Borexino dimostra come brillano le stelle massive


L’esperimento Borexino ottiene la prima prova sperimentale di come brillano le stelle massive: i risultati ottenuti ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN

L'esperimento Borexino ottiene la prima prova sperimentale di come brillano le stelle massive: i risultati ottenuti ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN

La collaborazione scientifica Borexino, esperimento ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN-Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, ha pubblicato su Nature l’annuncio della prima rivelazione in assoluto dei neutrini prodotti nel Sole dal ciclo CNO (carbonio-azoto-ossigeno): un risultato sperimentale di valore storico, che completa un capitolo della fisica iniziato negli anni ’30 del secolo scorso. L’implicazione di questa nuova misura per la comprensione dei meccanismi stellari è enorme: infatti, poiché il ciclo CNO è preponderante nelle stelle più massicce del Sole, con questa osservazione Borexino ha raggiunto l’evidenza sperimentale di quello che di fatto è il canale dominante nell’universo per la combustione dell’idrogeno.

Precedentemente Borexino aveva già studiato in dettaglio il meccanismo principale di produzione di energia nel Sole, la catena protone-protone, tramite la rivelazione individuale di tutti i flussi di neutrini che da essa si originano. Ora, misurando i neutrini prodotti dal ciclo CNO, che è presente nel Sole per l’1%, Borexino fornisce la prima prova sperimentale dell’esistenza di questo ulteriore meccanismo di generazione di energia.

“Ora abbiamo finalmente la prima fondamentale conferma sperimentale di come brillino le stelle più pesanti del Sole”, sottolinea Gianpaolo Bellini, professore dell’Università di Milano e ricercatore INFN, uno dei padri fondatori di Borexino, di cui è stato portavoce per 22 anni, e che ha guidato il gruppo di ricercatori e tecnici dell’Università Statale e della sezione INFN di Milano che esattamente 30 anni fa dava avvio al concepimento dell’esperimento. “Questo è il culmine di trent’anni di lavoro – continua Bellini – e di oltre dieci anni di scoperte di Borexino nella fisica del Sole, dei neutrini e infine delle stelle. Dal 1990 il gruppo di Milano ha avuto un ruolo chiave nella progettazione e costruzione del rivelatore, con un contributo dell’Università di Princeton, e successivamente, per quanto riguarda l’INFN, in collaborazione con i gruppi di Genova, Gran Sasso, Perugia, nell’ambito di una collaborazione internazionale”.

I neutrini solari possono essere osservati solo con rivelatori altamente sensibili, in grado di escludere la maggior parte delle sorgenti di segnali di fondo. Per ottenere la sensibilità richiesta, l’esperimento Borexino è stato costruito con un design simile a una cipolla, caratterizzato da strati di crescente radiopurezza, che lo rendono un rivelatore unico al mondo per il bassissimo livello di fondo raggiunto, mai ottenuto da nessun altro esperimento. Inoltre, la profondità delle sale sperimentali dei Laboratori sotterranei del Gran Sasso lo ripara delle radiazioni cosmiche, con l’eccezione appunto dei neutrini che attraversano indisturbati la materia terrestre.

Misurare i neutrini del ciclo CNO è stata un’impresa complicata che ha richiesto un grande sforzo sia di hardware sia di software. “Nonostante i successi eccezionali ottenuti e un rivelatore già ultrapuro, – spiega Gioacchino Ranucci, ricercatore della sezione INFN di Milano, attuale co-portavoce di Borexino – abbiamo dovuto impegnarci molto per migliorare ulteriormente la soppressione e la comprensione del bassissimo fondo residuo, in modo da riuscire a identificare i neutrini del ciclo CNO”.

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“La rivelazione dei neutrini prodotti nel ciclo CNO annunciata da Borexino è il coronamento di uno sforzo incessante, durato anni, che ci ha portato a spingere la tecnologia a scintillazione liquida oltre ogni limite precedentemente raggiunto, e a fare del cuore di Borexino il luogo meno radioattivo del mondo” commenta Marco Pallavicini, professore dell’Università di Genova e membro della Giunta Esecutiva dell’INFN, attualmente co-portavoce dell’esperimento.

 

Una storia lunga 80 anni

L’esistenza del ciclo CNO fu teorizzata per la prima volta nel 1938, quando gli scienziati Hans Bethe e Carl Friedrich von Weizsäcker proposero, indipendentemente, che la fusione dell’idrogeno nelle stelle potesse anche essere catalizzata dai nuclei pesanti carbonio, azoto e ossigeno, in una sequenza ciclica di reazioni nucleari, oltre a procedere secondo la sequenza della catena protone-protone.

Nonostante le evidenze indirette ottenute con osservazioni astronomiche e astrofisiche, la conferma sperimentale diretta dei meccanismi stellari di generazione di energia non era ancora mai stata ottenuta. La sua ricerca si è concentrata sui neutrini, particelle prodotte in abbondanza in queste reazioni, portando all’avvio, negli anni ’60 del XX secolo, del programma scientifico del Neutrino Solare, da cui sono scaturiti risultati di grande importanza per la fisica delle particelle.

Con questa misura, Borexino, che si avvicina alla conclusione della sua attività scientifica, dopo aver dimostrato come brilla il Sole, lascia al settore dei neutrini anche l’eredità duratura della prima osservazione dei neutrini CNO, un risultato rivoluzionario ottenuto attraverso un impressionante sforzo sperimentale, che rimarrà per il futuro come uno dei successi fondamentali dell’astrofisica e della fisica astroparticellare.

Nel corso di questa affascinante impresa per svelare i misteri del Sole e delle stelle, durata quasi un secolo, i neutrini solari sono stati fondamentali anche per identificare il fenomeno dell’oscillazione dei neutrini, una delle più grandi scoperte della fisica delle particelle del nuovo millennio.

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