Diabete: l’età influisce sul rischio di mortalità


Diabete di tipo 2: maggior rischio di mortalità quanto più si è giovani alla diagnosi secondo i dati di una nuova ricerca scientifica

Remissione del diabete di tipo 2: il fattore chiave è la perdita di peso secondo una revisione di studi presentata al congresso virtuale ObesityWeek 2020

Un’età minore alla diagnosi di diabete di tipo 2 comporta un rischio più elevato di complicanze nel corso della vita, compresi il decesso per tutte le cause e la malattia cardiovascolare, secondo quanto rilevato da una metanalisi pubblicata sulla rivista Diabetologia. A ulteriore conferma dell’importanza della prevenzione nei giovani.

L’International Diabetes Federation (IDF) stima che la prevalenza del diabete aumenterà da 425 milioni di persone in tutto il mondo nel 2017 a 629 milioni entro il 2045. Il diabete di tipo 2, convenzionalmente considerato una malattia dell’età media e avanzata, viene sempre più diagnosticato nei giovani adulti. La malattia e le complicanze ad esso associate contribuiscono all’8,4% dei decessi a livello globale e richiedono risorse sanitarie significative, hanno premesso gli autori.

Ritengono inoltre che, data la crescente prevalenza della condizione, è probabile che questa aumenti in modo esponenziale. Nonostante i progressi significativi nella diagnosi, nel monitoraggio e nel trattamento, il diabete di tipo 2 rimane associato ad un aumento della mortalità e della morbidità rispetto alla popolazione generale.

Un’ampia revisione della letteratura
L’analisi ha raccolto i dati di 26 studi osservazionali che hanno coinvolto soggetti di 30 stati in Asia, Europa e Nord America. La malattia macrovascolare includeva un dato composito di patologia coronarica, cerebrovascolare e vascolare periferica, mentre la malattia microvascolare era data dall’insieme di retinopatia, nefropatia e neuropatia.

Dopo aver valutato le singole componenti delle complicanze macrovascolari e microvascolari, è emerso che ogni aumento di 1 anno di età alla diagnosi di diabete era associato a una riduzione del rischio nelle seguenti condizioni (p<0,001 per tutte):

  • Cardiopatia coronarica: Rapporto di rischio (OR) 0,98
  • Malattia cerebrovascolare: OR 0,98
  • Malattia vascolare periferica: OR 0,97
  • Retinopatia: OR 0,92
  • Nefropatia: OR 0,94
  • Neuropatia: OR 0,95

«I dati suggeriscono che i giovani con diabete di tipo 2 ricevono cure mediche non ottimali, forse in parte per via dell’assenza di linee guida cliniche rivolte a questa popolazione e forse per la sottostima dei rischi di complicanze in questi soggetti», hanno concluso i ricercatori.

Prevenzione precoce per ridurre le complicanze
L’analisi dei dati di oltre 1,3 milioni di persone ha mostrato che ogni anno in più di età alla diagnosi di diabete di tipo 2 era legato a un rischio inferiore del 4% di mortalità per tutte le cause (p <0,001), hanno riferito il primo autore dello studio Natalie Nanayakkara e i colleghi della Monash University, in Australia.

Rimandare l’insorgenza della patologia comporterebbe anche altri benefici, considerato che ogni anno guadagnato prima che si sviluppi il diabete era anche significativamente associato a una riduzione del rischio del 3% per la malattia macrovascolare e del 5% per quella microvascolare (p<0,001 per entrambi).

«Gli interventi precoci e prolungati per migliorare i livelli glicemici e i profili di rischio cardiovascolare nei diabetici e le azioni volte a ritardarne l’insorgenza nei soggetti   ad alto rischio sono essenziali per ridurre la malattia e la mortalità ad essa associata» ha sottolineato Nanayakkara. «In quanti hanno ricevuto una diagnosi di diabete da giovani è fondamentale ottenere un buon controllo della glicemia il prima possibile, al fine di evitare questa complicazioni. Anche ottenere un buon controllo su altri fattori di rischio come l’indice di massa corporea e la pressione sanguigna è estremamente importante per questi pazienti.

Per spiegare la differenza tra i rischi assoluti e quelli legati all’età di insorgenza della malattia, «una persona a cui è stato diagnosticato il diabete di tipo 2 all’età di 30 anni avrebbe un rischio assoluto di complicanze inferiore rispetto a una persona con diagnosi all’età di 50 anni, ma nel momento in cui entrambi raggiungono l’età di 60 anni la prima avrebbe un rischio relativo e assoluto più elevato a causa degli effetti dell’invecchiamento, aggravato dalle conseguenze di una maggiore durata del diabete» hanno scritto gli autori.

Secondo i ricercatori questa differenza di rischio assoluto rispetto a quello legato alla durata della vita dovrebbe essere riconosciuta nelle linee guida per la gestione del diabete, accompagnata da una maggiore attenzione ai programmi di screening rivolti agli anziani e ai programmi di prevenzione per i giovani adulti.

«Dal momento che nei diabetici di nuova diagnosi l’intervento precoce intensivo sui fattori di rischio multifattoriale è importante per la prevenzione delle complicanze macrovascolari a lungo termine, i nostri risultati suggeriscono anche che dovrebbe essere mantenuto a lungo termine, per ridurre al minimo i rischi nel tempo» ha commentato l’autore senior Sophia Zoungas. «Un’attenta stratificazione in funzione dell’età alla diagnosi, può fornire un metodo per identificare sin da subito le persone a maggior rischio di complicanze e che trarrebbero un maggior beneficio dalle terapie mirate e personalizzate».

Bibliografia

Nanayakkara N et al. Impact of age at type 2 diabetes mellitus diagnosis on mortality and vascular complications: systematic review and meta-analyses. Diabetologia (2020).

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