Nuovo antibiotico per infezioni ospedaliere da Gram-negativi


Infezioni ospedaliere da Gram-negativi, un nuovo antibiotico per la terapia di salvataggio anche nelle infezioni batteriche secondarie in pazienti con COVID-19

Infezioni ospedaliere da Gram-negativi, un nuovo antibiotico per la terapia di salvataggio anche nelle infezioni batteriche secondarie in pazienti con COVID-19

La ricerca su nuovi antibiotici procede a rilento ma i batteri sviluppano nuovi meccanismi di resistenza a ritmo accelerato, rendendo sempre più difficile il trattamento delle infezioni ospedaliere. Nel contesto attuale, largamente dominato dal Covid-19, la ‘crisi’ degli antibiotici è emersa con prepotenza, evidenziando la debolezza delle attuali opzioni terapeutiche e per combattere, in particolare, le infezioni da batteri Gram-negativi multi-resistenti che colpiscono anche i malati Covid, specie quelli assistiti in terapia intensiva.

Una nuova speranza deriva dall’esperienza condotta presso l’Unità Operativa di Malattie Infettive dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana diretta dal Prof. Francesco Menichetti e recentemente pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica, Clinical Infectious Diseases[i], organo ufficiale della Infectious Diseases Society of America.

“La resistenza agli antibiotici è un fenomeno in continua crescita ed è un pericolo globale, tanto che l’OMS lo ha inserito tra le dieci minacce alla salute mondiale per il quinquennio 2019-2023” – commenta Marco Falcone, Professore Associato di Malattie infettive del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell’Università di Pisa e primo autore della pubblicazione.

“Purtroppo, il nostro Paese è ai primi posti in Europa per numero di decessi determinati da infezioni causate da microrganismi antibiotico-resistenti ed è quindi fondamentale trovare nuove ed efficaci terapie in tempi quanto più rapidi possibili. Lo studio condotto presso l’Ospedale Cisanello di Pisa ha testato in via preliminare l’efficacia di questo nuovo antibiotico in pazienti in condizioni critiche, molti dei quali affetti da COVID-19.  Si tratta ad oggi della più ampia esperienza mondiale con questo antibiotico che è stato fornito al nostro Ospedale nell’ambito di un uso compassionevole”.

Lo studio è stato condotto su 10 pazienti critici di età media di 75 anni: 5 ospedalizzati per polmonite SARS-CoV-2, 4 ustionati ed un malato chirurgico (perforazione del colon). Tutti i pazienti erano in ventilazione meccanica invasiva in terapia intensiva e due in terapia sostitutiva renale continua. A seguito del fallimento delle terapie antibiotiche iniziali e dello sviluppo anche di tossicità correlata, è stato somministrato cefiderocol, in monoterapia in 9/10 pazienti. La durata del trattamento è stata di 14 giorni e il successo clinico a 30 giorni è stato del 70%, mentre la sopravvivenza del 90% (con un solo decesso, un paziente con COVID-19).

“La pandemia ha fatto emergere con forza la gravità della ‘crisi’ degli antibiotici, poiché la popolazione di pazienti affetta da COVID-19 ha dimostrato una maggiore suscettibilità a infezioni batteriche secondarie, che ne hanno aggravato il quadro clinico” – spiega Marco Falcone.

“Nella metà dei casi esaminati la prolungata terapia di supporto ventilatorio meccanico ha favorito lo sviluppo di infezioni batteriche causate da patogeni Gram-negativi multi-resistenti resistenti ai carbapenemi, incluso Acinetobacter baumannii, e cefiderocol ha dimostrato le sue potenzialità nel bypassare i meccanismi di resistenza. Alla luce della situazione critica italiana, legata alla pandemia ma non solo, ci auguriamo che questa nuova opzione terapeutica sia al più presto disponibile per offrire ai pazienti italiani che ne necessitano le migliori cure possibili”.

Approvato dall’EMA lo scorso aprile e attualmente in fase di valutazione presso AIFA, cefiderocol, una cefalosporina siderofora, si serve del sistema di assorbimento del ferro proprio dei batteri, per aprirsi un varco nella cellula, agendo come un cavallo di Troia. Il farmaco, legato al ferro, è trasportato nelle cellule batteriche attraverso i canali del ferro presenti nella membrana cellulare esterna dei batteri. In attesa dell’approvazione da parte dell’Autorità regolatoria italiana e date le limitate opzioni di trattamento per i pazienti con infezioni da Gram-negativi multi-resistenti e resistenti ai carbapenemi, il nuovo antibiotico è stato utilizzato in un programma di uso terapeutico allargato e gratuito attivato lo scorso marzo in collaborazione con Shionogi, e nel cui ambito sono rientrati i 10 pazienti oggetto dello studio.

“Le infezioni ospedaliere sono un annoso problema che affligge i luoghi deputati all’assistenza dei malati. È qui che più facilmente si sviluppano i ‘super batteri’ ed è qui che è necessario combattere la battaglia contro l’antibiotico-resistenza. È necessario impegnarsi al massimo per ridurne la pericolosità sia attraverso l’applicazione delle procedure previste – dal corretto e frequente lavaggio delle mani all’uso di guanti e attrezzature sterili – sia attraverso la sorveglianza microbiologica e delle infezioni ed il potenziamento dei servizi di infection control” – aggiunge Francesco Menichetti, Professore Ordinario di Malattie Infettive presso il Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Direttore dell’Unità Operativa di Malattie Infettive dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana.

“In Italia si verificano oltre 10 mila morti l‘anno per infezioni contratte in ospedale e siamo anche uno dei Paesi che ha subito il maggior impatto, in termini di numero di decessi da coronavirus, a livello globale. In questo contesto, la disponibilità di antibiotici innovativi, in grado di ridurre decessi e complicanze e di agire su ceppi resistenti, risulta più che mai necessaria come anche recentemente sottolineato dall’OMS nell’ambito della strategia alla lotta Covid-19”.

In conclusione, i risultati dello studio dimostrato la sicurezza e la potenzialità di una nuovissima molecola, il cefiderocol, in un contesto di pazienti in terapia intensiva gravemente compromessi e ad elevato rischio di morte. Nonostante i limiti dello studio – riferito a un unico centro ospedaliero e circoscritto in termini di dimensione del campione – esso suggerisce che la terapia di salvataggio con cefiderocol potrebbe essere una efficace arma alternativa per il trattamento di pazienti in condizioni critiche, con infezioni gravi dovute a batteri Gram-negativi resistenti ai carbapenemi, ed apre le porte alle future e necessarie indagini.