Tumore del rene: meglio non ridurre la dose iniziale di lenvatinib


Tumore del rene avanzato: meglio non ridurre la dose iniziale di lenvatinib secondo i risultati di uno studio di fase 2

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Nei pazienti con carcinoma renale a cellule renali avanzato, meglio non ridurre una dose iniziale di lenvatinib inferiore a quella standard, 14 mg anziché 18, quando il farmaco è usato in combinazione con everolimus come terapia di seconda linea. È quanto emerge dai risultati dello studio di fase 2 218, appena presentato all’International Kidney Cancer Symposium (EIKCS).

In particolare, la dose iniziale inferiore di lenvatinib è stata valutata in pazienti con carcinoma a cellule renali, con istologia a cellule chiare, già sottoposti a una terapia anti-angiogenica, ed eventualmente anche all’immunoterapia con un anti-PD-1/PD- L1.

«Il nostro studio ha dimostrato che non si può sostenere la non inferiorità dei 14 mg rispetto ai 18 mg. Abbiamo osservato una differenza molto lieve nel tasso di risposta obiettiva: 32,1% per la dose ridotta e 34,8% per a dose standard» ha detto l’autore principale dello studio, Sumanta Pal, direttore del Kidney Cancer Program del City of Hope Comprehensive Cancer Center di Duarte, in California.

Lo studio 218
Lo studio 218 è stato progettato per confrontare sicurezza ed efficacia delle due diverse dosi iniziali ed è stato condotto dopo l’approvazione e l’entrata in commercio della combinazione lenvatinib più everolimus per il trattamento di pazienti con carcinoma renale avanzato trattati precedentemente con un anti-angiogenico, su richiesta della Food and Drug Adminstration e della European Medicines Agency.

«Con l’aumento delle opzioni terapeutiche per i pazienti con carcinoma a cellule renali avanzato, è importante che continuiamo a valutare i dati al fine di determinare la linea d’azione più efficace che possa aiutare a massimizzare gli effetti terapeutici, gestendo al contempo la tollerabilità per i pazienti», ha sottolineato Pal. «I risultati dello Studio 218 mostrano il potenziale beneficio di lenvatinib più everolimus nei pazienti con carcinoma a cellule renali avanzato, fornendo un profilo di sicurezza simile a quello osservato in studi precedenti».

In questo studio randomizzato, in aperto, l’endpoint primario di efficacia era la non inferiorità di lenvatinib 14 mg rispetto a lenvatinib 18 mg in termini di tasso di risposta obiettiva (ORR) alla settimana 24 (l’odds ratio, OR, doveva essere 0,76, con un P ≤ 0,045 per poter dichiarare la non inferiorità) valutato dallo sperimentatore in base ai criteri di valutazione della risposta nei tumori solidi (RECIST) v1.1. L’endpoint primario di sicurezza era la percentuale di pazienti con eventi avversi emergenti dal trattamento di grado 2 intollerabili o di grado 3 o superiore di qualsiasi tipo entro 24 settimane dalla randomizzazione nel braccio trattato con 14 mg rispetto al braccio trattato con 18 mg. Inoltre, gli endpoint secondari chiave includevano l’ORR complessivo, la sopravvivenza libera da progressione (PFS), la sopravvivenza globale (OS) e la sicurezza.

Lo studio ha arruolato in totale 343 pazienti.

Differenza marginale nel tasso di risposta
Nell’analisi primaria dell’efficacia, che ha riguardato un totale di 311 pazienti, l’ORR alla settimana 24 per i pazienti trattati con lenvatinib 14 mg come dose iniziale non è risultato non inferiore all’ORR alla settimana 24 per i pazienti trattati con la dose iniziale standard: la differenza tra i due dosaggi è risultata marginale (32,1% contro 34,8%), con un OR pari a 0,88 (IC al 90% 0,59-1,32; P = 0,2676).

Inoltre, Pal ha riferito un ORR complessivo del 34,6% per il braccio trattato con lenvatinib 14 mg e 40,6% per il braccio trattato con lenvatinib 18 mg (OR 0,77; IC al 90% 0,52-1,14). Anche la durata mediana del trattamento è risultata simile nei due bracci: 11,5 mesi contro 11,7 mesi.

Per PFS e OS vantaggio numerico per la dose standard di lenvatinib
«I risultati di PFS e OS sembrano tendere a favorire la dose da 18 mg», ha detto Pal.

Infatti, la PFS mediana ha mostrato un vantaggio numerico per i pazienti trattati con lenvatinib alla dose di 18 mg rispetto a lenvatinib alla dose di 14 mg ed è risultata di 11,1 mesi (IC al 95% 9,0-12,9) nel braccio trattato con il dosaggio più basso contro 14,7 mesi (IC al 95% 11,1-20,3) nel braccio trattato con il dosaggio standard.

Anche l’OS mediana ha mostrato un beneficio numerico nei pazienti trattati con il dosaggio standard di lenvatinib ed è risultata di 27,0 mesi (IC al 95% 18,3-NE) con 14 mg e non valutabile (NE; IC al 95% 23,8-NE) con 18 mg.

Sicurezza simile nei due bracci di trattamento
Nell’analisi primaria della sicurezza, che includeva 309 pazienti, l’incidenza di eventi avversi emersi durante il trattamento di grado 2 non tollerabili o di grado 3 o superiore di qualsiasi tipo è risultata simile tra i bracci di trattamento: 82,8% con lenvatinib 14 mg e 79,6% con 18 mg (P = 0,4763). Da notare, ha sottolineato Pal, anche che la dose iniziale di 18 mg di lenvatinib più 5 mg di everolimus ha dimostrato un profilo di sicurezza simile a quello osservato nel precedente studio di fase 2, lo studio 205.

Nel set completo di dati sulla sicurezza, che comprendeva tutti i pazienti randomizzati e trattati con almeno due dosi del farmaco in studio (341), gli eventi avversi manifestati durante il trattamento hanno richiesto l’interruzione del farmaco nel 32,4% dei pazienti trattati con 14 mg e nel 26,8% di quelli trattati con 18 mg, rispettivamente, mentre la percentuale di coloro che hanno richiesto una riduzione della dose è risultata simile nei due bracci: rispettivamente 67,6% e 69,6%.

Gli eventi avversi di qualsiasi grado più comuni (quelli con un’incidenza ≥ 20%) in entrambi i bracci di trattamento sono risultati diarrea (68,2% contro 72,0%), ipertensione (30,1% contro 35,7%), proteinuria (22,5% contro 35,7%), diminuzione dell’appetito (35,3% contro 34,5%) e nausea (30,6% contro 31,0%).

Anche la quota di pazienti che hanno manifestato eventi avversi gravi è risultata simile nei due gruppi: 49,1% contro 48,8%.

In assenza di differenze significative nella percentuale di pazienti con eventi avversi di grado 2 o 3 durante il trattamento e nessuna vera differenza di sicurezza tra i due bracci di trattamento, Pal ha concluso che i dati, nel loro insieme, sono a favore dell’attuale regime di dosaggio di lenvatinib 18 mg/die più everolimus a 5 mg/die.