonite garantisce il 100% di probabilità di avere un’efficacia e una preservazione dal rischio di resistenza nei confronti di ceppi che abbiano una sensibilità secondo i criteri EUCAST, ma teoricamente, anche nei confronti di ceppi che in vitro che in vivo potrebbero essere considerati insensibili.
In conclusione, ceftolozane/tazobactam è stabile in soluzione acquosa indipendentemente dal tipo di solvente che noi utilizziamo fino a 24 ore, quindi, è perseguibile in linea teorica l’uso in infusione continua.

Paul Ambrose, che molto ha contribuito allo sviluppo dei nuovi beta lattamici, sottolinea: “al fine di prevenire lo sviluppo dell’esistenza, quello che noi realmente abbiamo necessità di prendere in considerazione è che l’uso di modalità di somministrazione più virtuose come le extended infusion che ci possono aiutare a prevenire lo sviluppo di resistenze”.

Riferimenti

Sumi C.D. et al., What Antibiotic Exposures Are Required to Suppress the Emergence of Resistance for Gram-Negative Bacteria? A Systematic Review Clin Pharmacokinet. 2019 Nov;58(11):1407-1443. doi: 10.1007/s40262-019-00791-z.
leggi
Xiao et al., Ceftolozane/Tazobactam Pharmacokinetic/ Pharmacodynamic-Derived Dose Justification for Phase 3 Studies in Patients With Nosocomial Pneumonia. J Clin Pharmacol. 2016 Jan;56(1):56-66. doi: 10.1002/jcph.566. Epub 2015 Aug 25.
leggi
Crass RL et al., Renal Dosing of Antibiotics: Are We Jumping the Gun? Clin Infect Dis 2019 Apr 24;68(9):1596-1602. doi: 10.1093/cid/ciy790.
leggi
Ceftolozane-tazobactam versus meropenem for treatment of nosocomial pneumonia (ASPECT-NP): a randomised, controlled, double-blind, phase 3, non-inferiority trial. Lancet Infect Dis. 2019 Dec;19(12):1299-1311. doi: 10.1016/S1473-3099(19)30403-7. Epub 2019 Sep 25.
leggi