CRISPR contro la resistenza agli antimicrobici


CRISPR contro la resistenza agli antimicrobici: trasformare un sistema che origina dai batteri in uno strumento contro loro stessi, e non solo

CRISPR contro la resistenza agli antimicrobici

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), i batteri resistenti agli antibiotici sono una delle principali minacce globali per la salute pubblica che l’umanità deve affrontare. La rapida comparsa della resistenza antimicrobica ha reso molto più difficile combattere le malattie infettive e sviluppare nuovi ed efficaci farmaci. CRISPR è uno strumento biotecnologico innovativo che potrebbe offrirci nuove strategie per aiutarci nella gestione dei ceppi batterici resistenti e non solo. Nei giorni scorsi si è tenuta la settimana mondiale di sensibilizzazione sugli antimicrobici che ha come obiettivo l’aumento della consapevolezza sul tema, incoraggiare le migliori pratiche per evitare la comparsa di nuovi superbatteri e la diffusione di infezioni difficilmente curabili.

La resistenza antimicrobica (AMR) si verifica quando batteri, virus, funghi e parassiti resistono agli effetti dei farmaci, rendendo le infezioni comuni più difficili da trattare e aumentando il rischio di diffusione di malattie, di casi gravi e dei tassi di mortalità. Stando a un report del 2016, le infezioni resistenti ai farmaci causano attualmente 700mila morti ogni anno e si prevedono 10 milioni di morti all’anno entro il 2050. Un piano di azione globale è stato approvato dall’Assemblea Mondiale della Sanità (AMS) – l’organo legislativo dell’Organizzazione Mondiale della sanità) – già nel 2015 e, a supporto del piano, in quello stesso anno l’OMS ha lanciato il progetto GLASS (Global Antimicrobial Resistance Surveillance System). In Italia, dal 2001, è l’Istituto Superiore di Sanità a coordinare la sorveglianza nazionale dell’antibiotico resistenza e sul sito del Ministero della Salute c’è una pagina dedicata alle FAQ sull’argomento. “Antimicrobici: maneggiare con cura” è lo slogan della settimana mondiale di sensibilizzazione sugli antimicrobici del 2020 e il tema per la salute umana è “Uniti per preservare gli antimicrobici”. Il termine ‘antibiotici’ è stato sostituito con ‘antimicrobici’ a seguito di una riunione tra Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), Organizzazione Mondiale per la Salute Animale (OIE) e OMS, in modo da includere farmaci antibiotici, antivirali, antimicotici e antiprotozoici.

Il primo rapporto globale dell’OMS sulla resistenza agli antibiotici nel 2014 ha riconosciuto che la resistenza agli antibiotici dei batteri è una grave minaccia per la salute pubblica con dati raccolti in 114 Paesi. È interessante notare che un piccolo numero di agenti patogeni è responsabile della maggior parte delle infezioni resistenti agli antibiotici. Sono conosciuti come agenti patogeni ESKAPE quei patogenti – Enterococcus faecium, Staphylococcus aureus, Klebsiella pneumoniae, Acinetobacter baumannii, Pseudomonas aeruginosa e Enterobacter spp. – che hanno o possono acquisire resistenza contro molteplici antibiotici. Sono diversi i fattori che hanno causato, e causano tuttora, il problema: l’uso eccessivo di farmaci negli esseri umani, nel bestiame e nell’agricoltura degli ultimi 70 anni; lo scarso accesso all’acqua potabile, ai servizi igienici e all’igiene; la diffusione e la trasmissione incrociata di batteri resistenti tra esseri umani, animali e ambiente. Le difficoltà nel trovare nuovi farmaci, insieme alla scarsa motivazione economica (sono un prodotto farmaceutico che non porta grandi guadagni a chi li produce, ma molte spese per una ricerca spesso infruttuosa), hanno portato a una situazione di stallo nella scoperta e nella produzione di nuove molecole antimicrobiche. Come se non bastasse, le informazioni sulla suscettibilità antimicrobica sono fondamentali per attuare interventi terapeutici mirati, ma sono spesso irraggiungibili a causa della necessità di isolare prima un agente patogeno in coltura, un processo che può richiedere da giorni a mesi a seconda dell’organismo. Questo non è sempre possibile, specialmente se è in corso una seria infezione che mette in pericolo di vita l’organismo infettato.

Negli anni sono stati suggeriti nuovi approcci e metodi per ridurre la resistenza agli antimicrobici: la terapia con i fagi, l’uso di segmenti peptidici, le nucleasi a dita di zinco (ZFN) e, infine, CRISPR. Di recente, la maggior parte dei ricercatori si è concentrata sui possibili geni utili, cioè i potenziali target per inibire la crescita dei microbi. CRISPR, il sistema di editing genomico da Premio Nobel , agisce come una nucleasi che può essere guidata per tagliare qualsiasi DNA bersaglio, permettendo sofisticate, ma fattibili, manipolazioni genetiche anche negli agenti patogeni. Questo può essere utile per modificare in modo specifico le singole popolazioni batteriche, eliminare i geni che conferiscono la resistenza e combinare queste due strategie al fine di produrre una pressione di selezione artificiale per gli agenti patogeni sensibili agli antimicrobici.

CRISPR può essere anche uno strumento per il rilevamento rapido di infezioni. Il sequenziamento del DNA tramite le tecniche di “metagenomic Next Generation Sequencing (mNGS), è uno strumento impareggiabile per rilevare alcuni agenti patogeni nei campioni dei pazienti. È la tecnica più diffusa, ma è difficile individuare i geni che conferiscono la resistenza ai composti antimicrobici. Grazie alla tecnica di editing genomico potrebbe essere più semplice. I metodi SHERLOCK e DETECTR (che abbiamo descritto QUI) sfruttano Cas13a e Cas12 per rilevare serie limitate di sequenze di patogeni in campioni clinici. Un gruppo di ricerca della University of California ha sviluppato FLASH (Finding Low Abundance Sequences by Hybridization), un metodo diagnostico che utilizza Cas9. FLASH è già usato per i geni di resistenza antimicrobica nei batteri gram positivi della polmonite e per la resistenza ai farmaci nel parassita della malaria (Plasmodium falciparum).

CRISPR ha tutte le potenzialità per rinnovare gli orizzonti di sviluppo di nuovi antimicrobici e, se ciò non fosse già abbastanza, grazie alla possibilità di “programmare” il sistema di editing genomico si potrebbero distinguere i microrganismi patogeni da quelli benefici. Eliminare ceppi batterici grazie al riconoscimento di una sequenza specifica può creare nuove opportunità di trattamento delle infezioni resistenti, ma anche nel controllo dell’applicazione industriale dei batteri, ad esempi nei processi di fermentazione.