Tumore al seno e chemio: nuovi dati su pembrolizumab


Tumore al seno triplo negativo metastatico: l’aggiunta di pembrolizumab migliora la sopravvivenza libera indipendentemente dal tipo di chemioterapia

Tumore al seno triplo negativo metastatico: l'aggiunta di pembrolizumab migliora la sopravvivenza libera indipendentemente dal tipo di chemioterapia

Nei pazienti con carcinoma mammario triplo negativo avanzato o metastatico, l’aggiunta di pembrolizumab alla chemioterapia di prima linea migliora la sopravvivenza libera da progressione (PFS) e altri outcome (TNBC) indipendentemente dal tipo di chemioterapia utilizzata e in tutti i sottogruppi chiave di pazienti.

Lo suggeriscono nuove analisi dello studio di fase 3 KEYNOTE-355, presentate al San Antonio Breast Cancer Symposium.

Le analisi hanno evidenziato anche una tendenza verso un miglioramento degli outcome all’aumentare dell’espressione di PD-L1 nel tumore, misurata con il Combined Positive Score (CPS).
«Questi dati supportano ulteriormente il ruolo dell’aggiunta di pembrolizumab alla chemioterapia standard di prima linea del TNBC metastatico», ha detto durante la sua presentazione Hope S. Rugo, dell’Helen Diller Family Comprehensive Cancer Center della University of California San Francisco.

Nel novembre scorso, proprio sulla base dei risultati dello studio KEYNOTE-355 pembrolizumab ha ricevuto dalla Food and Drug Administration l’approvazione accelerata, in combinazione con la chemioterapia, per il trattamento di pazienti con carcinoma mammario triplo negativo recidivato localmente e non rescecabile o metastatico, il cui tumore presenta un’espressione elevata di PD-L1 (CPS ≥ 10).

Lo studio KEYNOTE-355
Lo KEYNOTE-355 (NCT02819518) è un trial multicentrico internazionale, randomizzato, in doppio cieco condotto su pazienti con carcinoma mammario con recidiva locale non operabile o metastatico, non trattati in precedenza con la chemioterapia nel setting metastatico, e per i quali erano passati almeno 6 mesi dal trattamento con intento curativo.

Lo studio ha coinvolto 847 pazienti, assegnati secondo un rapporto 2:1 al trattamento con pembrolizumab più la chemioterapia (nab-paclitaxel, paclitaxel o gemcitabina più carboplatino, a scelta del clinico) o la chemioterapia da sola, fino alla progressione della malattia, allo sviluppo di una tossicità non accettabile o al ritiro del consenso.

Analisi in base al tipo di chemioterapia partner e all’espressione di PD-L1
Nell’analisi presentata al SABCS, i pazienti sono stati stratificati in base al tipo di chemioterapia partner e all’espressione di PD-L1 nel tumore al basale e all’aver fatto o meno un trattamento precedente con lo stesso tipo di chemioterapia nel setting (neo)adiuvante.
I pazienti con metastasi attive del sistema nervoso centrale, malattie autoimmuni o in terapia con steroidi sistemici non potevano partecipare allo studio.

Gli endpoint primari del trial erano due: la PFS valutata mediante revisione centrale indipendente, in cieco, e la sopravvivenza globale (OS), nei pazienti con espressione di PD-L1 (CPS ≥1 e CPS ≥10) e in tutte i partecipanti (popolazione intention-to-treat, ITT]). Gli endpoint secondari comprendevano, invece, il tasso di risposta complessivo (ORR), la durata della risposta (DoR), il tasso di controllo della malattia (DCR) e la sicurezza. L’effetto del trattamento sia nella popolazione PD-L1-positiva sia nella popolazione ITT a seconda del partner chemioterapico era un endpoint esplorativo del trial.

Quasi il 40% dei pazienti con alta espressione di PD-L1
Le caratteristiche basali dei partecipanti erano ben bilanciate nei due bracci dello studio. L’età mediana era in entrambi di 53 anni e circa il 40% dei pazienti aveva un performance status ECOG di 1.

Circa i tre quarti dei pazienti (75,1%) avevano un CPS ≥ 1 e quasi il 40% un CPS ≥10.
La doppietta gemcitabina/carboplatino è risultato il backbone chemioterapico utilizzato più frequentemente, in quasi il 55% dei pazienti, seguito da nab-paclitaxel in circa un terzo; il resto ha ricevuto paclitaxel. Inoltre, la maggior parte dei partecipanti non era stato esposto in precedenza allo stesso regime chemioterapico scelto nello studio come backbone da associare a pembrolizumab.

Pembrolizumab aggiunto alla chemio ritarda la progressione
All’ultimo congresso dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO), sono stati presentati i risultati di PFS, che hanno mostrato come nella popolazione ITT l’aggiunta di pembrolizumab alla chemioterapia di prima linea abbia prolungato la PFS rispetto alla sola chemio, con una mediana di 9,7 mesi contro 5,6 mesi e una riduzione del rischio di progressione o decesso del 18% (HR 0,82).

Le analisi hanno mostrato che il miglioramento della PFS associato all’aggiunta di pembrolizuamb è aumentato all’aumentare dell’espressione di PD-L1; infatti, nei pazienti con CPS ≥ 1 la riduzione del rischio di progressione o decesso è risultata del 26% (HR 0,74; P = 0,0014) e in quelli con CPS ≥ 10 del 35% (HR 0,65; P = 0,0012).

Miglioramento della PFS con pembrolizumab indipendente dal tipo di chemioterapia partner
Nell’attuale analisi, sono stati presentati i risultati di PFS a seconda del tipo di partner chemioterapico utilizzato, nonché i dati relativi ai principali endpoint secondari di efficacia, che sono risultati costantemente a favore di pembrolizumab.

I partner chemioterapici includevano nab-paclitaxel ev 100 mg/m2 nei giorni 1, 8 e 15 di ogni ciclo di 28 giorni; paclitaxel ev 90 mg/m2 nei giorni 1, 8 e 15 di ogni ciclo di 28 giorni; o gemcitabina 1000 mg/m2 più carboplatino AUC 2 nei giorni 1 e 8 di ogni ciclo di 21 giorni. Pembrolizumab 200 mg ev è stato somministrato ogni 3 settimane per un massimo di 35 cicli.

Gli HR per la PFS sono risultati sempre a favore di pembrolizumab più la chemioterapia, indipendentemente dalla scelta del partner chemioterapico e del grado di espressione di PD-L1.

Il beneficio maggiore di PFS si è riscontrato nel sottogruppo trattato con paclitaxel come partner chemioterapico, sia nei pazienti con CPS ≥ 10 (HR, 0,33; IC al 95% 0,14-0,76), sia nel sottogruppo con CPS ≥ 1 (HR 0,46; IC al 95% 0,26-0,82) sia nella popolazione ITT (HR 0,57; IC al 95% 0,35-0,93).

Tuttavia, la Rugo ha sottolineato che quest’ultima analisi era solo esplorativa e che non è possibile trarre conclusioni che indichino quale sia il backbone chemioterapico ottimale in combinazione con pembrolizumab. «Sebbene le analisi dei sottogruppi in funzione del tipo di chemioterapia in studio fossero previste dal protocollo, lo studio non aveva la potenza statistica sufficiente per confrontare l’efficacia tra i gruppi trattati con i con diversi regimi chemioterapici e decretare il vincitore» ha detto l’autrice.

Risposta a pembrolizumab e durata della risposta maggiori all’aumentare dell’espressione di PD-L1
Analogamente alla PFS, anche il tasso di risposta complessivo (ORR) è risultato migliore all’aumentare dell’espressione di PD-L1. Nel sottogruppo con CPS ≥ 10, l’ORR è risultato del 53,2% con pembrolizumab più la chemioterapia contro 39,8% con la sola chemioterapia, mentre nel sottogruppo con CPS ≥ 1 gli ORR corrispondenti sono risultati rispettivamente del 45,2% e 37,9% e nella popolazione ITT rispettivamente del 41% contro 35,9%. Un andamento simile si è visto per il DCR.
Anche la correlazione tra risposta del tumore a pembrolizumab e CPS è risultata indipendentemente dal partner chemioterapico utilizzato.

L’arricchimento di PD-L1 è risultato correlato anche a differenze maggiori nella DoR mediana tra il braccio trattato con la combinazione con pembrolizumab e quello di controllo. Infatti, la DoR mediana è risultata di 19,3 mesi nel braccio trattato con pembrolizumab rispetto a 7,3 mesi nel braccio trattato con la sola chemioterapia nella popolazione con CPS ≥ 10, rispettivamente di 10,1 mesi contro 6,5 mesi nella popolazione con CPS ≥ 1 e rispettivamente di 10,1 mesi contro 6,4 mesi nella popolazione ITT.
Dati di OS non ancora maturi

Durante la discussione, Sylvia Adams, del New York University Perlmutter Cancer Center di New York City, ha sottolineato come, nonostante questi risultati, PD-L1 rimanga un biomarker imperfetto nel caso del tumore al seno triplo negativo metastatico, anche se, ha aggiunto, «è il migliore ad oggi disponibile».

Per quanto riguarda la disponibilità dei dati di OS, per i quali c’è grande attesa, la Rugo ha riferito che questi risultati dovrebbero essere disponibili l’anno prossimo.

H.S. Rugo, et al. Additional efficacy endpoints from the phase 3 KEYNOTE-355 study of pembrolizumab plus chemotherapy vs placebo plus chemotherapy as first-line therapy for locally recurrent inoperable or metastatic triple-negative breast cancer. SABCS 2020; abstract GS3-01
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