Leucemia mieloide: gilteritinib meglio della chemio


Leucemia mieloide acuta FLT3+: secondo nuovi dati gilteritinib meglio della chemio di salvataggio anche nei casi già trattati con TKI

Leucemia mieloide: gilteritinib meglio della chemio

Nei pazienti con leucemia mieloide acuta recidivante o refrattaria che presentano mutazioni del gene FLT3 (FLT3-positiva o FLT3+), il trattamento con l’inibitore di FLT3 gilteritinib funziona e si conferma più efficace della terapia standard di salvataggio anche nei pazienti già trattati precedentemente con altri inibitori delle tirosin chinasi (TKI), come midostaurina o sorafenib.

È quanto emerge da un’analisi dello studio registrativo di fase 3 ADMIRAL presentata al congresso dell’American Society of Hematology (ASH), da poco concluso.

Infatti, il tasso di remissione completa composita (CRc) nel braccio trattato con gilteritinib è risultato simile nei pazienti già esposti precedentemente a un TKI e in quelli non trattati prima con questi agenti, e in ogni caso superiore a quello registrato nel braccio di confronto.

«I risultati sono a vantaggio di gilteritinib sia che i pazienti siano già stati trattati prima con un TKI sia che non abbiano ricevuto prima questi agenti, con tassi di CRc più che raddoppiati nel braccio sperimentale» ha detto ai microfoni di Pharmastar il coordinatore italiano dello studio ADMIRAL, Giovanni Martinelli, Direttore Scientifico dell’Istituto Scientifico Romagnolo per la Cura e lo studio dei Tumori, IRST IRCCS di Meldola (FC) e Professore Associato di Ematologia all’Università degli Studi di Bologna.

Inoltre, un’altra analisi presentata al congresso, nella quale si è analizzato il Number Needed to Treat (NNT, una misura consolidata e facilmente interpretabile per valutare l’efficacia di un intervento sanitario) rafforza ulteriormente i dati a supporto del maggiore beneficio clinico di gilteritinib rispetto alla chemioterapia di salvataggio nella popolazione di pazienti arruolata nello studio ADMIRAL.

Le mutazioni di FLT3 e gilteritinib
Il 25-30% circa dei pazienti con leucemia mieloide acuta presenta mutazioni attivanti nel gene della tirosin-chinasi FLT3, che sono associate a una forma particolarmente aggressiva della malattia. In particolare, le duplicazioni tandem interne di FLT3 (le alterazioni più comuni assieme alle mutazioni puntiformi missenso del dominio tirosin-chinasico) sono associate a tassi elevati di ricaduta, remissioni di breve durata e scarsi risultati di sopravvivenza.

Inoltre, i pazienti con leucemia mieloide acuta FLT3+ refrattaria o recidivata raramente rispondono alla chemioterapia di salvataggio, per cui rappresentano una popolazione per la quale vi è un forte bisogno clinico non soddisfatto.

Gilteritinib è un inibitore orale di FLT3 di seconda generazione potente e selettivo, attivo sia nei confronti delle duplicazioni tandem interne sia delle mutazioni puntiformi. Proprio sulla base dei risultati dello studio ADMIRAL, il farmaco è stato approvato in Europa e anche negli Stati Uniti e in Giappone.

Lo studio ADMIRAL
Lo studio ADMIRAL, pubblicato nel 2019 sul New England Journal Medicine (Nejm), è un trial multicentrico internazionale, randomizzato, in aperto, che ha coinvolto 371 pazienti adulti con leucemia mieloide acuta FLT3+ recidivata (il 60,4%) o refrattaria (il 39,4%) dopo almeno una linea di terapia, di cui 247 assegnati al trattamento con gilteritinib 120 mg/die e 124 alla chemioterapia di salvataggio.

Lo studio ha già dimostrato la superiorità di gilteritinib rispetto alla chemioterapia di salvataggio nel setting dello studio, evidenziando un miglioramento della sopravvivenza globale (OS) e dei tassi di risposta nel braccio assegnato all’inibitore di FLT3 rispetto al braccio di confronto.

Secondo quanto presentato al congresso europeo (EHA), nel luglio scorso, dopo un follow-up mediano di 29,2 mesi (un anno di osservazione in più rispetto ai dati pubblicati sul Nejm), l’OS mediana si è confermata superiore con gilteritinib rispetto alla chemioterapia di salvataggio: 9,3 mesi contro 5,6 mesi (HR 0,68; IC al 95% 0,53-0,88; P = 0,0026), con tassi di OS a 18 mesi rispettivamente del 27% e 15%.

Nella prima delle due analisi presentata ora al congresso americano, gli autori hanno voluto valutare retrospettivamente se un eventuale trattamento precedente con altri TKI (midostaurina o sorafenib) prima di gilteritinib potesse influire sull’efficacia di questo farmaco dal punto di vista sia della risposta sia della sopravvivenza.

Più del 10% dei pazienti già trattati con TKI
Dei 371 pazienti arruolati nello studio, 45 erano già stati trattati in precedenza con un TKI, di cui 31 (il 13%) nel braccio gilteritinib e 14 (l’11%) nel braccio di confronto.

Le caratteristiche demografiche e al basale erano ben bilanciate nei due bracci di trattamento ed erano simili anche tra i pazienti già trattati con TKI e quelli non esposti a questi farmaci.

Nel gruppo dei pazienti trattati precedentemente con TKI, i pazienti nei quali il tipo di mutazione di FLT3 era una duplicazione tandem interna erano il 71% nel braccio gilteritinib e il 93% nel braccio assegnato alla chemioterapia, quelli con una mutazione nel dominio tirosin chinasico rispettivamente il 16% e 7%, e quelli con entrambi i tipi di alterazioni rispettivamente il 13% e 0%. In quelli non trattati con questi agenti, le percentuali corrispondenti erano del 89% verso 91%, 7% verso 8% e 1% verso 0%.

Tassi di risposta e sopravvivenza simili nei pazienti già esposti o meno a TKI
Nel braccio trattato con gilteritinib, i tassi di CRc sono risultati comparabili nei pazienti già trattati con un TKI e in quelli naive a questi agenti: 48% verso 55%.

Nel braccio di confronto i tassi di CRc sono risultati sempre inferiori rispetto al braccio sperimentale sia nel sottogruppo già esposto ai TKI sia in quello non esposto a questi farmaci: 21% e 22%.

L’OS mediana è rimasta superiore nei pazienti trattati con gilteritinib rispetto a quelli trattati con la chemioterapia di salvataggio sia pazienti trattati in precedenza con sorafenib o midostaurina (6,5 mesi contro 4,7 mesi; HR 0,671; IC al 95% 0,328-1,376), sia nei pazienti che non avevano mai ricevuto prima i TKI, (9,6 mesi contro 6,0 mesi; HR 0,625; IC al 95% 0,474, 0,824).

Number Needed to Treat favorevole con gilteritinib
Nella seconda analisi dello studio ADMIRAL presentata all’ASH, gli autori hanno stimato gli NNT associati a gilteritinib rispetto alla chemioterapia di salvataggio per valutare i benefici clinici dell’inibitore di FLT3 per quanto riguarda la CRc, l’OS a un anno e le percentuali di pazienti in grado di andare al trapianto di cellule staminali emopoietiche.

Valori positivi di NNT rappresentano un beneficio del trattamento e valori più bassi indicano un beneficio maggiore di gilteritinib rispetto alla chemioterapia di salvataggio.

L’NNT per la CRc è risultato pari a 3,08, a suggerire che trattare tre pazienti con gilteritinib anziché con la chemioterapia si tradurrebbe in un paziente in più che riesce a raggiungere la CRc.

Pe quanto riguarda l’OS a un anno (che era risultata nel 37,1% nel braccio gilteritinib contro 16,7% nel braccio sperimentale), l’NNT è risultato pari a 4,90; il dato suggerisce che trattare cinque pazienti con l’inibitore di FLT3 anziché con la chemio standard porterebbe a un paziente in più in vita alla fine del primo anno. «Di fatto si guadagna una vita umana se trattiamo con gilteritinib cinque pazienti ricaduti/refrattari invece che con la chemioterapia di salvataggio, un dato che ci deve far riflettere tutte le volte che siamo in dubbio se ripetere la chemioterapia in questi pazienti o avviare subito la terapia con gilteritinib, che ora è disponibile anche in Italia» ha sottolineato Martinelli.

Nel caso della quota di pazienti in grado di sottoporsi al trapianto (che nell’analisi primaria era risultata del 25,5% contro 15,3%), l’NNT è risultato pari a 9,82.

Nell’insieme, i risultati mostrano che con utilizzando gilteritinib un maggior numero di pazienti può raggiungere la CRc, andare al trapianto ed essere ancora in vita dopo un anno rispetto alla chemio terapia di salvataggio e l’analisi dell’NNT corrobora ulteriormente questi dati nella popolazione di pazienti analizzata.

A.E. Perl, et al. Clinical Outcomes in Patients with Relapsed/Refractory Acute Myeloid Leukemia Treated with Gilteritinib Who Received Prior Midostaurin or Sorafenib. ASH 2020; abstract 334. Blood (2020) 136 (Supplement 1): 22-23;
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B.J. Pandya, et al. Comparison of Gilteritinib and Salvage Chemotherapy in FLT3-Mutated Acute Myeloid Leukemia on the Number Needed to Treat for Various Clinical Outcomes: A Secondary Analysis of the Admiral Trial. ASH 2020; abstract 213. Blood (2020) 136 (Supplement 1): 7;
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