La musicoterapia cura corpo e anima: ecco i benefici


Dalla disabilità alle patologie incurabili: i benefici della musicoterapia. Parlano gli esperti Galli, Woods, Patzak e Parker

Imparare a suonare uno strumento fa bene al cervello

“La musicoterapia è l’uso consapevole e professionale della musica per facilitare l’espressione e la relazione, al fine di soddisfare bisogni emotivi, sociali ed esistenziali delle persone”. Numerosi gli ambiti applicativi: dall’autismo alla salute mentale, dall’oncologia alla riabilitazione.

Ma qual è stato il ruolo della musicoterapia prima e durante l’emergenza sanitaria? Al tema nelle settimane scorse ha dedicato una tavola rotonda il Festival della Salute 2020 di Siena.

Attorno al tavolo virtuale: Vanna Galli, presidente dell’Associazione Quavio di Siena; Davide Woods musicoterapeuta dell’Associazione Italiana professionisti della Musicoterapia (AIM);

Alexandra Patzak musicoterapeuta dell’Associazione Italiana professionisti della Musicoterapia (AIM); Deborah Parker coordinatrice dei servizi di musicoterapia dell’Associazione Prima Materia.

“Ci sono vari approcci che tendono a facilitare momenti espressivi, comunicativi e di relazione in persone che vivono un momento di sofferenza fisica, psicologica o esistenziale – ha affermato Woods -. Ci sono esperienze individuali o di gruppo e la musicoterapia si esprime suonando con la persona, lavorando assieme. In questo modo si crea una sorta di dialogo sonoro nella quale il paziente si sente ascoltato, riconosciuto e consapevole delle proprie capacità espressive. Strumenti, tecniche e approcci cambiano ovviamente in base ai contesti e alle persone”.

Uno degli ambiti di applicazione è quello delle cure palliative, e in questo “si utilizza molto la tecnica ricettiva che crea uno spazio di svago teso al rilassamento, ma contribuisce anche a un momento di espressione o di riflessione – ha spiegato Patzak -. L’obiettivo, ascoltando qualcosa di bello e piacevole, è quello di far entrare la bellezza nel periodo di malattia. Cattraverso la scelta dei brani si può fare un racconto della propria vita oppure esprimere lo stato d’animo che si sta vivendo. Poi c’è la tecnica del massaggio sonoro, con lo strumento musicale appoggiato al corpo: le vibrazioni fanno sì che la musica nasca proprio da quel corpo toccato dalla malattia”.

Un’esperienza, quest’ultima, raccontata da Galli con la sua associazione: “Quavio si occupa di pazienti inguaribili e abbiamo sperimentato il grande valore delle terapie complementari e in particolare della musicoterapia. Il suo valore è nella vitalizzazione che si ottiene. È adatta anche per gli operatori, perché è aggregante e facilita lo spirito di gruppo. Non può essere utilizzata con tutti i pazienti ma dipende dalla loro curiosità e capacità di ascolto: le persone più adatte sono quelle curiose, attirate dal nuovo, e sono quelle che ne traggono maggiore beneficio”.

La musicoterapia può avere infine anche risvolti sociali, come sottolineato da Parker: “La Community music therapy è una ramificazione della musicoterapia che si colloca in un contesto sociale e comunitario. Deriva dal modello sociale della disabilità, allargandone il profilo oltre quello medico e clinico: l’obiettivo è valorizzare elementi sociali che contribuiscono a far cadere la barriera di disabilità della persona, posta al centro come individuo unico e completo, non deficitario. In questo modo la musicoterapia aiuta a concentrarsi sulle risorse che l’individuo possiede, riconoscendo la sua parte creativa”.