Sarcomi del retroperitoneo: buone notizie per i pazienti


Sarcomi del retroperitoneo: outcome migliorati con selezione malati, gestione perioperatoria e tecnica chirurgica in base alle linee guida internazionali

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I sarcomi del retroperitoneo sono una forma di tumori tra i più rari e costituiscono circa il 10-15% dei sarcomi dei tessuti molli. Ad oggi l’opzione terapeutica per questo tipo di neoplasia è rappresentata dall’intervento chirurgico, realizzato solo in pochi centri di riferimento, in Europa e in Nordamerica. Lo studio pubblicato sulla rivista scientifica Annals of Surgical Oncology ad ottobre 2020, finalizzato ad analizzare il cambiamento nella prognosi di pazienti affetti da questa malattia negli ultimi 15 anni, è stato condotto dall’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano attraverso la creazione di un database condiviso, rappresentando così il più ampio studio internazionale mai svolto finora su questi pazienti.

Gli obiettivi dello studio
L’obiettivo di questo lavoro scientifico era indagare se, quanto fatto negli ultimi anni in termini di ricerca clinica collaborativa, standardizzazione della tecnica chirurgica e miglioramento delle tecniche diagnostiche, avesse incrementato la sopravvivenza dei pazienti affetti da sarcoma del retroperitoneo. Questa necessità nasce proprio dalla rarità della malattia che rende complesso monitorare l’outcome dei pazienti, ma grazie alla collaborazione internazionale, che ha visto coinvolti dieci tra i principali centri di riferimento per sarcomi in Europa, Canada e Stati Uniti – tra cui le Università di Toronto e di Harvard – è stato possibile raccogliere i dati di oltre 1.900 pazienti.

“Sono stati analizzati i dati di 1.942 pazienti operati in centri di riferimento Europei e Nord-Americani tra il 2002 e il 2017, si tratta della più ampia serie di pazienti affetti da questo tipo di patologia mai analizzata” – spiega il Dottor Dario Callegaro, Chirurgo oncologo dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, rientrato in Italia da un’esperienza di formazione ultra-specialistica all’Università di Toronto, Canada. “Grazie alla corretta selezione dei malati idonei al trattamento chirurgico, a un’adeguata gestione perioperatoria e ad una migliore tecnica chirurgica, dal 2002 al 2017 la sopravvivenza dei pazienti affetti da sarcomi del retroperitoneo è notevolmente aumentata. Oggi, infatti, oltre il 70% dei pazienti è vivo a distanza di 5 anni dall’intervento chirurgico, un risultato straordinario se paragonato ai dati di sopravvivenza di studi condotti in precedenza”.

“Analizzare i trend di sopravvivenza nel tempo richiede di aggiustare i risultati attraverso strumenti di predizione individuale del rischio” – spiega Rosalba Miceli, Dirigente Statistico nell’Unità di epidemiologia clinica e organizzazione trial dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. “Abbiamo potuto farlo grazie agli studi svolti negli ultimi anni che hanno portato alla creazione di modelli prognostici per i pazienti affetti da sarcomi del retroperitoneo, disponibili nell’app Sarculator”.

I sarcomi del retroperitoneo
I sarcomi del retroperitoneo non sono tumori legati a fattori di rischio genetici o ambientali e colpiscono tipicamente persone di mezz’età. Si sviluppano dal tessuto di sostegno degli organi e si caratterizzano per dimensioni molto grandi, potendo superare anche i 50cm alla diagnosi. “Il trattamento chirurgico risulta pertanto particolarmente complesso e richiede spesso l’asportazione contemporanea di 3-4 organi contestualmente alla massa neoplastica” – spiega il Dottor Alessandro Gronchi, Responsabile del Servizio di Chirurgia dei Sarcomi dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano vero e proprio pioniere di questa tecnica chirurgica. “Se a questo si aggiunge la rarità della patologia, diventa chiaro che la centralizzazione del trattamento di questo tipo di tumore è molto importante per garantire i migliori standard qualitativi possibili”.

La situazione italiana
In Italia i sarcomi dei tessuti molli, di cui fanno parte i sarcomi del retroperitoneo, sono trattati all’interno della Rete Nazionale Tumori Rari che consente ai pazienti, indipendentemente dalla loro provenienza, di essere seguiti e trattati in centri di riferimento. L’Istituto Nazionale Tumori di Milano coordina la rete e rappresenta il punto di riferimento italiano per questa classe di tumori.

“La battaglia contro i tumori rari non si può combattere da soli – conclude Gronchi – e per questo abbiamo fondato nel 2002 un gruppo di lavoro internazionale su questa patologia (Transatlantic Australasian Retroperitoneal Sarcoma Working Group) che ha promosso la stesura di linee guida, la standardizzazione della tecnica chirurgica, lo sviluppo di studi clinici randomizzati e l’ analisi di sottogruppi di questi tumori. È bello oggi vedere che i risultati del lavoro fatto si siano tradotti in una migliore prognosi per i nostri pazienti.”