Spondilite: upadacitinib riduce il dolore nei pazienti


Upadacitinib riduce il dolore nei pazienti con spondilite anchilosante attiva e risposta insoddisfacente ai FANS secondo un nuovo studio

Bimekizumab si conferma efficace e sicuro a lungo termine nella spondilite anchilosante secondo i risultati di uno studio di fase 2

Un’analisi post-hoc dei dati dello studio SELECT-AXIS 1, presentata nel corso del congresso annuale ACR, ha documentato la capacità di upadacitinib di ridurre diversi endpoint legati al dolore fino a 64 settimane nei pazienti affetti da spondilite anchilosante (SA) attiva. I risultati di quest’analisi corroborano quelli dello studio originario SELECT-AXIS 1, presentati al congresso ACR dello scorso anno, che avevano dimostrato l’efficacia dell’inibitore di Jak 1, al dosaggio giornaliero di 15 mg, nel migliorare i segni, i sintomi, i dati di funzione e quelli di imaging relativi ai pazienti con SA attiva nonostante il trattamento con FANS, rispetto al placebo,

I presupposti e gli obiettivi dell’analisi post-hoc
La lombalgia e alte tipologie di dolore rappresentano dei segni debilitanti di SA che impattano negativamente sulle vite dei pazienti e che necessitano di intervento terapeutico.

La SA – ricorda ai microfoni di Pharmastar il prof. Carlo Salvarani (Direttore della Struttura Complessa di Reumatologia, Arcispedale Santa Maria di Reggio Emilia, Professore presso Università di Modena e Reggio Emilia)  è una malattia infiammatoria che interessa prevalentemente le entesi ma anche, secondo la classificazione di New York, le articolazioni sacroiliache e la colonna vertebrale. In pratica, rilevare la presenza di una sacroileite sintomatica significa dire che il paziente lamenta un dolore alla schiena di tipo infiammatorio”.

“In questo contesto – continua Salvarani – entrano in gioco alcune citochine infiammatorie, tra cui  TNF-alfa e IL-17, che risultano sovraespresse in questa condizione. I Jak inibitori rappresentano una classe di farmaci che, in ragione del loro meccanismo d’azione, bloccano – direttamente o indirettamente – quelle citochine infiammatorie che sono coinvolte nell’infiammazione tipica della SA”.

Lo studio SELECT-AXIS 1 è un trial randomizzato e controllato vs. placebo, di fase 2/3, che ha reclutato 187 pazienti adulti con SA, definita in base al punteggio BASDAI di attività di malattia e al punteggio di valutazione dal parte del paziente del dolore lombare, di entità pari o superiore a 4 in entrambi i casi. I pazienti in questione avevano sperimentato una risposta insoddisfacente ad almeno 2 FANS (o con intolleranza/ controindicazione a questi ultimi), ed erano naive al trattamento con DMARb e Jak inibitori (fig. 1).

L’endpoint primario era rappresentato dalla risposta ASAS40 a 14 settimane e i risultati hanno documentato il soddisfacimento di questo obiettivo in più della metà (52%) dei pazienti trattati con l’inibitore di Jak 1 (al dosaggio di 15 mg)  rispetto al 26% dei pazienti del gruppo placebo.

Non solo: “Dallo studio – sottolinea Salvarani – emerge anche un altro elemento: ricordando che nella SA il dolore infiammatorio alla schiena è fortemente invalidante e riduce di molto la QoL dei pazienti, upadacitinib è stato in grado di ridurlo in modo statisticamente significativo già a partire dalla seconda settimana di trattamento rispetto al placebo. Ciò è indicativo di una rapida azione del farmaco, un aspetto da rimarcare in quanto la riduzione forte e tempestiva del dolore alla schiena si traduce in un miglioramento repentino della QoL di questi pazienti”.

Obiettivi dell’analisi post-hoc dello studio SELECT-AXIS 1
Nell’analisi post-hoc presentata al Congresso è stata messa a confronto l’efficacia, a 64 settimane, di upadacitinib relativamente agli endpoint legati al dolore.

Tra questi ultimi, oggetto di valutazione, vi era la proporzione di pazienti che raggiungeva gli obiettivi seguenti:

– Riduzione ≥30%, ≥50% o ≥70% della valutazione globale del paziente (PGA) relativa al dolore in base ad una scala di valutazione numerica (NRS), compresa tra 0 e 10

– Differenza minima clinicamente importante (MCID), definita come riduzione pari o superiore ad un punto o come riduzione del 15% rispetto al basale del punteggio PGA relativo al dolore e della valutazione fatta dal paziente del proprio dolore lombare

– Miglioramento massimo (MBI)  definito come riduzione pari o superiore a 2 punti e come riduzione uguale o superiore al 33% rispetto al basale del punteggio PGA relativo al dolore e della valutazione fatta dal paziente del proprio dolore lombare

Inoltre, sono state oggetto di valutazione le variazioni rispetto al basale degli endpoint seguenti:
– Punteggio PGA relativo al dolore (NRS, 0-10)

– Valutazione fatta dal paziente del proprio dolore lombare percepito (NRS, 0-10)

– Domanda 2 questionario indice BASDAI (dolore al collo, lombare, all’anca) relativo alla descrizione del dolore percepito nelle sedi indicate

– Domanda 3 questionario indice BASDAI (dolore periferico/tumefazioni) relativo alla descrizione del livello complessivo di dolore/tumefazione a carico di articolazioni diverse da quelle di collo, lombari o dell’anca

– Valutazione fatta dal paziente del dolore del dolore lombare notturno (NRS 0-10)

Risultati principali
Al basale, la durata media dall’insorgenza dei sintomi di SA era pari a 14,4 anni, il punteggio medio ASDAS di attività di malattia era pari a 3,6 mentre il punteggio NRS relativo al sintomo “dolore” era pari a 6,8.

Dall’analisi dei dati è emerso che proporzioni significativamente più ampie di pazienti in trattamento con upadacitinib, rispetto al gruppo placebo, hanno raggiunto riduzioni in tutti i PGA relativi al dolore e in tutti gli endpoint di autovalutazione da parte del paziente del dolore lombare già dopo sole 2 settimane di trattamento. Non solo: tali benefici sono stati confermati fino a 64 settimane di osservazione (fig. 2, 3).

Inoltre, i pazienti passati, per switch terapeutico (fig.1) da placebo a trattamento in aperto con upadacitinib alla 14esima settimana hanno raggiunto, nella stragrande maggioranza dei casi, gli stessi livelli di riduzione del dolore, dopo 14 settimane, osservati nei pazienti randomizzati ab initio a trattamento con upadacitinib.

Da ultimo, lo studio ha documentato risultati simili anche in riferimento alla variazione media, rispetto al basale, dei parametri utilizzati per la valutazione del dolore (fig.4).

Implicazioni dello studio
In conclusione, l’analisi post-hoc a 64 settimane dello studio SELECT-AXIS 1 ha mostrato come una percentuale maggiore di pazienti in trattamento con upadacitinib 15 mg abbia raggiunto una riduzione tempestiva, statisticamente significativa e clinicamente rilevante del dolore espresso attraverso vari parametri di valutazione del dolore.

La riduzione del dolore osservata si è mantenuta fino a 64 settimane nei pazienti trattati con upadacitinib, mentre i pazienti passati, per switch, da placebo all’inibitore di Jak 1 a 14 settimane hanno raggiunto livelli di miglioramento simili a quelli osservati nei pazienti che non hanno mai interrotto il trattamento con upadacitinib.

Per tutte queste considerazioni, “…upadacitinib – conclude Salvarani – ha pari dignità con altri farmaci che si utilizzano in prima linea nella SA (anti-TNF, anti IL-17), configurandosi, potenzialmente, come un’arma terapeutica in più da utilizzare nei pazienti refrattari alle terapie già disponibili (e a maggior ragione per la persistenza di efficacia sul sintomo dolore nel tempo, come dimostrato nell’analisi presentata al Congresso)”.

“E’ auspicabile, a questo punto – aggiunge – che i risultati lusinghieri ottenuti nella SA possano essere presto replicati anche nei pazienti con axSpA non radiografica, ampliando lo spettro d’azione a tutte le manifestazioni di axSpA”.