La Dad e le famiglie: più ombre che luci


La Dad, la didattica a distanza, secondo le famiglie italiane: da un'indagine del Cnr emerge un quadro in chiaroscuro

La scorsa primavera, in pieno lockdown, l’Istituto per le tecnologie didattiche (Itd) del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Genova ha proposto un’indagine alle famiglie con figli in età scolare, volta a comprendere il modo in cui è stata accolta l’esperienza della didattica a distanza (Dad) in termini di organizzazione, gestione familiare, dimensione tecnologica e benessere psico-fisico degli studenti.

L’obiettivo era provare a comprendere quanto tale modalità – che ha richiesto notevoli sforzi tanto alla comunità educante quanto alle famiglie – sia stata percepita nei contesti familiari, quali sono stati i problemi incontrati, le soluzioni adottate, e le difficoltà emerse.

Oggi, a distanza di sei mesi dalla conclusione dell’iniziativa, l’Istituto rende noti i primi risultati dell’indagine, alla quale hanno partecipato oltre 19.500 famiglie sparse su tutto il territorio nazionale.

Il questionario è stato compilato quasi unicamente da famiglie di cittadinanza italiana (97%) che hanno riportato l’esperienza di 31.805 studenti compresi tra la scuola dell’infanzia e la scuola secondaria di secondo grado: di questi, 25.563 sono stati coinvolti in attività di didattica a distanza. Il campione di famiglie era composto in prevalenza da genitori lavoratori (79%), di cui poco meno della metà (46%) con almeno un genitore in smart-working.

Fino allo scoppio della pandemia, la Dad risultava essere per lo più sconosciuta alle famiglie: solo il 5% ha affermato di avere avuto esperienze di didattica a distanza prima dell’emergenza. Ciò nonostante, le attività sono state avviate dalle scuole piuttosto celermente (entro due settimane dall’entrata in vigore delle relative disposizioni per il 65% degli intervistati, ed entro tre settimane per il 20%; solo il 15% dichiara di essere andato oltre), e le famiglie dichiarano in maggioranza di essere stati adeguatamente informati dalla propria scuola di riferimento sulle modalità di svolgimento.

Gli impatti a livello di organizzazione familiare sono stati significativi: il 73% delle famiglie ha avuto necessità di integrare le dotazioni di tecnologie  di casa – acquisto di nuovi dispositivi, tablet, eccetera – e l’86% ha dovuto implementare la connessione. Ma l’impatto si è fatto sentire anche relativamente alla condivisione degli spazi (oltre il 30% dichiara, infatti, che ha impattato moltissimo), alla condivisione della strumentazione tecnologica, nonché sul regolare svolgimento delle attività lavorative in smart working, risultate “molto difficili” per il oltre il 20% degli intervistati.

Varia, a seconda dell’età e del grado di autonomia degli studenti, l’impegno della famiglia a supporto dei figli nel corso dell’attività scolastica in remoto, con un andamento chiaramente decrescente al crescere del livello scolare. Nella scuola dell’infanzia, ad esempio, la percentuale di genitori che dichiara di aver svolto un ruolo di supporto per tutta la durata dell’attività remoto arriva al 66%; percentuale cala al 29,4% per gli studenti del primo ciclo della scuola primaria (cioè prima e seconda elementare), e addirittura all’ 8% per gli studenti del secondo ciclo (terza, quarta e quinta elementare). Passando alle scuole medie, l’88,2% dei genitori sostiene che i propri figli non hanno avuto bisogno di nessun supporto (solo il 2% ne ha avuto bisogno per l’intera durata della Dad, e il 9.8% solo per avviare le attività), mentre nella scuola secondaria di secondo grado sale al 97,3% la percentuale di genitori che afferma che i figli non hanno fatto nessuna richiesta di supporto genitoriale.

Diverso il discorso in presenza di figli con disabilità (905 studenti sui 31805 oggetto dell’indagine): in questi casi, infatti, il 49% dei genitori ha dichiarato difficoltà da parte dei figli a seguire l’attività, il 40% ha riscontrato problemi nelle fasi di avvio delle lezioni e nella gestione della strumentazione, e il 35% dichiara di aver dovuto svolgere un supporto continuo per tutta la durata della lezione. Difficile anche il coinvolgimento degli studenti disabili durante le lezioni in remoto, soprattutto per la scarsa possibilità di offrire attività individualizzate e di creare momenti di interazione e socializzazione.

Controversi anche i pareri sull’efficacia e sulle ricadute a livello di apprendimento: mentre il 71% dei genitori afferma che la didattica a distanza ha permesso di accrescere le competenze digitali, solo il 41% ha visto in essa un’opportunità di crescita. Oltre l’80%, inoltre, non ha rilevato novità in termini di contenuti o di metodi di apprendimento.  Emergono, tuttavia, aspetti positivi circa gli atteggiamenti riscontrati nei propri figli nei confronti Dad: oltre il 50% delle famiglie ha rilevato curiosità e collaborazione e interesse. Alcuni genitori, infine, hanno dichiarato preoccupazione per le conseguenze sull’organismo legate all’utilizzo protratto dei dispositivi: il 36,2% ha rilevato nei propri figli affaticamento visivo, il 29,4% irrequietezza, il 20% disturbi all’apparato muscolo-scheletrico, e il 17,1% cefalea.

L’indagine “La famiglia e la scuola ai tempi  del Covid-19” è stata sviluppata da Cnr-Itd (gruppi di Genova e Palermo), nell’ambito delle azioni sviluppate nel contesto dell’emergenza Covid-19 #scuolainclusivaacasa.

I risultati definitivi saranno oggetto di una pubblicazione scientifica e saranno presentati nel corso di un evento on line in programma a inizio 2021.

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